Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25210 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16511/2015 proposto da:

SOGDIM S.R.L., P.IVA (OMISSIS), in persona dell’Amministratore unico

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIANPAOLO BUONO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

NH ITALIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10507/46/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI NAPOLI, emessa il 18/11/2014 e depositata il

03/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito l’Avvocato Andrea Provini, (delega Avvocato Gianpaolo Buono),

per la ricorrente, che si riporta agli scritti ed alla memoria.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., a seguito della quale parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 10507/46/14, depositata il 3 dicembre 2014, non notificata, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto dalla Sogdim S.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Napoli, nel contraddittorio anche con la N.H. Italia S.p.A., cui faceva capo la società cedente il ramo d’azienda in oggetto, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva a sua volta rigettato i ricorsi, separatamente proposti e quindi riuniti, delle contribuenti, per l’annullamento di avviso di liquidazione delle maggiori imposte ipotecaria e catastale ritenute dovute riguardo all’atto per notaio R., registrato il 17.11.2010, di cessione del ramo d’azienda alberghiero termale del complesso sito in (OMISSIS), più compiutamente descritto in atti, rispetto al cui prezzo di cessione dichiarato in atto era stato elevato il solo valore dell’immobile, portato da Euro 23.400,00 ad Euro 29.077.650,00, restando confermate le valutazioni delle attrezzature e dell’avviamento.

Avverso la pronuncia della CTR la società Sogdim S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, mentre l’altra contribuente intimata non ha svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente compendia plurime censure di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, specificamente: del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4 e art. 1, comma 2, nonchè dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; dell’art. 112 c.p.c. e art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè, sempre in relazione a detto parametro, degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c..

Il primo ordine di censure, con il quale la ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per vizio assoluto di motivazione, in quanto meramente apparente, è infondato.

Si tratta nella fattispecie di motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado, che, per giurisprudenza costante di questa Corte, è ammissibile, purchè il rinvio sia operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (tra le molte, Cass. sez. 5, 1 aprile 2016, n. 6332; Cass. sez. 5, 11 maggio 2012, n. 7347; Cass. sez. 6-5, ord. 20 maggio 2011, n. 11138). Nella fattispecie in esame il giudice d’appello, pur in forma succinta, specifica le ragioni della propria condivisione della pronuncia di primo grado, rilevando nella parte espositiva che i motivi svolti in sede di gravame sono stati esposti sostanzialmente come riproposizione delle medesime questioni addotte dinanzi alla CTP a sostegno dell’impugnazione proposta avverso l’avviso di liquidazione impugnato.

Inammissibili risultano gli ulteriori profili di censura svolti cumulativamente nel primo motivo.

Dalla decisione impugnata si evince che, diversamente da quanto prospettato da parte ricorrente, la CTR e, prima di essa, il giudice di primo grado, di cui la sentenza d’appello ha condiviso il relativo convincimento, non hanno affermato la legittimità della rettifica del valore del compendio immobiliare unicamente sulla ricezione della media aritmetica delle quotazioni dei valori immobiliari OMI, ma ne hanno ritenuto la congruità in relazione ad una circostanziata verifica dei parametri applicati, con riferimento alla specifica situazione del compendio immobiliare in oggetto.

Non ricorre, quindi, nella fattispecie, la sussistenza delle denunciate ipotesi di violazione di legge, che presuppongono un’erronea ricognizione della fattispecie astratta applicabile, ma si è in presenza di valutazione da parte del giudice d’appello della congruità del valore attribuito, che risulta necessariamente mediato dalle risultanze acquisite in concreto nel giudizio, avendo altresì sul punto la CTR mostrato di avere preso in esame la perizia di stima della contribuente, comparandola ai parametri indicati dall’Amministrazione, e di averla ritenuta inattendibile (sul discrimine tra violazione di legge e vizio di motivazione si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8135); valutazione di congruità che, concretando sostanzialmente un accertamento di fatto, poteva essere attinta solo in sede di censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, norma neppure invocata, nè invocabile, nella sua vigente formulazione, applicabile al presente giudizio, trattandosi di c.d. doppia conforme. Parte ricorrente insiste, in particolare, in memoria, quanto al vizio di violazione di norma di diritto in cui sarebbe incorsa la pronuncia impugnata nel confermare il rigetto della doglianza in punto di pretesa carenza motivazionale dell’avviso di liquidazione impugnato.

In ciò – oltre a doversi ribadire in questa sede che la sufficienza del requisito motivazionale ricorre allorchè l’atto abbia enunciato i criteri astratti della pretesa, ponendo in condizione il contribuente di svolgere le proprie difese (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 8 novembre 2013, n. 25153; Cass. sez. 5, 3 agosto 2012, n. 14027) – la memoria non sembra aver colto il punto decisivo di cui alla relazione, con riferimento alla circostanza che la CTR ha ritenuto viepiù fondato nel merito il recupero delle maggiori imposte ipotecaria e catastale in ragione di uno specifico accertamento di fatto sulla congruità del valore di stima, non impugnato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, da intendersi quindi sul punto come definitivo.

Considerazioni similari valgono anche in relazione agli analoghi (salvo il primo) profili di cui al secondo motivo, con i quali questa volta specificamente la ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto dell’elemento oggettivo del c.d. prezzo – valore, peraltro nella fattispecie inapplicabile, trattandosi di cessione nei confronti di società che agisce nell’esercizio di attività commerciale (cfr. della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497).

Il ricorso va pertanto rigettato, in quanto manifestamente infondato.

Le spese del giudizio, nel rapporto processuale tra la ricorrente e l’Amministrazione finanziaria, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla va statuito in ordine alle spese nel rapporto processuale tra la ricorrente e l’intimata NH Italia S.p.A..

Va dato atto, infine, che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5800,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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