Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25208 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. un., 10/11/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 10/11/2020), n.25208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9413-2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BARBERINI

12, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CECCHETTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE

DEI CONTI PER LA REGIONE PUGLIA, REGIONE PUGLIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 611/2018 della CORTE DEI CONTI – SECONDA

SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il

23/10/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito l’Avvocato Marcello Cecchetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte dei Conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale di Appello, con sentenza n. 611, depositata il 23 ottobre 2018, respingeva l’appello proposto da B.M. avverso la sentenza della Corte dei Conti-Sezione giurisdizionale per la Puglia che lo aveva condannato al pagamento della somma di Euro 640.143, oltre interessi e rivalutazione monetaria, quale ristoro del danno subito dalla su detta Regione, in relazione a una complessa vicenda inerente abusi commessi, nella qualità di assessore pro tempore all’Agricoltura, nell’utilizzo dei fondi del servizio irriguo regionale nell’esercizio 1990.

In particolare, per quello che qui ancora rileva, la Corte dei Conti di Appello ha confermato il rigetto dell’eccezione, già avanzata in primo grado, di intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile, promossa con atto del 19 giugno 1995, al compimento del decimo anno a decorrere da tale data, in ossequio a quanto stabilito dal Legislatore nella L. n. 20 del 1994, art. 1, commi 2 quater e 2 quinques applicabile pro tempore, introdotti dall’art. 3 dei D.L. n. 248 del 1995, D.L. n. 353 del 1995, D.L. n. 439 del 1995, D.L. n. 541 del 1995, D.L. n. 79 del 1996 e D.L. n. 215 del 1996, espressamente oggetto di sanatoria disposta dalla L. n. 639 del 1996, art. 1, comma 2.

La Corte dei Conti ha, all’uopo, argomentato che, nella specie, non venivano in rilievo effetti prodotti e salvaguardati dalla disposizione di legge, non convertita, per la ragione che anche qualora si ritenesse che l’effetto estintivo si sarebbe potuto realizzare in difetto di accertamento giudiziale, nel momento in cui la norma era stata sostituita, il termine decennale di prescrizione era ancora in corso; con la conseguenza che non sussistono effetti consumati o esauriti comportanti… la stabilizzazione della fattispecie, nè rapporti giuridici di alcun genere, stante l’inidoneità del solo decorso del tempo a radicare rapporti giuridici in senso stretto.

Avverso la sentenza B.M. propone ricorso, su unico motivo, cui resiste, con controricorso, il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.

il P.G., in persona del sostituto procuratore generale Dott. Lucio Capasso ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Con l’unico, articolato, motivo il ricorrente deduce la violazione dei limiti esterni della giurisdizione spettante alla Corte dei Conti, con riferimento agli artt. 24,103 Cost. e art. 111 Cost., comma 7, difetto assoluto di giurisdizione ed eccesso di potere giurisdizionale, in ragione della mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile, diniego di tutela giurisdizionale.

In particolare, il ricorrente lamenta che il Giudice contabile non abbia riconosciuto l’intervenuta prescrizione del giudizio contabile, promosso con atto del 19 giugno 1995 al compimento del decimo anno a decorrere da tale data, in ossequio a quanto stabilito dal Legislatore nella L. n. 20 del 1994, art. 1, commi 2 quater e 2 quinques pro tempore, introdotti dall’art. 3 dei D.L. n. 248 del 1995, D.L. n. 353 del 1995, D.L. n. 439 del 1995, D.L. n. 541 del 1995, D.L. n. 79 del 1996 e D.L. n. 215 del 1996, espressamente oggetto di sanatoria disposta dalla L. n. 639 del 1996, art. 1, comma 2.

Secondo la prospettazione difensiva sussisterebbe l’eccesso di potere giurisdizionale in quanto la Corte dei Conti avrebbe pronunciato su una controversia nonostante l’avvenuta prescrizione dell’azione, mentre i decreti legge, sopra citati e non convertiti, avrebbero fatto sorgere in capo al ricorrente (attraverso la “sanatoria legislativa” operata dalla L. n. 639 del 1996) il diritto soggettivo ad una durata del processo temporalmente limitata ad un massimo di dieci anni, decorrenti dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio o, in altri termini, il diritto soggettivo a godere di una speciale deroga rispetto all’istituto dell’interruzione “permanente” della prescrizione, derivante dall’esercizio dell’azione nei suoi confronti.

Il ricorrente deduce, inoltre, che la Corte dei Conti, pronunciandosi in modo ulteriore e diverso dalla mera declaratoria di intervenuta prescrizione, avrebbe operato un vero e proprio stravolgimento delle norme di legge così da ridondare in un’ipotesi di denegata giustizia e che, inoltre, il giudizio contabile, protrattosi per ulteriori tredici anni (dal 2005 al 2018), avrebbe, in ogni caso, comportato una violazione dei principi costituzionali e internazionali-convenzionali del “giusto processo”.

