Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25209 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 25209 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 19400-2005 proposto da:
SALAMONE

CARMELA

SLMCML24B58A089F),

(c. f.

VIA DONIZETTI 7,

elettivamente domiciliata in ROMA,
presso

l’avvocato

rappresenta
PECORARO
2013
486

e

BONGIORNO

difende

LORENZO,

ricorso

e

VINCENZO

COTTONE

unitamente

giusta

procura
di

GIROLAMO,

procura

speciale
PALERMO

per

agli
in

che

avvocati
calce

Notaio

Rep.n.

la

Data pubblicazione: 08/11/2013

35676

al

dott.
del

13.5.2008;
– ricorrente –

1

contro

ASSESSORATO REGIONALE LL.PP., COMUNE DI AGRIGENTO;
– intimati contro

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA DI
IACP,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19, presso
l’avvocato PRESTANICOLA MARILISA, rappresentato e
difeso dall’avvocato RUSSELLO DOMENICO, giusta
procura speciale per Notaio dott. PUSATERI ANTONIO
di AGRIGENTO – Rep.n. 130.830 del 24.4.2012;
– resistente –

sul ricorso 23858-2005 proposto da:
COMUNE DI AGRIGENTO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
DELLE MILIZIE 22, presso l’avvocato TURCO IGOR,
rappresentato e difeso dall’avvocato D’ALESSANDRO
PIETRO, giusta procura in calce al controricorso e

AGRIGENTO

ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

SALAMONE CARMELA;
– intimata –

avverso la sentenza n.

177/2005 della CORTE

2

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/03/2013 dal Consigliere
Dott. PIETRO CAMPANILE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIROLAMO

ricorso principale, il rigetto dell’incidentale;
udito, per il resistente IACP, l’Avvocato DOMENICO
RUSSELLO che ha chiesto il rigetto del ricorso
principale e dell’incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso
per, in via principale, sospensione in attesa delle
decisioni delle SS.UU.; in subordine accoglimento
del secondo motivo del ricorso principale, rigetto
dell’incidentale.

BUONGIORNO che ha chiesto l’accoglimento del

3

Svolgimento del processo

l

Salqmone Carmela conveniva in giudizio davanti al

Tribunale di Palermo il Comune di Agrigento, l’Iacp di
Agrigento e l’Assessorato della Regione Siciliana ai

rinunciato alla domanda), per chiedere il ristoro del
pregiudizio conseguente all’occupazione temporanea di
un proprio terreno in località Fontanelle di Agrigento,
nell’ambito di una procedura espropriativa intesa a realizzare un centro civico commerciale, cui non aveva
fatto seguito l’emanazione del decreto di esproprio.
1.1 – Il Tribunale di Palermo, disattesa l’eccezione di
prescrizione sollevata dai convenuti, accoglieva la domanda, liquidando, sulla base delle risultanze della
Consulenza tecnica d’ufficio all’uopo esperita, la somma di lire 313.167.000 per l’occupazione e quella di
lire 568.400.000, a titolo di risarcimento del danno
determinato dall’irreversibile trasformazione del fondo.
1.2 – La Corte di appello di Palermo, pronunciando
sulle impugnazioni i proposte dall’Iacp e, in via
incidentale, dal Comune di Agrigento, accoglieva,
quanto alla pretesa risarcitoria,
prescrizione sollevata dagli

l’eccezione di

appellanti, ritenendo

4

Lavori Pubblici (nei cui confronti avrebbe in seguito

che, poiché il decreto assessoriale contenente la
dichiarazione di pubblica utilità, emesso in data 15
gennaio 1985, fissava in quattro anni il termine per il
compimento delle espropriazioni, il dies a quo, ai fini

individuato nel 15 gennaio 1989, e non, come ritenuto
dal tribunale, sulla base del termine di scadenza
dell’occupazione temporanea indicato nel provvedimento
sindacale.
1.3 – La Corte territoriale procedeva altresì, sulla
base

delle

risultanze

della

Consulenza

tecnica

d’ufficio, alla determinazione dell’indennità di
occupazione, ai sensi dell’art. 5 bis della l. n. 359
del 1992.
1.4 – Avverso tale decisione ha proposto ricorso la
Salceone, deducendo tre motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Agrigento, che
propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Con ordinanza del 28 aprile 2001 veniva disposta la
rinnovazione della notificazione del ricorsi nei
confronti dell’Iacp, che, pur non difendendosi con
controricorso, ha proceduto al deposito di una memoria
di costituzione, con nomina di difensore, il quale ha
partecipato alla discussione.

