Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2520 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/01/2017, (ud. 27/09/2016, dep.31/01/2017),  n. 2520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6192-2012 proposto da:

B.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G.DE CAMILLIS 4, presso lo studio dell’avvocato PIERA NICOLINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ENZO BANDUCCI;

– ricorrente –

e contro

BE.LI., BA.EN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 994/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato Nicolini Piera con delega orale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 1996 B.P., affermandosi proprietario, in forza di atto pubblico del (OMISSIS), di un fabbricato con annessa corte sito in (OMISSIS), conveniva dinanzi al Tribunale di Livorno Be.Li., Be.Il., Ba.En. e C.A., comproprietari di un terreno limitrofo, per sentirli condannare alla demolizione o arretramento dei manufatti realizzati sulla porzione di corte di sua proprietà o su terreno di loro proprietà, ma in spregio alle distanze legali.

Nel costituirsi, Be.Li., Ba.En. e Be.Il., quest’ultima anche in qualità di erede di C.A., contestavano la fondatezza della domanda, sostenendo di possedere da oltre venti anni l’area in contestazione e chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento dell’acquisto della relativa proprietà per usucapione.

Con sentenza in data 4-8-2006 il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice e rigettava, invece, la riconvenzionale, ritenendo non provati i presupposti dell’invocata usucapione.

Avverso la predetta decisione proponevano appello Ba.En. e Be.Li., quest’ultimo anche quale erede di Be.Il..

Con sentenza in data 18-7-2011 la Corte di Appello di Firenze, in accoglimento del gravame, dichiarava che Ba.En. e Be.Li. avevano acquistato per usucapione la porzione di terreno di forma triangolare facente parte della particella (OMISSIS) delimitata dall’attuale muro di confine, come rappresentata graficamente nella planimetria allegata alla relazione depositata dal C.T.U.; respingeva, pertanto, la domanda dell’attore diretta ad ottenere il rilascio della porzione di terreno in contestazione e l’arretramento dei manufatti.

La Corte territoriale, pur dando atto del contrasto emerso tra le deposizioni testimoniali raccolte, riteneva sufficientemente provata la circostanza che l’attuale collocazione del muro corrispondesse a quella originaria e che, comunque, il muro era stato costruito in epoca tale da far ritenere maturata l’usucapione a favore degli appellanti. A tali conclusioni essa perveniva, in particolare, in considerazione della diversa tipologia di materiali presenti nell’attuale muro, che, secondo quanto accertato dal C.T.U., risultava realizzato per un’altezza di 50 cm. con pietrame, e per la parte superiore con blocchi di cemento alleggerito; il che, a parere del giudice del gravame, lasciava presumere che il muro in pietrame fosse stato realizzato in epoca più remota, e avallava le deposizioni dei testi V.E. – nato nel (OMISSIS) – (il quale aveva riferito di aver sempre visto, da quando aveva 15 anni, il muro nello stesso punto in cui si trovava attualmente, ed aveva dichiarato che il muro fu “arricciato” negli anni 60-70) e S.M. (la quale ha dichiarato di aver frequentato i luoghi dal 1939 fino al 1952 ed ha confermato la presenza di un muro, prima in pietra e poi intonacato).

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso B.P., sulla base di tre motivi.

Ba.En. e Be.Li. non hanno svolto attività difensive.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa e insufficiente motivazione in ordine all’acquisto per usucapione da parte di Ba.En., non contenendo le deposizioni testimonianze raccolte in corso di causa alcun riferimento al concreto esercizio del possesso da parte di quest’ultima.

Il motivo non è meritevole di accoglimento, risolvendosi nella inammissibile richiesta di un rinnovato esame delle dichiarazioni rese dai testi escussi, delle quali, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza, non trascrive nemmeno l’esatto contenuto, limitandosi a riportare brevi stralci, estrapolati dall’intero contesto.

2) Con il secondo motivo, articolato in più censure, il ricorrente lamenta, in relazione alla declaratoria di acquisto per usucapione da parte di Be.Li. e Ba.En.:

A) violazione dell’art. 2729 c.c. ed insufficienza ed illogicità della motivazione, per avere la Corte di Appello desunto dalle conclusioni peritali in merito alla tecnica costruttiva del muro elementi presuntivi privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.

