Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25202 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 07/12/2016), n.25202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20817-2012 proposto da:

Q.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato MARCO MACHETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE FARACE giusto mandato

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/31/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, emessa il 16/02/2012 e depositata il

16/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte;

ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La CTR di Milano ha respinto l’appello di Q.C. -appello proposto contro la sentenza n. 64/40/2010 della GIP di Milano che aveva già disatteso il ricorso del predetto contribuente – ed ha così confermato il rigetto dell’impugnazione della cartella di pagamento, adottata all’esito del controllo automatizzato ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per IRAP relativa all’anno 2005 di cui la parte contribuente aveva contestato la debenza assumendo di essere privo di autonoma organizzazione siccome esercente l’attività di commercialista e revisore contabile-libero professionista.

La predetta CTR – dopo avere dato atto che la CTP aveva respinto il ricorso in quanto dagli atti di causa emergevano significativi costi per acquisti di beni strumentali, per canoni di locazione finanziaria di beni mobili e per consumi – ha motivato la decisione evidenziando l’esistenza di rilevanti importi per l’acquisto di beni strumentali o per locazione finanziaria di beni mobili ovvero per consumi, prestazioni alberghiere e generiche spese di rappresentanza ed altre documentate. I quali importi lasciano trasparire lo svolgimento di un’attività professionale dotata di struttura organizzata e produttiva di reddito “in contraddizione con l’asserto del ricorrente di avere svolto attività esclusivamente presso gli enti committenti”: Il contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. L’Agenzia si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis (…) – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3; del D.P.R. n. 917 del 1987, art. 51 e dell’art. 2195 c.c.; nonchè fondato sull’insufficiente motivazione della sentenza – quest’ultimo non effettivamente sviluppato nel contesto dell’esposizione) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante – aprioristicamente non valutando il materiale probatorio dedotto in giudizio – si erano limitati a considerare “una parte dei componenti negativi esposti nel quadro RE” e perciò avevano obliterato che clienti e committenti di esso contribuente erano sempre e comunque enti relativi al settore della formazione e che le spese sostenute non potevano dirsi significative di alcuna organizzazione autonoma, “in quanto tra le medesime non compaiono nè l’assunzione di dipendenti nè compensi a terzi soggetti, mentre le quote di ammortamento di beni strumentali (di Euro 3.437,00) in rapporto all’entità dei compensi” (Euro 203.000,00) “appaiono irrisorie”. Le spese valorizzate dal giudice del merito erano invece di natura puramente accessoria, nè avrebbe potuto essere valorizzato il dato dell’elevato guadagno. Il motivo appare fondato e da condividersi. Ed infatti, occorre evidenziare che i rilievi del giudicante di appello non si riferiscono ad elementi astrattamente idonei all’espressione di un giudizio circa la sussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione.

Tralasciando per un attimo gli importi per acquisti o locazione finanziaria di beni strumentali, le residue tipologie di spesa valorizzate dal giudice del merito appaiono inidonee a consentire un conveniente giudizio in ordine all’esistenza di detto presupposto, atteso che si tratta di spese strettamente afferenti all’aspetto personale dell’attività professionale (si pensi alle spese alberghiere o di rappresentanza o alle ulteriori non documentabili come l’assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale, etc) e costituenti mero elemento passivo per l’esercente l’attività professionale, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate pertanto all’implementazione dell’aspetto “organizzativo”, e perciò stesso inidonee a descrivere “il modo in cui l’attività è concretamene esercitata”. Gli ulteriori elementi sintomatici (esborsi per acquisti e canoni di locazione finanziaria di beni strumentali), nella valorizzazione del tutto apodittica fattane dal giudicante, risultano privi di significatività per il modo in cui sono stati considerati.

In specie, la superficialità dell’esame va apprezzata alla luce del principio giurisprudenzialmente pacifico secondo il quale si applica l’IRAP ove il contribuente “sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse”. Ciò in quanto in base al del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 (come modificato dal D.Lgs. n. 137 del 1988, art. 1), ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista), non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè fama capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi (a questi fini si vedano Cass. 9451/2016; Cass. n. 6855/2016; Cass. n. 9276/2012 e Cass. n. 9693/2012). Il giudice deve infatti valorizzare, ai fini del presupposto normativo dell’autonoma organizzazione, un compendio di elementi capaci di dimostrare, nel loro complesso, la loro incidenza sull’organizzazione del professionista (si veda Cass. sentenza n. 27000 del 19 dicembre 2014). E così anche a riguardo degli esborsi per “ammortamento di beni strumentali”, circa i quali è stato più volte affermato che: “l’organizzazione dell’attività, rilevante ai fini dell’applicazione dell’Irap, va ravvisata tutte le volte che, per lo svolgimento della stessa, il titolare si avvalga di beni strumentali ulteriori rispetto a quelli indispensabili (nello specifico contesto scientifico e/o tecnologico) per l’esercizio dell’attività stessa” (Cassazione n. 8166 e n. 8168 del 2 aprile 2007; analogamente Cass. ordinanza n. 21052 del 12 ottobre 2010; CaSS. ordinanza n. 13048 del 24 luglio 2012; Cass. ordinanza n. 18108 del 25 luglio 2013; Cass. Ordinanza n. 14158 del 6 agosto 2012; Cass. sentenza n. 547 del 15 gennaio 2016). E perciò anche a tale riguardo il giudicante non avrebbe potuto tenere conto della significatività assoluta degli esborsi, dovendo invece acclarare sei i beni strumentali oggetto di esborsi per acquisto siano o meno resi indispensabili dallo sviluppo scientifico e tecnologico e quindi inevitabili ai lini dell’esercizio della professione. In definitiva, la sentenza impugnata risulta avere considerato in termini assolutamente apodittici e non meno superficiali che nella specie di causa sussistono elementi idonei a comprovare l’esistenza di una organizzazione autonoma, senza avere fallo analisi critica della concreta consistenza di detti elementi in rapporto ai principi giurisprudenziali che identificano i caratteri qualificanti di detta organizzazione ai fini delle necessarie valutazioni che la materia implica. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con conseguente rimessione al giudice del merito, in funzione di giudice dei rinvio, perchè rinnovi il proprio giudizio in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’imposizione”.

Rilevato che, a seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto prot. n. 130/6/16 del 29 luglio 2016;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;

considerato che da tutto ciò consegue che la sentenza d’appello va cassata con rinvio al giudice competente per un nuovo e più compiuto esame, secondo i principi di diritto sopra enunciati, e la regolazione anche delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza d’appello e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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