5

del computo del periodo di prescrizione, andava

Motivi della decisione

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei
ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto
proposti avverso la medesima decisione.

dell’art. 324 c.p.c., sostenendo il passaggio in
giudicato della decisione di primo grado nei confronti
del Comune di Agrigento, che avrebbe proposto appello
incidentale soltanto con comparsa depositata in
cancelleria qualche giorno prima rispetto a quello
fissato per l’udienza di prima comparizione.
3.1 – La censura non è fondata.
Trattandosi di procedimento iniziato nel giugno
nell’anno 1994, cioè in epoca anteriore all’entrata in
vigore delle modifiche introdotte dalla 1. n. 353 del
1990 (fissata nel 30 aprile 1995), ai sensi dell’art.
90 della disciplina transitoria di tale testo normativo
ai giudizi pendenti si applicano le norme anteriori.
Sotto tale profilo deve considerarsi che l’art. 343
c.p.c., nel testo applicabile “ratione temporis”,
prevedeva come termine di decadenza per la proposizione
dell’appello incidentale, nel caso rispettato, quello
dell’udienza di prima comparizione (cfr. Cass., 24
agosto 1998, n. 8388).

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3 – Con il primo motivo la Salamone denuncia violazione

4 – Con il secondo motivo di ricorso si deduce
violazione dell’art. 2043 c.c. e delle leggi della
Regione Siciliana n. 35 del 1978 e n. 21 del 1985: la
corte territoriale avrebbe errato nell’individuare il

della dichiarazione di pubblica utilità e non in quella
del decreto di occupazione del terreno, che fissava in
cinque anni la durata della procedura espropriativa.
Poiché il decreto di occupazione era stato notificato
in data 23 ottobre 1985, l’occupazione era divenuta
illegittima in data 23 ottobre 1990: di conseguenza,
l’azione risarcitoria, avviata nel giugno dell’anno
1994, era stata intrapresa prima che il termine di
prescrizione fosse decorso.
4.1 – Avanti di esaminare la fondatezza o meno di tale
doglianza, deve premettersi che la presente vicenda
processuale non può risentire – al contrario di quanto
sostenuto in una memora depositata dalla ricorrente degli effetti del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis,
introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 34 ed
applicabile, secondo quanto espressamente previsto dal
comma 8, “anche ai fatti anteriori alla sua entrata in
vigore”. Secondo tale disposizione, come è noto,
“l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di

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“dies a quo” del termine di prescrizione nella data

interesse pubblico, modificato in assenza di un valido
ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo
della pubblica utilità, può disporre che esso sia
acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio

indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non
patrimoniale”. La norma in questione, pertanto, esclude
che la proprietà possa essere perduta per effetto di
una occupazione legittima seguita dalla realizzazione
dell’opera pubblica ovvero per effetto di una
occupazione illegittima seguita dalla richiesta di
risarcimento del danno da parte del proprietario.
,
Nella specie, invero, non è controversia fra le parti,
ed il punto deve ritenersi coperto da giudicato
interno, l’avvenuta perdita della proprietà da parte
dell’odierni ricorrente principale, in quanto già nel
giudizio di secondo grado la controversia era
imperniata su vari aspetti inerenti alla domanda di
natura risarcitoria. Da ciò consegue anche che la
questione della configurabilità nella fattispecie in
esame di una occupazione illegittima o di una
occupazione c.d. acquisitiva deve essere risolta alla
stregua della disciplina anteriore a quella dettata dal
citato art. 42 bis; alla stregua di tale disciplina,

8

indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un

nella interpretazione datane da questa Corte, deve
essere conseguentemente risolta la questione, unica ad
essere controversa tra le parti, della individuazione
del momento di decorrenza della prescrizione

In altri termini, pur essendo predicabile nell’attuale
disciplina, ed anche con riferimento ai fatti anteriori
alla sua entrata in vigore, la permanenza dell’illecito
dell’occupazione “sine titulo” sino alla data di
cessazione dell’occupazione medesima, ossia sino a
quando viene posto rimedio alla situazione contra ius
mediante la restituzione dell’immobile al suo
proprietario, ovvero mediante la cessione della
proprietà dell’immobile al soggetto che lo ha per
l’innanzi occupato abusivamente (Cass. 28 gennaio 2013,
n. 1804; Cass. 14 gennaio 2013, 705; Cons. St. 11
settembre 2012, n. 4808), nella specie la cessazione
della permanenza dell’illecito è coperta da giudicato
in una situazione nella quale non vi è stata né la
restituzione dell’immobile, né il trasferimento della
proprietà disposto con decreto non retroattivo. Ne
consegue la necessità di fare riferimento ai principi
elaborati nel vigore della precedente disciplina per
individuare il momento di decorrenza della prescrizione

9

dell’azione di risarcimento del danno.

