Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2521 del 09/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 2521 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 917-2010 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587 in persona del suo Presidente
e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale
mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
2015
4128

05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA N. 29, pressa l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, LELIO MARITATO, giusta
delega in atti;

Data pubblicazione: 09/02/2016

- ricorrenti contro

F.LLI DE CECCO DI FILIPPO – FARA SAN MARTINO S.P.A.
C.F. 00628450694, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato VALERIO SPEZIALE, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 492/2009 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 16/10/2009 R.G.N. 1162/2008;
udita la

relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 03/11/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega verbale
SGROI ANTONINO;
udito

l’Avvocato BOCCIA FRANCO RAIMONDO per delega

verbale MARESCA ARTURO;
udito il P.M. in persona

del Sostituto

Procuratore

Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato

Svolgimento del processo
L’INPS impugnava la sentenza del Tribunale di Chieti n. 872 del
15.9.2008, che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale,
proposta dalla Fili De Cecco di Filippo Fara S. Martino s.p.a.,
inerente il recupero di agevolazioni contributive connesse ai
contratti di formazione e lavoro di taluni suoi dipendenti stipulati
negli anni dal 1995 al 2001.

quanto ritenuto dal giudice di prime cure, avendo agito in forza
della decisione 11/5/99 della Commissione Europea (che vietava i
cd. aiuti di Stato, ed avendo quindi chiesto alla De Cecco una
serie di informative (atti ad esdudere eventualmente lilliceità
delle agevolazioni), che la stessa non aveva dato, così
implicitamente dimostrando di non avere i requisiti per usufruire
dei benefici connessi alla stipula dei contatti in parola.
Deduceva inoltre che la società aveva invocato la regola del “de
minimis”, e cioè l’applicazione della disciplina relativa agli aiuti
minori, senza dimostrare, anche in questo caso, che gli aiuti
pubblici ricevuti non superavano i 100.000,00 euro nel triennio.
Contestava altresì che si fosse verificata la decadenza
dall’iscrizione a ruolo, di cui all’art. 25 del d. Igs. n. 46\1999, che
peraltro neanche la controparte aveva eccepito, essendo stato il
termine di iscrizione a ruolo procrastinato, rispetto all’iniziale
indicazione, con successivi provvedimenti legislativi.
Sosteneva che non trovava nella specie applicazione la
prescrizione quinquennale, prevalendo sull’ordinamento interno il
principio comunitario per il quale il periodo, entro cui potevano
essere esercitati i poteri della Commissione in materia, era di 10
anni.
Affermava che, comunque, il ricevimento, da parte della De
Cecco, della lettera raccomandata in data 10.1.2005, a mezzo
della quale era stato richiesto il rimborso dei benefici, dichiarati
illegittimi dall’Unione Europea, era intervenuto entro il termine

Contestava che la pretesa azionata fosse generica, secondo

prescrizionale di 5 anni, stante il diritto di recupero sorto solo a
seguito dell’avvenuta irrevocabilità della pronuncia della Corte di
Giustizia europea.
Invocava comunque l’istituto dell’indebito arricchimento, per
ribadire la prescrizione decennale.
Deduceva infine che non si configurava nel caso di specie un
legittimo affidamento, a cui pure aveva fatto ricorso la sentenza

