Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25202 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 28/11/2011), n.25202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SOCIETA’ OTC DOORS SRL (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO

12, presso lo studio dell’avvocato AGOSTA GIUSEPPE, che la

rappresenta e difende, giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA DITTA RENDA COSTRUZIONI di RENDA

FRANCESCO (OMISSIS) in persona del Curatore, elettivamente

domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86 – int. 5, presso lo

studio dell’avvocato MARTIRE ROBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BECHI FRANCO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 34/2010 del TRIBUNALE di PISTOIA del 4.3.2010,

depositato il 05/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

che:

1. – E’ stata depositata la seguente relazione a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con decreto in data 5 marzo 2009 il Tribunale di Pistoia ha respinto l’impugnazione proposta da OCT DOORS s.r.l., a norma DELLA L. Fall., art. 98, avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del fallimento della Ditta Renda Costruzioni di Renda Francesco, che aveva respinto la sua domanda di rivendica di beni forniti con riserva di proprietà in forza di contratto di appalto, e in via subordinata d’insinuazione al passivo per un credito di corrispondente valore. Il tribunale ha ritenuto il contratto di appalto, nel quale era contenuta la riserva di proprietà, inopponibile al fallimento perchè privo di data certa anteriore, e l’art. 2710 c.c. inapplicabile nella fattispecie.

Per la cassazione del decreto ricorre la società creditrice, per due mezzi d’impugnazione. La curatela fallimentare ha depositato controricorso.

Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, se saranno condivise le considerazioni che seguono.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 2704 e 2710 c.c..

Il motivo è inammissibile. Nell’esposizione della ricorrente, l’anteriorità dell’appalto – del quale non si riporta l’esatto contenuto – alla dichiarazione di fallimento doveva ritenersi provata da una fattura – della quale neppure si riporta il contenuto – in data 30 novembre 2007, attestata da un estratto autentico notarile della relativa pagina del registro IVA, nonchè da altri documenti (documenti di trasporto e assegno bancario presentato all’incasso e insoluto), per i quali la ragione dell’asserita certezza della data non è precisata. Questi documenti, che nel ricorso non sono indicati specificamente come atti sui quali il ricorso si fonderebbe, a norma dell’art. 366, comma 1, n. 6, non sono stati prodotti a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non essendo sufficiente a soddisfare la prescrizione di legge la generica produzione del fascicolo di parte nel giudizio di merito (cfr. Cass. Sez. un. 31 ottobre 2007 n. 23019, e 31 ottobre 2007 n. 23019).

E’ per contro manifestamente infondata la censura di violazione dell’art. 2710 c.c., la cui applicabilità, nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca – non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, bensì – nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito è esclusa da una costante giurisprudenza (v. Cass. 26 gennaio 2006 n. 1543;

Cass. 21 dicembre 2005 n. 28299, richiamata dalla ricorrente, si riferisce all’opposto caso del curatore fallimentare che, agendo in revocatoria, voglia servirsi delle scritture contabili tenute dall’imprenditore fallito al fine di provare i fatti costitutivi della domanda).

Con il secondo motivo si denuncia, contraddittoriamente, la violazione dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia) e l’omessa o (ancora contraddittoriamente) insufficiente motivazione sulla domanda subordinata.

I vizi sono riferiti al decreto del giudice delegato, e come tali sono inammissibili, essendo in questa sede oggetto d’impugnazione solo il decreto del tribunale. La successiva doglianza, che il tribunale si sia sostituito al giudice delegato nel motivare il diniego della domanda di ammissione al passivo, è incoerente con i vizi denunciati (la sua manifesta infondatezza, in ogni caso, deriverebbe dalla considerazione che il tribunale, in sede di impugnazione L. Fall., ex art. 98, è giudice di merito e non di legittimità).

“Si propone pertanto che il ricorso sia dichiarato manifestamente infondato in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., n. 5”.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Il collegio ha esaminato il ricorso, il controricorso, e la relazione, e ha condiviso il contenuto e le conclusioni della relazione.

4. – Il ricorso è respinto per manifesta infondatezza. Le spese sono a carico della parte ricorrente e sono liquidate come in dispositivo.

Il rigetto del ricorso è correlato all’esistenza di precedenti.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso per manifesta infondatezza e condanna la ricorrente al pagamento delle spese delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione della Corte suprema di cassazione, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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