Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25209 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 28/11/2011), n.25209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BERGAMO 3, presso lo studio dell’avvocato F.A.,

rappresentato e difeso dall’avvocato GATTA ELENA giusta procura

speciale allegata in atti;

– ricorrente –

contro

M.G. (OMISSIS), R.M.

((OMISSIS)) ttivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA

BUFALOTTA 174, presso lo studio dell’avvocato BARLETTELLI PATRIZIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato RICCHIAZZI NUCCIO, giusta

procura in calce alla comparsa ex art. 399;

– resistente –

avverso l’ordinanza n. 7259/2010 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA del 22/01/10, depositata il 26/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito l’Avvocato Gatta Elena, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti insistendo per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Patrizia Barlettelli, (delega avvocato Nunzio

Ricchiazzi) difensore dei resistenti che rileva che la memoria ex

art. 378 c.p.c. depositata dal ricorrente è incompleta, nel merito

si riporta agli scritti insistendo per l’inammissibilità e per il

rigetto del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. FUCCI Costantino che

aderisce alla relazione.

Fatto

PREMESSO IN FATTO E DIRITTO

che:

1. E’ stata depositata la seguente relazione.

“Con ordinanza in data 26 marzo 2010 n. 7259, questa corte ha respinto in camera di consiglio il ricorso proposto dal signor F.G., contro i signori M.G. e M. R., per la cassazione della sentenza pronunciata dalla corte d’appello di Messina. La corte territoriale aveva respinto l’impugnazione del lodo arbitrale, pronunciato tra le parti, che aveva dichiarato la risoluzione di un preliminare di vendita per colpa del promittente acquirente F.. La corte di legittimità ha ritenuto, in particolare, del tutto adeguata la motivazione della sentenza della corte d’appello.

“Per la revocazione della sentenza di questa corte, n. 7259/2010, ricorre il signor F., a norma dell’art. 395 c.p.c., nn. 3 e 4, per un unico motivo. Gli intimati resistono con controricorso notificato il 23 luglio 2010.

“Il ricorso deve essere trattato in camera di consiglio, a norma dell’art. 391 bis c.p.c..

Con esso si denuncia “l’abbaglio e l’errore di fatto assurdo” in cui (prima la corte territoriale e successivamente) questa corte è incorsa nella sentenza sopra indicata, non avendo considerato la circostanza – risultante dagli atti e verificata in modo documentale e testimoniale durante tutta la fase istruttoria – che l’esponente sarebbe venuto a conoscenza della mancanza del certificato di agibilità dell’immobile solo dopo che la banca aveva motivato con questa stessa circostanza l’impossibilità di concedergli il mutuo agevolato. E si aggiunge che “di recente”, ossia dieci giorni prima, l’esponente aveva rinvenuto le matrici degli assegni, che dimostravano dei pagamenti ulteriori rispetto a quello documentato in causa.

Il ricorrente, movendo dalla totale preterizione delle caratteristiche essenziali del giudizio di cassazione, mostra di non aver letto, o di non aver compreso, la motivazione del provvedimento impugnato, che suppone di contenuto omogeneo a quello della sentenza della corte territoriale, e al quale attribuisce omessi accertamenti di fatto, ed erronee valutazioni di merito, che nè hanno formato nè potevano formare oggetto del giudizio.

Va premesso che lo stesso giudizio d’impugnazione del lodo arbitrale davanti alla corte d’appello non è (nella fase rescindente) un giudizio di merito, ma di pura legittimità, in cui non si trattava di accertare circostanze di merito ma l’esistenza di una “sommaria esposizione dei motivi” nella decisione arbitrale (art. 829 in relazione all’art. 823 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alla novella del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 21: la corte territoriale ha solo richiamato la motivazione del lodo). Quanto all’errore denunciato, è sufficiente qui precisare che nel provvedimento impugnato per revocazione il ricorso è respinto per la verificata adeguatezza della motivazione presente nella sentenza della corte territoriale, con un giudizio che attiene esclusivamente alla legittimità di questa e non al merito della controversia.

Quanto alla documentazione assertivamente sopravvenuta, essa deve essere posta in relazione alla domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 3 che, a norma dell’art. 391 ter c.p.c., può essere proposta esclusivamente contro le sentenze di cassazione che abbiano pronunciato nel merito, ed è per ciò stesso inammissibile nel caso presente.

Si propone pertanto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

2. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti.

Il ricorrente ha depositato memoria. Entrambe le parti hanno discusso la causa in camera di consiglio.

3. – Il collegio ha letto il ricorso, il controricorso, la relazione e la memoria, e ha condiviso il contenuto e le conclusioni della relazione.

4. – In relazione alla memoria depositata, e alla discussione orale successiva, il collegio deve constatare che la parte non ha colto il contenuto della decisione impugnata per revocazione, avente per oggetto esclusivamente la legittimità della sentenza della corte d’appello, e basata pertanto esclusivamente sull’esame del suo contenuto, e specificamente sull’interna coerenza logica della sua motivazione, la quale verteva peraltro, a sua volta, solo sul punto che gli arbitri avessero esposto, almeno sommariamente, i motivi della loro decisione. Del tutto estraneo al giudizio di cassazione era pertanto l’accertamento della circostanza di fatto che il ricorrente avesse a suo tempo ignorato o conosciuto fatti rilevanti ai fini della decisione del merito. Il collegio constata inoltre che il ricorrente invoca l’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 3 in una fattispecie processuale diversa da quella in cui la citata disposizione può trovare applicazione, a norma dell’art. 391 ter c.p.c. 4. – Il ricorso è inammissibile. Le spese sono a carico della parte ricorrente e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte suprema di cassazione, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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