una specifica procedura per gli aiuti che gli Stati membri avessero
voluto elargire, di tal che ogni singola azienda, che avesse voluto
benefidare degli aiuti di Stato, doveva prima verificare che fosse
stata seguita la corretta procedura, in caso contrario non
potendosi parlare di affidamento.
Avendo l’Italia provveduto alla notifica alla Commissione degli
aiuti connessi ai contratti di formazione e lavoro solo nei maggio
1997, tutti gli aiuti concessi in precedenza erano illegittimi. Ove
comunque si fosse voluto dare ingresso alla teoria del legittimo
affidamento, esso poteva incidere solo sulla decorrenza degli
interessi sui crediti da recuperare.
Resisteva la convenuta
Con sentenza depositata il 16 ottobre 2009, la Corte d’appello di
L’Aquila rigettava il gravame, condannando l’INPS al pagamento
delle spese. Riteneva la Corte che nulla dovesse la società per
recupero sgravi, giusta l’applicazione del principio comunitario del
‘de minimis’. Evidenziava infatti che era pacifico che i dipendenti
di cui agli allegati da A) fino a D), rientravano nelle ipotesi di
deroga al divieto di aiuti da parte dello Stato (come indicato dalla
Commissione Europea 1’11.5.99), mentre per i dipendenti di cui
all’allegato E), la società aveva comunque invocato la regola ‘de
minimis’ (secondo cui sono esenti gli aiuti che non superino il
limite di 100.000,00 euro per un periodo di tre anni).
Poiché I’INPS aveva quantificato i contributi dovuti per tale
gruppo di dipendenti, per il periodo 1995-2001 (sei anni), in

4

di primo grado, atteso che la normativa comunitaria prevedeva

euro 175.996,00, ne conseguiva che la società, in applicazione di
detta regola (‘de nninimisg, non doveva neanche tale minor
somma.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’INPS, affidato
a due motivi.
Resiste la F.11i De Cecco di Filippo-Fara San Martino s.p.a. con
controricorso, poi illustrato con memoria.

Debbono pregiudizialmente respingersi le eccezioni di
inammissibilità del presente ricorso, sollevata dalla
controricorrente per contenere esso, nonostante nella specie sia
inapplicabile l’art. 366 bis cp.c., i quesiti di diritto, e per il
mancato riferimento alle nuove condizioni di ammissibilità del
ricorso previste dall’art. 360 bis c.p.c.
Mentre quest’ultima eccezione risulta priva di qualsivoglia
specificazione delle ragioni che renderebbero il ricorso
inammissibile ex art. 360 bis c.p.c, deve rilevarsi che la
proposizione dei quesiti di diritto, ancorché risulti inapplicabile
raffone temporís l’art. 366 bis c.p.c., per un verso non vizia il
ricorso, derivando l’inammissibilità dello stesso solo ove siano
obbligatori i quesiti di diritto ed essi non siano stati formulati,
d’altro canto non considera che nella specie i quesiti sono stati
formulali, come esplicitamente chiarito dall’INPS, non in
esecuzione del predetto art. 366 bis cp.c., che lo stesso Istituto
dichiara inapplicabile, ma al solo fine di sintetizzare il contenuto
dei motivi di ricorso.
Venendo pertanto al merito si osserva.
1.-Con il primo motivo l’INPS denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE; del Regolamento
CE n. 994/98; dell’art2 del Regolamento CE 12 gennaio 2001 n.
69; della decisione della Commissione dell’H maggio 1999; della
decisione della Corte di Giustizia del 7 marzo 2002 (C 310/99);
dell’art. 2697 cc.; dell’ad 16 del decreto legge 14 maggio 1994,

Motivi della decisione

:

convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1994, n. 451;
dell’art 15 della legge 24 giugno 1997 n. 196, oltre a vizio di
motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. ).
Lamenta in sostanza l’Istituto che in ipotesi di recupero di sgravi
,

contributivi frulli dal datore di lavoro a seguito della stipula di
contatti di formazione e lavoro nel periodo 1995-2001, dichiarati
‘aiuti di Stato’ dalla Commissione europea, il datore di lavoro, per