2 Il Procuratore Generale, rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, in controricorso ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 15 codice di giustizia contabile, per intervenuta formazione del giudicato sul punto della sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti sui fatti di causa.

Risulterebbe, infatti, dalla descrizione dello svolgimento del processo contabile riportata nell’atto impugnato, che nè durante lo svolgimento del giudizio di primo grado nè durante lo svolgimento del processo di appello, il ricorrente abbia mai sollevato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile che, al contrario, pronunciandosi nel merito, aveva affermato, implicitamente, la propria giurisdizione, giungendo ad attestare la responsabilità, tra gli altri, anche di B.M..

3 Secondo la recente giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. U. n. 9680 del 5/4/2019; id.n. 13426 del 17/5/2019) “Ai fini della formazione del giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione, è necessaria l’esistenza, nella sentenza di primo grado, di un capo autonomo su di essa impugnabile, ma non impugnato, in appello. Tale situazione non è configurabile in ordine ad una sentenza di primo grado astrattamente affetta da vizio di eccesso di potere giurisdizionale poichè nell’ambito del plesso giurisdizionale della Corte dei conti o del Consiglio di Stato, l’eccesso di potere che si sia determinato, in ipotesi, nel giudizio di primo grado, dovrà essere corretto con l’esperimento delle relative impugnazioni; pertanto, l’interesse a ricorrere alle Sezioni Unite potrà sorgere esclusivamente rispetto alla sentenza d’appello che, essendo espressione dell’organo di vertice del relativo plesso giurisdizionale speciale, è anche la sola suscettibile di arrecare un “vulnus” all’integrità della sfera delle attribuzioni degli altri poteri, amministrativo e legislativo”.

3.1. Tali principi si attagliano al caso in esame in cui, pur non essendo stata sollevata questione di giurisdizione nè in primo grado nè con l’appello, la stessa è stata legittimamente proposta innanzi a queste Sezioni Unite, sul rilievo che la sentenza di appello della Corte dei conti, in quanto espressione dell’organo di vertice del relativo plesso giurisdizionale speciale, era la sola suscettibile di arrecare un vulnus all’integrità della sfera delle attribuzioni degli altri poteri dello Stato.

4. Ciò posto in punto di esclusione di avvenuta formazione del giudicato interno sulla giurisdizione, il ricorso è, comunque, inammissibile.

Il ricorrente lamenta, nella sostanza, l’errata interpretazione di norme giuridiche relative alla disciplina dell’effetto interruttivo della prescrizione e, in particolare, della L. 20 dicembre 1996, n. 636, art. 1, comma 2, prospettando, dunque, un error in judicando non rapportabile ai profili della giurisdizione.

4.1 Costituisce, infatti, pacifica acquisizione della giurisprudenza di queste Sezioni Unite l’affermazione secondo cui il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei conti è consentito, soltanto, per motivi inerenti alla giurisdizione, sicchè il controllo di legittimità è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi agli errores in procedendo o agli errores in iudicando, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione (così, di recente, Cass.Sez.U. 14 novembre 2018, n. 29285, e 19 febbraio 2019, n. 4886). E’ ammissibile il sindacato, quindi, in caso di sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità del legislatore o dell’amministrazione, così come nell’ipotesi in cui il giudice contabile si pronunci su materie che sono estranee alle sue attribuzioni giurisdizionali.

4.2. Nello specifico, tale orientamento risulta, condivisibilmente, seguito da Cass. Sez. U n. 22251/17 e n. 4886/19, in ipotesi di erronea individuazione del momento iniziale del termine quinquennale di prescrizione dell’azione di responsabilità L. n. 20 del 1994, ex art. 2, comma 2, e da Cass. Sez.U. n. 17660/13, in ipotesi di omesso rilievo della prescrizione dell’azione erariale.

5. Infine, con riguardo al prospettato diniego di giurisdizione, va ribadito l’ulteriore principio (già fissato, tra le altre, da Cass. Sez.U. n. 28652/18) per il quale tale diniego risulta configurabile allorquando il Giudice speciale (amministrativo o contabile) abbia erroneamente ritenuto che una determinata controversia non rientri nell’ambito della propria giurisdizione, ipotesi questa del tutto estranea a quella prospettata in ricorso.

6.Dalle considerazioni che precedono, consegue, quindi, per la non consonanza del motivo, come formulato, al modello legale, l’inammissibilità del ricorso.

7.Sussistono i presupposti processuali per l’applicabilità del disposto normativo relativo al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato, se dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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