(cfr, per un caso analogo, Cass., 13 marzo 2013, n.
6216).
4.2 – Il motivo è fondato.
Deve infatti trovare applicazione il principio, più

nell’occupazione appropriativa o acquisitiva il termine
quinquennale da cui decorre la prescrizione del diritto
a pretendere il risarcimento del danno decorre dalla
data di scadenza della occupazione legittima, se
l’opera è realizzata nel corso di tale occupazione,
oppure al momento della irreversibile trasformazione
del fondo (coincidente con la modifica dello stato
anteriore del bene) se essa è avvenuta dopo quella
scadenza o in assenza di decreto di occupazione di
urgenza, ma sempre nell’ambito di valida dichiarazione
di pubblica utilità dell’opera (Cass., 30 marzo 2007,
n. 7981; Cass., 6 maggio 2003, n. 6853; Cass., 19
luglio 2002, n. 10531).
Nel caso di specie la corte territoriale, in violazione
del richiamato principio, ha individuato il termine
iniziale della prescrizione dell’azione risarcitoria
per altro ancorandolo ad un atto che non risulta
neppure portato a legale conoscenza della proprietaria

10

volte affermato da questa Corte, secondo cui

del fondo ablato

in un momento anteriore alla

scadenza dell’occupazione legittima.
4.3

Deve altresì evidenziarsi che la corte

territoriale non ha considerato che detta occupazione è

art. 14 (conv. nella L. n. 47 del 1988), per cui
l’originario termine di durata dell’occupazione, a
prescindere dalla volontà dell’amministrazione
espropriante, è stato prolungato, in maniera del tutto
automatica (Cass., 24 luglio 1996, n. 6649), per un
ulteriore biennio.
4.4 – Si deve aggiungere che la giurisprudenza di
questa Corte fin dalle note decisioni che hanno
definito presupposti e confini dell’occupazione c.d.
espropriativa (cfr. sent. 3940/1988;
3963/1989;4619/1989) ne ha evidenziato la distinzione
dal fenomeno, indiscriminato e generico
dell’apprensione “sine titulo” per qualsivoglia ragione
e fine (pur se di interesse collettivo) di un bene
immobile altrui, affermando che lo stesso è
necessariamente caratterizzato “quale suo indefettibile
punto di partenza” da una dichiarazione di pubblica
utilità dell’opera e “quale suo indefettibile punto di
arrivo” dalla realizzazione dell’opera pubblica

11

stata prorogata di due anni dal D.L. n. 534 del 1987,

medesima: perciò necessariamente appartenente alla
categoria dei beni demaniali o a quella dei beni
patrimoniali indisponibili, e strettamente sottoposta
al relativo regime pubblicistico indicato dall’art. 822

amministrazione la dismissione e la restituzione del
suolo all’originario proprietario. Con la conseguenza
che esulano necessariamente da tale schema applicativo
le costruzioni che pur assolvendo a finalità di
pubblico interesse, restano (come quelle di cui si
discute), di appartenenza privata (Cass. 8777/2004
cit.; 15179/2000; 9585/1997; 4738/1997; sez. un.
9521/1996).
Questa ricostruzione dell’istituto e dei suoi limiti
operativi (Cass. sez. un. 7504/2003; 6853/2003;
5902/2003) ha trovato riscontro nella L. n. 458 del
1988, il cui art. 3 ha esteso la regola
dell’occupazione acquisitiva alle costruzioni di opere
di edilizia residenziale pubblica realizzate da
soggetti privati (pur se nel quadro del regime
concessorio e convenzionale di cui alla L. n. 865 del
1971, art. 35, ovvero nel concorso di elementi
agevolativi di altro tipo). Ha rilevato al riguardo la
Corte Costituzionale (sent. 486/1991), che la norma

12

cod. civ., e segg., che ne impedisce alla stessa

dimostra che prima di essa la fattispecie estintivoacquisitiva nel settore dell’edilizia residenziale
poteva verificarsi soltanto per quelle costruzioni
realizzate direttamente dalle p.a. (o da loro

indisponibile delle stesse. E che l’estensione dell’
istituto ad interessi che sono solo indirettamente
pubblici, può essere disposta da una specifica
disposizione legislativa ed avere effetto limitato al
solo settore di essi che ne rappresenta l’oggetto:
tant’è che avendo il menzionato art. 3 operato
l’estensione ai soli terreni acquisiti con
“provvedimento espropriativo dichiarato illegittimo
con sentenza passata in giudicato”, la Consulta per
includere nella medesima tutela anche la fattispecie di
terreni acquisiti senza l’emissione del provvedimento
di esproprio, sostanzialmente identica nella situazione
ontologica e negli effetti (per la retroattività della
caducazione del provvedimento ablativo) ha dovuto
dichiarare costituzionalmente illegittima la norma
nella parte in cui era stata omessa quest’ultima
previsione: per la quale altrimenti avrebbe continuato
ad applicarsi la regola generale dell’accessione in

