Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25213 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. un., 10/11/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 10/11/2020), n.25213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26312-2019 proposto da:

SO.PRO.MAR. S.R.L., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso lo

studio dell’avvocato RENZO MARIA PIETROLUCCI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ISABELLA MARIA STOPPANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– resistente –

e contro

C.N. R.;

– intimato –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

6262/2018 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE del LAZIO;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, il quale chiede dichiararsi inammissibile il

proposto regolamento.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Viene proposto regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., nell’ambito di un giudizio – non meglio individuato, neppure con il numero di ruolo pendente innanzi al Tribunale di Roma.

Narra il ricorso che:

– con atto di citazione – la cui data di notificazione non viene indicata – la So.Pro.Mar. s.r.l. instaurò una causa innanzi al Tribunale di Roma avverso alcuni convenuti (non precisati), chiedendo dichiararsi l’illegittimità di due decreti, comunicati ad essa il 15 marzo 2018 (assunti in data non precisata), con i quali i MIUR aveva revocato i contributi PON concessi alla società, nonchè la condanna del medesimo ad eseguire alcuni pagamenti;

– il MIUR ha resistito alla domanda, eccependo altresì il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ed il CNR si costituì a sostegno delle ragioni attoree;

– con successivo atto di citazione – del quale, del pari, la ricorrente non indica la data di notificazione – la So.Pro.Mar. s.r.l. propose opposizione ex art. 615 c.p.c. alla cartella esattoriale di restituzione degli importi incassati a titolo di contributi per i primi sal; e che la causa, reputata istanza cautelare connessa alla prima controversia, fu assegnata al medesimo magistrato;

– con ordinanza riservata “numero 41526/2018, depositata in data 31 maggio 2019”, il giudice unico del Tribunale di Roma “ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore della giurisdizione del Giudice Amministrativo”, respinto l’istanza cautelare e rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni;

– con due distinti ricorsi – depositati in data non indicata dall’odierna ricorrente – il CNR nel frattempo aveva impugnato gli stessi due decreti amministrativi innanzi al Tar Lazio, che, con “due sentenze identiche” (non meglio individuate) ha dichiarato inammissibili i ricorsi, reputando appartenere la giurisdizione al giudice ordinario e fissando un termine per la riassunzione innanzi a questi.

Con il ricorso, la So.Pro.Mar. s.r.l. ha, dunque, proposto regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

2. – Il P.G. ha presentato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., chiedendo che venga dichiarato inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione, in quanto il giudice amministrativo ha già reso pronuncia nella medesima controversia, declinando la propria giurisdizione e dichiarando il ricorso inammissibile, onde in ogni caso ciò preclude l’odierno regolamento, in quanto: se la decisione è passata in giudicato, non è più ammesso il regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c.; in caso contrario, solo al Consiglio di Stato spetta pronunciarsi sull’impugnazione, ove sia stata proposta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., non rispondendo il medesimo, attesa la tecnica redazionale utilizzata, neppure ai contenuti minimi imposti da tale disposizione.

Con le scarse informazioni riportate nei fatti di causa – le uniche esposte nel ricorso – la ricorrente non permette affatto di valutare i contorni delle controversie in atto, nè la portata delle concessioni de quibus, nè le ragioni delle operate revoche, essendo insomma l’intero ricorso caratterizzato da riferimenti fumosi ed imprecisi, in ogni sua parte.

La sola parte dettagliata, esposta per le prime cinque (sulle 9 e due righe) pagine di ricorso attiene alla successione degli eventi relativi ai progetti ed alle erogazioni; ma l’intera vicenda controversa, come pure i fatti processuali, restano per la gran parte non riferiti e, comunque, non sono riportati in modo da permettere alla Corte di decidere.

Nè una migliore comprensione è favorita dalle poche righe “in diritto” del ricorso, che si limitano a riferire – senza neppure indicarne gli estremi – di una “giurisprudenza” secondo cui, se la controversia sorge in relazione all’inadempimento del destinatario di un contributo, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

2. – è noto come, secondo il principio enunciato da tempo dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni unite, dal quale non vi è ragione di discostarsi, il requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, ivi compresi quelli processuali, prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è richiesto anche con riguardo al regolamento preventivo di giurisdizione, dovendosi escludere, per il principio di specificità, che i presupposti per l’individuazione della giurisdizione nella controversia possano essere attinti dalla documentazione prodotta ovvero dal fascicolo d’ufficio (Cass., sez. un., 10 settembre 2019, n. 22575; Cass., sez. un., 18 maggio 2015, n. 10092; Cass., sez. un., 16 maggio 2013, n. 11826; Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26644; Cass., sez. un., 9 giugno 2004, n. 10980; Cass., sez. un., 20 ottobre 2000, n. 1129).

