Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25200 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 24/10/2017, (ud. 21/03/2017, dep.24/10/2017),  n. 25200

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6888-2013 proposto da:

B.E., (OMISSIS), TA.PA., (OMISSIS), domiciliati

ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIORGIO CASSOTTA;

– ricorrenti –

contro

P.M.R., (OMISSIS), S.T. (OMISSIS),

C.M., (OMISSIS), D.G.C.G., (OMISSIS),

A.F.G., (OMISSIS), B.M., (OMISSIS),

B.F.P. (OMISSIS), BR.MI., (OMISSIS), domiciliati ex lege in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato RAFFAELLO DE

RUGGIERI;

T.M.V., (OMISSIS), AN.VI.MA., (OMISSIS),

AN.EU., (OMISSIS) e AN.SI., (OMISSIS) eredi di

AN.CO.DA., domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato NICOLA CATALANO;

– controricorrenti –

nonchè contro

ST.AN.GI., G.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 24/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 15/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2017 dal Consigliere Dott. BESSO MARCHEIS CHIARA;

udito l’Avvocato CHIOZZA ANNA, con delega dell’Avvocato RAFFAELLO DE

RUGGIERI difensore degli eredi AN. controricorrenti, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 1989 i ricorrenti, proprietari di un fabbricato del quale avevano venduto i relativi appartamenti, avevano citato gli acquirenti degli stessi chiedendo al Tribunale di accertare la consistenza dell’area condominiale ceduta ai convenuti e di condannarli al rilascio della parte da questi detenuta in eccedenza; chiedevano poi di accertare che non vi era servitù di acquedotto a favore degli immobili dei convenuti con condanna di questi a rimuovere la condotta idrica esistente e di condannare i convenuti a risarcire i danni.

Il Tribunale di Matera, con sentenza non definitiva (rispetto alla quale era stata proposta riserva d’appello, ma non è poi stata impugnata), rigettava la domanda relativa all’azione negatoria e con successiva sentenza definitiva rigettava le restanti domande degli attori, che proponevano appello alla Corte di Potenza, che con sentenza del 15 febbraio 2012 – ha rigettato l’impugnazione.

2. B.E. e Ta.Pa. propongono ricorso in cassazione, articolato in tre motivi.

P.M.R., + ALTRI OMESSI

Gli intimati St.An.Gi. e G.A., quest’ultima già contumace in appello, non hanno proposto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 331, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c.: l’atto di citazione di primo grado è stato notificato oltre che agli attuali intimati ad Ca.An.Gu., nei cui confronti il ricorrente B.E. rinunciò agli atti del giudizio, rinuncia accettata da Caruso, così che il giudice di primo grado dichiarò l’estinzione del giudizio tra le due parti; dato che la rinuncia è avvenuta da parte di uno solo degli attori, il giudizio non si è estinto tra Ta.Pa. e Ca.An.Gu. ed è tra loro proseguito; l’atto di appello, proposto da B. e Ta., non è mai stato notificato a Ca., così che la Corte d’appello avrebbe dovuto d’ufficio rilevare il difetto del contraddittorio e ordinare agli appellanti di integrarlo; non avendolo fatto, ne consegue la nullità della sentenza impugnata che deve essere cassata e rinviata al giudice di secondo grado.

La censura è infondata. Come ricordato supra nel riassunto dei fatti di causa, in primo grado fu rigettata con sentenza parziale (non appellata) la domanda negatoria servitutis dei ricorrenti, così che lo sottolinea la sentenza impugnata – la materia del contendere in appello riguardava solo la domanda di rilascio. Circa la domanda di rilascio, la giurisprudenza di questa Corte afferma che “nel caso di detenzione del bene che si assuma esercitata senza titolo da più soggetti, l’azione di rilascio del bene può essere esercitata nei confronti di uno solo di essi, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, atteso che la pronuncia è idonea a spiegare effetti relativamente al soggetto evocato in giudizio e non può pertanto considerarsi inutiliter data, mentre l’obbligazione risarcitoria eventualmente connessa all’obbligazione di rilascio è per sua natura solidale e non dà luogo a litisconsorzio necessario” (così Cass. 13625/2004). La sentenza impugnata non è quindi viziata sotto il profilo della integrità del contraddittorio.

2. Il secondo e il terzo motivo denunciano entrambi omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè – il primo – anche violazione e falsa applicazione del regolamento edilizio del Comune di Matera e delle norme tecniche d’attuazione dello stesso.

Tutti e due i motivi sono inammissibili. Entrambi si sostanziano infatti in una critica – inammissibile in questa sede – degli accertamenti in fatto posti in essere dalla Corte d’appello e in particolare sul recepimento dei risultati delle consulenze tecniche d’ufficio (quella effettuata dall’ing. Costa, pp. 16-32 del ricorso; quella posta in essere dal geom. M., pp. 32-36 del ricorso).

3. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti P.M.R., + ALTRI OMESSI

Sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda Sezione Civile, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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