della regola comunitaria del ‘de rninimis’, deve provare gli
elementi individuali dal regolamento comunitario in tema di ‘de
minimi s’.
Il motivo, pur teoricamente condivisibile (posto che in materia di
divieti a tutela della concorrenza nell’ordinamento comunitario,
l’esenzione degli aiuti di Stato d’importanza minore costituisce
un’eccezione al divieto generale degli aiuti di Stato, sicché la
sussistenza delle relative condizioni è elemento costitutivo del
diritto alla deroga e deve essere provata dal benefidario, cfr.
Cass. 3.5.2012 n. 6671), risulta nella specie infondato, posto che
la sentenza impugnata ha ritenuto che la società F.11i De Cecco
aveva per un verso provato che sussistevano i presupposti
individuali dalla dedsione della Commissione Europea
del111.5.99 per ritenere compatibili con l’ordinamento
comunitario gli sgravi in questione (lavoratori che al momento
dell’assunzione non avevano ancora ottenuto un impiego o che
l’avevano perso, sicché la loro assunzione ha contribuito alla
creazione netta di nuovi posti di lavoro nelle imprese interessate;
lavoratori in possesso, alternativamente, dei seguenti requisiti:
età inferiore ai 25 anni, laureati sino a 29 anni compiuti,
disoccupati da più di un anno, sempre che le imprese non
abbiano proceduto a riduzioni di organico nei 12 mesi precedenti,
e che abbiano mantenuto in servizio —assumendoli a tempo
indeterminato- almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di
.

formazione e lavoro sia scaduto nei 24 mesi precedenti) per la

potere continuare a fruire degli stessi, invocando l’applicazione

pressoché totalità dei dipendenti interessati (elenchi da A a D),
mente l’INPS stesso, come incontestatamente accertato dalla
sentenza impugnata, aveva per ciò ridotto il credito contributivo
per i restanti dipendenti (elenco D, per i quali non era stata
fornita prova adeguata delle condizioni di deroga al divieto di
aiuti di Stato, pag. 3 sent) ad €175.996 per il periodo di sei anni
in causa (1995-2001), somma ritenuta dalla sentenza impugnata

l’aiuto ‘de rninimis’ (secondo cui l’importo complessivo per
impresa è esente se non supera la soglia di centomila euro su un
periodo di tre anni ai sensi dell’art 2 del regolamento (CE) n.
69/2001, soglia raddoppiata dall’art. 2 del regolamento (CE) n.
1998/2006, non producendo tale somma alcuna distorsione della
concorrenza, sicché non può considerarsi aiuto e non può essere
oggetto di recupero), senza specificare minimamente !Istituto se
tali agevolazioni fossero eventualmente riferibili, in base alla loro
effettiva fruizione annua da parte della società F.11i De Cecco, ad
un importo superiore ai 100.000 €. in un biennio, e dunque
senza censurare adeguatamente quanto ritenuto dalla sentenza
impugnata.
2.- Con il secondo motivo l’INPS denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 cc., 416, 434 e 442 c.p.c., oltre a
vizio di motivazione (art. 360 n. 5, c.p.c. ).
Lamenta in sostanza che non era incorso in decadenza
processuale, come erroneamente affermato dalla sentenza
impugnata, l’Istituto previdenziale che, nel procedere nei
confronti della società De Cecco al recupero degli sgravi
contributivi fruiti dai citato datore di lavoro a seguito della stipula
di contratti di formazione e lavoro nel periodo 1995-2001 e
dichiarali aiuti di stato dalla Commissione europea, costituendosi
nel giudizio di appello abbia affermato che la somma dovuta
fosse diversa e minore, spedficando solo in grado di appello le

inferiore a quella di 100.000 € nei triennio idonea a configurare

ragioni del proprio minor credito a titolo di contribuzione
previdenziale dovuta.
Il motivo è inammissibile in quanto l’Istituto non contesta
l’affermazione della Corte di merito, autonoma rado deddendi
rispetto alla affermata decadenza processuale di cui sopra, per
cui comunque nella spede doveva applicarsi il principio del ‘de
minimis’, avendo lo stesso INPS affermato che le somme

2001, ad e175.996 e non avendo l’Istituto, come visto, dedotto
e chiarito, neppure in questa sede, in contrasto col principio
dell’autosufficienza, che le agevolazioni in parola avessero
superato, ed esattamente per quale arco temporale, ‘Importo di
€100.000 in un triennio.
3.-Il ricorso deve dunque rigettarsi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’INPS al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €100,00
per esborsi, €3.500,00 per compensi, oltre spese generali ed
accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
2015

3

novembre

beneficiate ammontavano, nel periodo di sei anni dal 1995 al

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