13

concessionari) e perciò rientranti nel patrimonio

favore del proprietario del suolo disposta dall’art.
934 cod. civ..
Considerate le circostanze fattuali sopra evidenziate,
deve constatarsi che fino alla data di pubblicazione

una norma (né tanto meno un principio
giurisprudenziale) che da un lato imponeva il
trasferimento coattivo dell’immobile al Comune, e
dall’altro attribuiva ai proprietari l’indennizzo
previsto dall’art. 42 Cost. (avente consistenza
risarcitoria) per l’illegittima espropriazione
sofferta. Tale disposizione legislativa è sopravvenuta
soltanto con la menzionata L. n. 458 del 1988, allorchè
estesa dalla sentenza 486/1991 della Corte
Costituzionale anche alla fattispecie in esame di
espropriazione non completata attraverso l’adozione del
decreto ablativo, ma in cui l’opera di edilizia
residenziale era stata già realizzata.
Questa Corte, per altro, ha richiamato – alla luce
delle la sentenze nn. 348 e 349/2007 della Corte
costituzionale circa l’obbligo per il giudice italiano
qualora ritenga una norma interna (qual è l’art. 2935
cod. civ., sulla decorrenza della prescrizione)
confliggente con una disposizione della Convenzione, di

14

della menzionata decisione della Consulta non esisteva

ricercarne

ed individuarne,

ove possibile,

una

interpretazione che possa essere compatibile con la
Convenzione europea -l’orientamento secondo cui il
“principio di legalità” postula l’esistenza di norme di

“prevedibili” – ragion per cui non risulta conforme al
criterio di legalità consentire all’Autorità di
sottrarsi all’obbligo risarcitorio derivante
dall’illegittima occupazione acquisitiva del fondo
altrui avvalendosi di una prescrizione (del correlativo
diritto del proprietario) maturata in un contesto
temporale in cui non era normativamente percepibile la
decorrenza della stessa.
In applicazione di tale principio è stato affermato
che la decorrenza della prescrizione del credito
indennitario derivante dall’avvenuta occupazione
espropriativa (Cass., nn. 20543 e 22407 del 2008; 21203
del 2009), avendo il legislatore riconosciuto gli
effetti dell’istituto per la prima volta soltanto con
la L. n. 458 del 1988 (seppure indirettamente), decorre
da questo momento. Nell’ipotesi considerata, poi, il
principio medesimo deve trovare applicazione nel senso
della individuazione nella pubblicazione della citata
decisione 486/1991 della Corte Costituzionale del

15

diritto interno sufficientemente accessibili, chiare e

termine iniziale di decorrenza della prescrizione
dell’azione risarcitoria (cfr. Cass., 23 luglio 2010,
n. 17274).
5 – Con il terzo motivo del ricorso principale

si

1971 e dell’art. 1282 c.c., per essersi esclusa, in
quanto mero esecutore, la responsabilità solidale
dell’IACP.
La censura è fondata.
Come questa Corte ha rilevato in più occasioni
4426/2008;

14.959/2007;

4061/2006)

in

(Cass.

tema

di

espropriazione di aree da destinare ad edilizia
economica e popolare sussiste la corresponsabilità
dell’ente delegante e dell’ente delegato, essa
svolgendosi nell’interesse di entrambi, integrando
l’occupazione appropriativa un fatto illecito
imputabile al delegato alla conduzione della procedura,
persino quando l’opera risulti ultimata nel periodo di
occupazione legittima, ricadendo su di esso l’onere di
attivarsi, affinché il decreto di espropriazione
intervenga tempestivamente e la fattispecie si mantenga
entro la sua fisiologica cornice di legittimità. Né
rileva l’eventuale mancanza della delega al compimento
di tutte le operazioni ablatorie, poiché l’IACP – come

16

denuncia la violazione dell’art. 60 della 1. n. 685 del

emerge dalla decisione impugnata – fu comunque delegato
alla realizzazione dell’opera pubblica, che realizzò in
forza di provvedimento illegittimo, la cui validità era
suo onere verificare nel momento in cui costituiva la

(cfr. Cass., 7 luglio 2008, n. 18612; Cass., 30 marzo
2011, n. 7198).
6 – Il ricorso incidentale è inammissibile, perché tale
atto, a differenza del controricorso, avrebbe dovuto
essere corredato da una sommaria esposizione dei fatti
di causa (Cass., 28 ottobre 2011, n. 22526; Cass., 8
gennaio 2010, n. 76), nella specie assolutamente
carente.
7 – In conclusione, la sentenza impugnata deve essere
cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla
Corte di appello di Catania, che, in diversa
composizione, applicherà i principi sopra indicati,
provvedendo altresì al regolamento delle spese
processuali relative al presente giudizio di
legittimità.
P. Q. M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il primo motivo
del ricorso principale, che accoglie nel resto.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

17

fonte della sua legittimazione a porlo in esecuzione

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

prima se ione civile, il 20 marzo 2013.

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