Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25203 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 28/11/2011), n.25203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.A. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24, presso il dott. G.M.,

rappresentato e difeso dall’avvocato VENTURA COSTANTINO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di STORNARA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3321/2010 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

del 22.9.09, depositata il 12/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che:

1. – E’ stata depositata la seguente relazione a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza in data 12 febbraio 2010 n. 3321, questa corte, accogliendo in parte il primo motivo del ricorso proposto da A. P. contro il Comune di Stornara, vertente sui criteri di liquidazione del danno cagionato da occupazione acquisitiva per pubblica utilità, ha cassato la sentenza della Corte d’appello di Bari 29 giugno 2006 in relazione alla censura accolta, e ha provveduto nel merito a riliquidare il danno in questione.

Per la correzione di errori materiali incorsi nella sentenza di questa corte ricorre il P.. L’altra parte non ha svolto difese.

Il ricorso deve essere trattato in camera di consiglio, a norma dell’art. 391 bis c.p.c. Con il primo motivo di ricorso si denuncia l’errore materiale in cui questa corte sarebbe incorsa nella sentenza sopra indicata, laddove, decidendo nel merito e provvedendo a liquidare nuovamente il danno da occupazione acquisitiva, non ha adottato alcuna pronuncia in materia di occupazione legittima.

Il supposto errore è escluso dalla lettura della sentenza. La corte, avendo dichiarato (pag. 15) infondato il settimo motivo del ricorso del P., vale a dire l’unico motivo di ricorso concernente l’indennità da occupazione legittima, ed avendo poi riprodotto nel dispositivo tale decisione, non doveva adottare alcun’altra pronuncia sul punto.

Con il secondo motivo si sostiene che, non avendo la corte cassato la sentenza di merito nella parte in cui la stessa aveva qualificato il debito del comune per il danno da occupazione acquisitiva come debito di valore, ed avendo inoltre riconosciuto la rivalutazione annuale delle somme liquidate, gli interessi sulle stesse somme dovevano decorrere dalle singole annualità, e non dalla sentenza, perchè questo sarebbe il criterio normalmente e costantemente applicato da questa corte.

Il motivo è inammissibile. Va innanzi tutto rilevato che, pur essendovi state oscillazioni al riguardo, specie in tempi recenti, il criterio della liquidazione degli interessi sul debito di valore per risarcimento del danno extracontrattuale è stato enunciato, nella giurisprudenza a sezioni unite di questa corte, in termini antitetici a quelli sostenuti nel ricorso in esame. Limitando l’esame alla giurisprudenza più recente, Sez. un. 5 aprile 2007 n. 8520 ha enunciato il principio che “il risarcimento del danno da fatto illecito costituisce debito di valore e, in caso di ritardato pagamento di esso, gli interessi non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma svolgono una funzione compensativa tendente a reintegrare il patrimonio del danneggiato, qual era all’epoca del prodursi del danno, e la loro attribuzione costituisce una mera modalità o tecnica liquidatoria. Ne consegue che il giudice dell’impugnazione (o del rinvio), anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione degli interessi prescelta dal giudice precedente, può procedere alla riliquidazione della somma dovuta a titolo risarcitorio e dell’ulteriore danno da ritardato pagamento, utilizzando la tecnica che ritiene più appropriata al fine di reintegrare il patrimonio del creditore (riconoscendo gli interessi nella misura legale o in misura inferiore, oppure non riconoscendoli affatto, potendo utilizzare parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria o dalla redditività media del denaro nel periodo considerato), restando irrilevante che vi sia stata impugnazione o meno in relazione agli interessi già conseguiti e alla misura degli stessi. A tale principio la sentenza n. 3321/2010, oggetto della presente impugnazione, si è correttamente attenuta, sebbene nel frattempo non fossero mancate decisioni ispirate ad orientamenti diversi; e, tenuto conto del fatto che nel frattempo era entrato in vigore il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e doveva trovare applicazione la nuova disposizione contenuta nell’art. 374 c.p.c., comma 3, la corte non avrebbe potuto decidere in base ad un diverso principio, salvo che – non condividendolo – non avesse ritenuto di dover rimettere la questione nuovamente alle sezioni unite.

Tanto premesso, il motivo in esame non individua alcun errore materiale, tale essendo quello che, dovuto ad una mera svista del giudice, non incide sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione, non attiene comunque ad un vizio del ragionamento e concreta piuttosto un difetto di corrispondenza, fra l’ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica, che sia rilevabile dallo stesso contenuto della pronuncia e tale, di conseguenza, da non esigere un’ulteriore indagine di fatto. Il motivo tende piuttosto ad accreditare un errore di diritto che come tale è insuscettibile del rimedio proposto, e che sarebbe peraltro manifestamente escluso dalle considerazioni premesse.

Si propone pertanto che il ricorso sia respinto con ordinanza in camera di consiglio, a norma dell’art. 391 bis c.p.c.”.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio ha esaminato il ricorso e la relazione, e ha condiviso il contenuto e le conclusioni della relazione.

Il ricorso è respinto.

Il rigetto del ricorso è correlato all’esistenza di precedenti.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte suprema di cassazione, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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