Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25217 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. III, 08/10/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 08/10/2019), n.25217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 481/2018 proposto da:

L.P., D.S.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

VALVO, rappresentati e difesi dall’avvocato FOLCO TRABALZA;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, SOCIETA’ UNIPERSONALE IN LIQUIDAZIONE in

persona del curatore avv. C.S., domiciliata ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato ROBERTO MARIA MATERAZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 789/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 18/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/07/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel 2012, il Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Terni, L.P. e D.S.F., al fine di sentir dichiarare inefficace nei propri confronti, ex art. 2901 c.c., l’atto di cessione del 17.5.2010, con cui il L. aveva ceduto alla D.S. i diritti di nuda proprietà pari ad 1/2 su un appartamento e l’autorimessa di pertinenza, con riserva al venditore del diritto di abitazione, a fronte di un corrispettivo di Euro, 160.989,82, pagato per 130.989,82 mediante accollo del residuo importo di un mutuo ipotecario concesso sul medesimo immobile.

A fondamento della pretesa, il fallimento attore assunse di essere creditore del convenuto L. a titolo di risarcimento dei danni, conseguenti alla violazione degli obblighi di socio ed amministratore unico della società fallita e, per tale ragione, di aver promosso nei suoi confronti giudizio avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento dei danni.

Si costituirono in giudizio L.P. e D.S.F., chiedendo il rigetto della domanda attorca. In particolare, eccepirono che il Fallimento non aveva specificato alcun fatto dal quale potesse desumersi la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 2901 s.s.; che il credito del Fallimento, ove esistente, era posteriore all’atto di cessione; che tale cessione non aveva determinato alcuna diminuzione del patrimonio del L., ma lo aveva invece incrementato e perciò non si era verificata alcuna lesione dell’interesse del preteso creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale; che il Fallimento non aveva svolto alcuna allegazione rispetto al requisito della partecipatio fraudis del terzo.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 985/2015, respinse la domanda per insussistenza dell’eventus damni.

Al riguardo, il giudice di prime cure diede atto che il Fallimento non aveva posto in discussione la congruità del prezzo di acquisto e non aveva contestato la consulenza di parte prodotta dalla convenuta D.S. (la quale aveva stimato in Euro 250.000 il valore della piena proprietà dell’immobile), ma aveva affermato solo che il pregiudizio consisteva in una variazione qualitativa del patrimonio tale da rendere più incerto e difficile il soddisfacimento del credito.

Osservò poi che, se anche il contratto di vendita non fosse stato stipulato, le concrete possibilità di soddisfazione del Fallimento sulla quota di proprietà dell’immobile appartenuta al L. sarebbero state remote, considerato che il valore di essa era pressochè totalmente assorbito dall’entità del credito bancario, munito di prelazione ipotecaria.

Alla luce di tali considerazioni, ritenne quindi irrilevante ogni valutazione in ordine alla sussistenza del consilium frandis in capo ai convenuti.

2. La decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Perugia con la sentenza n. 789/2017, depositata il 18 ottobre 2017.

La Corte d’appello ha aderito al più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui l’esito dell’azione revocatoria non potrebbe essere frustrato dalla presenza di iscrizioni ipotecarie sul bene oggetto dell’atto dispositivo, in quanto queste ultime potrebbero subire vicende estintive e modificative per opera del debitore o di terzi, o in considerazione della divergenza temporale tra il momento dell’esercizio dell’azione ex art. 2901 c.c. e quello dell’accertamento definitivo del credito.

La valutazione dell’esistenza del pregiudizio avrebbe dovuto essere svolta non al momento del compimento dell’atto ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro per apprezzare l’eventualità del venir meno o di un ridimensionamento della garanzia ipotecaria.

Nel caso di specie vi sarebbero stati elementi che potevano far pensare ad una modificazione o ad un’estinzione della garanzia ipotecaria, dovendosi ipotizzare una parziale estinzione del muto quindicennale dopo l’accollo di esso da parte della D.S..

La circostanza che l’originaria garanzia sull’immobile era stata sostituita in parte dal denaro versato dalla D.S. e in parte dall’accollo del residuo mutuo avrebbe costituito un pregiudizio per il Fallimento, che avrebbe goduto di una garanzia maggiore se i diritti di piena proprietà sull’immobile fossero rimasti in capo al proprio debitore.

Secondo la Corte, inoltre, stante la anteriorità del credito rispetto all’atto di cessione, era sufficiente la dimostrazione della scientia damni, allegata dall’attore e da ricollegarsi via presuntiva all’esistenza del rapporto di coniugio tra la parte che aveva ceduto i diritti sull’immobile con riserva del diritto di abitazione e quella che li aveva acquistati divenendo nuda proprietaria dell’immobile. Detto rapporto sarebbe stato ammesso nel corso dell’interrogatorio formale dalla D.S., pur avendo negato quest’ultima la convivenza con il marito e dedotto l’esistenza di una convivenza di fatto. Di conseguenza, si doveva intuire presuntivamente la conoscenza o conoscibilità da parte della D.S. della precaria situazione finanziaria del proprio coniuge.

3. vverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione, sulla base di sei motivi, il signor L.P. e la Dott.ssa D.S.P..