Benchè, dunque, l’istanza di regolamento di giurisdizione, non essendo un mezzo d’impugnazione ma uno strumento per risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla potestas iudicandi del giudice adito, possa non contenere specifici motivi di ricorso, nè l’indicazione del giudice avente giurisdizione o delle norme e delle ragioni su cui si fonda: nondimeno, esso non è esentato dal rispetto dell’art. 366 c.p.c., onde deve recare – a pena di inammissibilità – almeno l’esposizione sommarla dei fatti di causa, sostanziali e processuali, tali da consentire alla Corte di cassazione di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, sia pur in funzione della sola questione di giurisdizione da decidere (Cass., sez. un., 16 maggio 2013, n. 11826; Cass., sez. un., 20 ottobre 2000, n. 1129).

In particolare, il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è soddisfatto solo se l’atto esponga gli estremi della controversia, necessari per la definizione della questione di giurisdizione, indicando le parti, l’oggetto e il titolo della domanda, specificando il procedimento cui si riferisce l’istanza e la fase in cui si trovi, ed ogni altro elemento in fatto, che risulti indispensabile al fine della verifica del rispetto non solo delle condizioni per la proponibilità del mezzo, imposte dall’art. 41 c.p.c., ma anche per la decisione della questione proposta.

3. – Nella specie, la ricorrente non ha offerto la individuazione degli elementi di fatto, sui quali fondare la decisione sulla giurisdizione, onde il ricorso non supera il preventivo vaglio di ammissibilità.

In particolare, non vengono dedotte le ragioni delle menzionate “revoche”, il cui contenuto è rimasto del tutto oscuro, non avendone la ricorrente riprodotto il contenuto, nè riportato nessun passaggio; nè sono stati riferiti i fatti essenziali, sulla cui base le Sezioni unite possano valutare se esse siano derivate da decisioni discrezionali della pubblica amministrazione, con spendita dei poteri di cura dell’interesse pubblico, o sussista un inadempimento della beneficiaria.

E’ noto, infatti, che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte in tema di finanziamenti pubblici: a) le relative controversie sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo, laddove esse riguardino l’annullamento del provvedimento di attribuzione del beneficio per vizi di legittimità o la revoca dello stesso per contrasto con l’interesse pubblico, in relazione ai quali la posizione giuridica del beneficiario è qualificabile come interesse legittimo, in quanto spetta alla pubblica amministrazione il potere di riconoscere il contributo sulla base di una valutazione dell’interesse pubblico e previo apprezzamento discrezionale dell’an, del quid e del quomodo dell’erogazione; b) al contrario, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie che non involgono aspetti di ponderazione o comparazione tra interessi pubblici o di riconsiderazione dell’interesse del privato rispetto ai primi, come allorchè la controversia abbia ad oggetto la concreta erogazione del contributo o il ritiro disposto dalla p.a. per inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario, senza che siano ravvisabili margini di discrezionalità nell’apprezzamento delle ragioni di pubblico interesse sottese all’erogazione o al recupero (e plurimis, Cass., sez. un., 27 agosto 2019, n. 21742; Cass., sez. un., 2 maggio 2019, n. 11587; Cass., sez. un., 9 agosto 2018, n. 20683; Cass. 4 giugno 2018, n. 14234; Cass. 18 settembre 2017, n. 21549; Cass. 11 ottobre 2016, n. 20422; Cass. 5 agosto 2016, n. 16602; Cass., sez. un., 17 febbraio 2016, n. 3057; Cass., sez. un., 11 luglio 2014, n. 15941; Cass. civ., sez. un., 20-07-2011, n. 15867). In sintesi, dunque, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo viene fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata: il primo, in caso di lesione di un diritto soggettivo; il secondo, in caso di lesione di un interesse legittimo (così es. Cass., sez. un., 9 agosto 2018, n. 20683, non massimata).

Ma la valutazione non è permessa dalla violazione dell’art. 366 c.p.c. ad opera della parte ricorrente.

Nella specie, inoltre, tali allegazioni sarebbero state tanto più necessarie, attesa la mancata costituzione degli intimati e le stesse difformi valutazioni assunte dai giudici del merito.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese gli intimati.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

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