Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25200 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12666/2019 proposto da:

I.D., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv.to Vincenzina Salvatore;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 da Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.D., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Napoli, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a), dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e art. 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) ed art. 8 essendosi il decidente limitato a recepire il giudizio della Commissione territoriale senza approfondire la posizione del ricorrente in relazione segnatamente alla situazione del paese di provenienza; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14 avendo il decidente ricusato l’accesso alla protezione sussidiaria quantunque in ragione della situazione di instabilità socio politica la (OMISSIS) non possa considerarsi un paese sicuro;

3) della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, avendo il decidente ricusato l’accesso alla protezione umanitaria senza operare alcuna distinzione tra le diverse forme di protezione, accomunando nell’argomentazione di rigetto le protezioni maggiori e quella umanitaria con la conseguenza che risulta completamente omessa la motivazione del rigetto di quest’ultima.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

Memoria del ricorrente ex art. 380-bis1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto condividono la medesima censura, sono affetti da pregiudiziale inammissibilità.

2.2. Il Tribunale, nel motivare l’impugnata pronuncia di rigetto delle protezioni maggiori, ha affermato, quanto agli antefatti di causa, rappresentati dal ricorrente nel riferire di essersi rifiutato di succedere nella carica già rivestita nel villaggio dal padre e di temere perciò di essere ucciso, condividendo il giudizio già al riguardo enunciato dalla Commissione territoriale, che “il narrato del richiedente asilo… appare fortemente stereotipato e non attendibile”, segnatamente laddove non risulta che a fronte delle minacce ricevute egli si sia rivolto alla polizia ed abbia ottenuto qualche forma di tutela e nel complesso che “le dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso del procedimento, sfornite di elementi oggettivi di prova legati alla sua situazione personale, presentano problematiche particolari di credibilità”, rilevanti alla stregua del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; per di più il ricorrente non è neppure “comparso all’udienza di comparizione delle parti”, in tal modo sottraendosi al dovere di cooperare nell’istruttoria della domanda e alla possibilità di essere interrogato dal giudice, a cui avrebbe potuto chiarire alcuni aspetti del suo racconto e rappresentare gli elementi anche indiziari a suffragio delle sue richieste.

2.3. Le riportate considerazioni – alle quali il decidente ha fatto pure seguire l’osservazione che alla luce delle informazioni assunte in relazione alla situazione interna della regione di provenienza ((OMISSIS)) “non risulta che tale regione versi in una situazione di grave instabilità politica o violenza indiscriminata” rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – non costituiscono perciò la pedissequa riproduzione di affermazioni della Commissione territoriale, ma piuttosto, evidenziano, da un lato, il deficit di credibilità che infirma le dichiarazioni del richiedente, il che secondo gli enunciati di questa Corte sottrae la determinazione adottata su questo presupposto ad ogni vaglio in questa sede (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340); dall’altro, l’inosservanza da parte del ricorrente dell’onere di allegazione in ordine ai fatti costitutivi della pretesa che, pur a fronte di un’attenuazione dell’onere probatorio, nella materia che trattasi il richiedente asilo è comunque chiamato ad assolvere, inosservanza parimenti ostativa, ancora secondo la giurisprudenza di questa Corte, all’attivazione dei compiti di cooperazione istruttoria, qualunque sia la forma di protezione invocata (Cass., Sez. I, 12/06/2019, n. 15794).

2.4. Ne discende che, non esponendosi a nessuna delle declinate censure di diritto, l’impugnato assunto decisorio si sottrae al preteso scrutinio e ciò di cui il ricorrente si duole è nulla di più che l’espressione di un mero dissenso sul merito della decisione, a cui però non è compito di questa Corte dare seguito.

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Il Tribunale nel dare conto delle ragioni del pronunciato rigetto sul punto ha affermato, dopo aver riepilogato le condizioni in cui è normativamente consentito riconoscere la protezione umanitaria, “che il ricorrente non rientra in nessuna di tali categorie” e con evidente riferimento alla regione di provenienza del ricorrente che la (OMISSIS) non “può definirsi, alla luce delle fonti internazionali citate, un paese “insicuro””.

A fronte di queste osservazioni, che mettono la decisione al riparo dal dedotto vizio processuale, la critica altrimenti svolta con il motivo si rivela del tutto generica ed è indirizzata unicamente a rinnovare il sottostante giudizio di fatto, rendendosi per questo inammissibile.

4. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.

5. Spese alla soccombenza. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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