3.1. Resiste con controricorso il Fallimento della (OMISSIS) S.r.l. unipersonale in liquidazione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

La Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato che i diritti oggetto dell’atto di cessione impugnato in revocatoria erano della (OMISSIS) e non del L., fondando sulla base di tale erroneo presupposto la decisione circa la sussistenza di un pregiudizio per la società medesima, tale da legittimare la dichiarazione di inefficacia dell’atto di trasferimento nei confronti della procedura.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, nn. 1 e 2.

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, l’atto di disposizione non avrebbe inciso negativamente sul patrimonio del L., che sarebbe stato liberato dal debito per il residuo mutuo ipotecario di Euro 130.989,82 (da solo superiore rispetto al valore della quota di nuda proprietà ceduta stimato dal consulente tecnico di parte, in assenza di contestazioni da parte del fallimento, pari ad Euro 125.000) e si sarebbe incrementato di ulteriori 30.000 Euro pagati dalla D.S..

Il Fallimento non avrebbe svolto alcuna specifica allegazione in relazione all’eventus damni, escludendo addirittura di aver subito un pregiudizio.

Peraltro, in ipotesi di assoggettamento dell’immobile ad esecuzione forzata, il fallimento non avrebbe avuto alcuna possibilità di soddisfazione sul ricavato, stante l’ipoteca il diritto di prelazione della banca.

Al riguardo, la Corte d’appello avrebbe travisato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, ove l’oggetto dell’azione revocatoria ordinaria sia un atto di compravendita di un bene già ipotecato e ad agire sia un creditore chirografario, l’eventuale esistenza di un pregiudizio deve essere valutata in concreto, in relazione all’effettiva possibilità di soddisfazione del creditore chirografario a fronte della garanzia reale.

Nel caso di specie, il fallimento non avrebbe allegato nè provato alcun fatto tale da far anche solo presumere la possibilità di un recupero del credito chirografario.

Nè vi era in atti alcun elemento che consentisse di ipotizzare una parziale estinzione del mutuo in epoca successiva all’accollo da parte della D.S.. Se anche l’acquirente avesse pagato le rate del mutuo, la cessionaria, in ragione dei pagamenti effettuati si sarebbe surrogata nel credito e nell’ipoteca della banca e pertanto il Fallimento non avrebbe comunque potuto soddisfarsi sul bene.

Peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità più recente, la valutazione in ordine alla circostanza se l’atto di disposizione abbia o meno reso più difficoltosa la realizzazione del credito deve essere svolta ex ante, con riferimento alla data dell’atto di disposizione, restando irrilevanti successive vicende patrimoniali del debitore.

I,a tesi della Corte d’appello secondo cui la cessione dei diritti avrebbe determinato una variazione qualitativa del patrimonio dell’istante sarebbe infine priva di pregio. Il fallimento non avrebbe neppure allegato che dopo la vendita il residuo patrimonio del L. non sarebbe stato sufficiente per la garanzia dei creditori.

4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere il giudice del secondo grado affermato che il preteso credito del fallimento sarebbe stato anteriore rispetto all’atto di cessione senza esporre alcuna motivazione a sostegno del proprio assunto.

In ordine alla medesima affermazione, con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., L. Fall., art. 146 e art. 2908 c.c..

4.4. Con il quinto motivo del ricorso, si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2908,2901 c.c. e L. fall., art. 146, per aver la corte d’appello l’appello affermato che l’elemento psicologico dell’azione revocatoria era integrato dalla scientia damni.

In realtà l’elemento soggettivo di cui occorreva verificare l’eventuale sussistenza sarebbe rappresentato, per quanto riguarda il L. dal consilium fraudis e per quanto riguarda la D.S. dalla partecipati fraudis.

Tali requisiti non sarebbero stati provati dal fallimento nè avrebbero potuto essere esistenti, sia perchè il pregiudizio era inesistente, sia perchè l’obbligazione risarcitoria non era ancora sorta al momento dell’atto di cessione.

4.5. Con il sesto motivo del ricorso, si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e art. 2729 c.c., comma 1, per aver la Corte d’appello presunto dal rapporto di coniugio e dall’inesistente convivenza tra il L. e la D.S., la sussistenza della scientia dammi.

La curatela non avrebbe allegato nè provato nessun elemento che potesse confermare che i ricorrenti fossero a conoscenza del pregiudizio che l’atto di cessione dei diritti avrebbe arrecato alle ragioni dei creditori.

Il fallimento non avrebbe provato il rapporto di coniugio nè la convivenza e neppure la conoscenza da parte della D.S. della situazione patrimoniale della (OMISSIS) antecedente al fallimento. Nel corso dell’interrogatorio formale la D.S. avrebbe anzi fatto presente di essere separata e di non convivere con il L., nonchè di non avere alcuna conoscenza della posizione debitoria della società. Mancherebbero i requisiti di gravità e precisione richiesti dall’art. 2729 c.c., comma 1, per l’ammissibilità della presunzione semplice. Sarebbe stato pertanto inammissibile affermare in via presuntiva la sussistenza della scioltici dammi.

La Corte d’appello avrebbe quindi omesso di valutare la gratuità o meno dell’operazione e la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto per la revocatoria alla luce delle interazioni economiche tra i soggetti coinvolti, non valutando l’esistenza di un piano di ristrutturazione redatto da una società terza, nonchè gli interessi e la posizione societaria e familiare della B..

6. Reputa la Corte che per la complessità delle questioni trattate la causa debba essere rinviata alla Pubblica Udienza.

P.Q.M.

la Corte rinvia la causa alla Pubblica Udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA