Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25203 del 17/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 17/09/2021), n.25203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27656-2019 proposto da:

E.G., elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA

PARDINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVID

ZAPPELLI, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

S.I., elettivamente domiciliata in ROMA, in VIA EZIO,

47, presso lo studio dell’avvocato ELIDE CAPUTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FABIO SQUARCINI, con procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 474/2019 cronol. della CORTE D’APPELLO di

FIRENZE, depositato il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto del 15.12.17 il Tribunale di Livorno, su domanda di E.G., revocò l’assegno divorzile disposto nella sentenza emessa nel 1999 a favore della ex-moglie S.I. nella misura di lire 1.500.000, osservando che: le istanze istruttorie della S. dirette a verificare se l’ex-marito svolgesse attività libero-professionale avevano carattere esplorativo e, comunque, in contrasto con l’interpretazione giurisprudenziale per cui il diritto a tale assegno sussisteva solo se la parte richiedente non fosse autosufficiente economicamente; vi era stato un mutamento delle condizioni economiche dell’istante il quale prima lavorava con stipendio di 5000,00 Euro mensili, ed era poi stato pensionato con Euro 3500,00 mensili, risposandosi.

Avverso tale decreto la S. ha proposto reclamo, deducendo l’erronea mancata ammissione dell’istanza di accertamenti fiscali e chiedendo di ammettere prova testimoniale; si è costituito l’ E., resistendo al reclamo.

Con decreto emesso il 14.3.19, la Corte territoriale, in parziale accoglimento del reclamo, ha ridotto alla somma di 450,00 Euro mensile l’assegno divorzile a carico del reclamato, rilevando che: nelle more del procedimento era stata emessa sentenza delle SU n. 18287 dell’11.7.18, sui parametri di valutazione del riconoscimento dell’assegno divorzile, che però non legittimava un giustificato motivo di revisione dell’assegno, L. n. 898 del 1970, ex art. 9 in quanto il tema d’indagine su cui era stata fondata la sentenza oggetto dell’istanza di modifica era diverso da quello considerato dalla giurisprudenza successiva; gli accertamenti istruttori dedotti erano superflui; alla luce del pensionamento e del nuovo matrimonio dell’ E., la riduzione dell’assegno consentiva di mantenere l’equilibrio economico stabilito nella sentenza di divorzio con decorrenza dall’agosto 2017.

L’ E. ricorre in cassazione con unico motivo, illustrato con memoria.

Resiste la S. con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

Diritto

RITENUTO

CHE:

L’unico motivo del ricorso principale denunzia violazione o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonché vizio di motivazione, lamentando che la Corte d’appello, nel riconoscere alla ex-moglie il diritto di percepire l’assegno divorzile, non abbia tenuto conto che non ricorrevano i presupposti dello stesso assegno, secondo le varie funzioni assistenziale, compensativa e perequativa, non avendo motivato sul contributo personale ed economico della S. alla famiglia, e sulla mancanza di mezzi adeguati di mantenimento di quest’ultima o sull’impossibilità di procurarseli (avendo peraltro la S. scelto di non proseguire l’attività lavorativa solo per beneficiare del pensionamento anticipato).

L’unico motivo del ricorso incidentale deduce l’omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte d’appello ha ridotto l’importo dell’assegno divorzile anche se non vi era stata diminuzione dei redditi dell’ex-marito che, anzi, rispetto al 2016 erano aumentati.

Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

Circa il motivo del ricorso principale, va osservato che, in conformità di consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali. Ne consegue che consentire l’accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell’assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poiché non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della regula iuris, non già creativa della stessa (Cass., n. 1119/2020; n. 787/17).

Nel caso concreto, il ricorrente si duole che la Corte territoriale, non abbia escluso il diritto dell’ex-moglie di percepire l’assegno divorzile, pur avendone ridotto l’importo, omettendo di motivare sia sul contributo economico della controricorrente alla conduzione familiare, sia sul fatto che la stessa non disponeva di mezzi adeguati, essendo altresì incorsa in contraddizione nel richiamare, da un lato, il sopravvenuto suo pensionamento e la formazione di una nuova sua famiglia e, dall’altro, nel non aver poi tenuto conto di tali fatti nuovi al fine della revoca dell’assegno.

Ora, anzitutto, la doglianza è inammissibile in quanto afferisce anzitutto ai presupposti originari dell’assegno divorzile, tendendo a riesaminare i fatti costitutivi del diritto dell’ex-coniuge di percepire il suddetto assegno.

Inoltre, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione sui presupposti di tale assegno, quali il contributo dell’ex-coniuge alla conduzione familiare e la relativa mancanza di mezzi adeguati, attraverso una critica inammissibile ratione temporis. Parimenti inammissibile è la doglianza nella parte relativa all’asserita contraddittorietà in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello per non aver tenuto conto dei fatti sopravvenuti che avevano ridotto il suo reddito (pensionamento e nuovo matrimonio), in quanto anch’essa declinata con una critica inammissibile ratione temporis.

L’unico motivo del ricorso incidentale è del pari inammissibile poiché diretto al riesame dei fatti inerenti alla riduzione dell’importo dell’assegno divorzile, prospettando genericamente una diversa interpretazione dei dati documentali esaminati dalla Corte d’appello circa le capacità reddituali dell’ E., peraltro lamentando un omesso esame degli stessi chiaramente insussistente, come desumibile dalla sentenza impugnata.

Considerata l’inammissibilità dei due ricorsi, le spese del giudizio sono da compensare.

PQM

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale ricorso, compensando le spese del giudizio tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti in esso menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2021

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