B) violazione degli artt. 184, 194, 195, 87 disp. att. c.p.c. (nella formulazione vigente ratione temporis) e art. 2729 c.c. e contraddittorietà e illogicità della motivazione. Deduce, in primo luogo, che il giudice del gravame ha illegittimamente valorizzato ai fini della decisione delle fotografie asseritamente risalenti agli anni ‘50, che, come tempestivamente eccepito dall’attore alla prima udienza successiva al deposito della relazione peritale, non erano state prodotte dalla controparte nei termini decadenziali concessi alle parti ex art. 184 c.p.c. e, pertanto, non erano utilizzabili, essendo state irritualmente acquisite dal C.T.U. In secondo luogo, sostiene che l’incerta provenienza delle foto, l’impossibilità di datazione e l’impossibilità di trarne indicazioni univoche circa l’andamento del muro in contestazione minano l’evidenza documentale e le privano dei caratteri di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. Rileva, inoltre, che l’affermazione della Corte di Appello, secondo cui dalle foto non è possibile accertare l’andamento del muro, contraddice all’utilizzo delle stesse per valutare l’attendibilità dei testi escussi, dando luogo a perplessità e illogicità della motivazione.

C) violazione dell’art. 2729 c.c. e vizi di motivazione, per avere la Corte di Appello desunto un ulteriore elemento presuntivo dalla considerazione che, “se effettivamente il muro fosse stato realizzato ex novo nei primi anni ‘80 sulla proprietà B. con invasione per circa 21 mq., mal si spiegherebbe l’inerzia del proprietario danneggiato da tale vistosa invasione per tanti anni (la causa è stata introdotta dal B. nel 1996)”. Nel far presente che il B. è divenuto proprietario dell’immobile nel 1990, sostiene che, a fronte del termine ventennale di usucapione, il tempo trascorso tra l’acquisto e l’introduzione della lite non può ritenersi ingiustificatamente protratto, sì da costituire elemento presuntivo di valutazione. Deduce che la Corte di Appello non ha preso in considerazione alcune macroscopiche emergenze (quali la presenza sul terrapieno di piante non superiori a 15 anni, nonchè la domanda di sanatoria presentata dal Be. avente ad oggetto i manufatti realizzati sulla proprietà B. e la rappresentazione grafica alla stessa allegata). Rileva, inoltre, che le testimonianze rese dai testi indotti dai convenuti si riferivano, in realtà, a un muro diverso da quello per cui è causa e che, in presenza di testimonianze tra loro contrastanti e in assenza di obiettivi elementi di riscontro che consentissero di privilegiare una ricostruzione rispetto all’altra, la prova del fatto costitutivo del diritto non poteva ritenersi raggiunta, e a soffrirne era la parte convenuta, gravata dell’onere probatorio.

Il motivo deve essere disatteso.

Quanto alla dedotta inutilizzabilità delle fotografie allegate alla relazione di consulenza tecnica d’ufficio e alla mancanza di valenza probatoria di tali documenti, si osserva che, come risulta evidente dalla lettura della sentenza impugnata, i rilievi fotografici di cui il ricorrente lamenta l’irrituale acquisizione, non hanno avuto concreta incidenza sulla decisione.

La Corte territoriale, infatti, ha basato il proprio convincimento essenzialmente sul rilievo obiettivo della diversa tipologia dei materiali utilizzati nella costruzione del muro (che risulta realizzato per un’altezza di circa 50 cm. con muratura in pietrame e nella parte superiore con blocchi in cemento alleggerito), accertata dal C.T.U. attraverso l’esame diretto dei luoghi; diversa tipologia, che, ad avviso del giudice di appello, vale a confermare le dichiarazioni rese dai testi V.E. e S.M. circa l’esistenza di un muro in loco da epoca risalente.

Per contro, il riferimento in sentenza alle foto appare un argomento aggiuntivo e svolto ad abundantiam, come reso palese dall’incipit del discorso (“Fra l’altro nelle vecchie fotografie allegate alla relazione del C.T.U. compare un muro… “)

Le ulteriori deduzioni svolte dal ricorrente con il motivo in esame, attraverso la formale denuncia di violazione di legge e di vizi di motivazione, si risolvono in sostanziali censure di merito in ordine all’apprezzamento delle emergenze probatorie espresso dalla Corte di Appello.

E’ appena il caso di rammentare, al riguardo, che spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. 287-2008 n. 20518; Cass. 11-11-2005 n. 22901; Cass.12-8-2004 n. 15693; Cass. 7-8-2003 n. 11936). L’onere di adeguatezza della motivazione, inoltre, non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, nè che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. E’, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 20-11-2009 n. 24542; Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2-8- 2001 n. 10569).

Più in particolare, in materia di presunzioni, è riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito la sussistenza sia dei presupposti per il ricorso a tale mezzo di prova, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, ovverosia come circostanze idonee a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, mentre l’unico sindacato riservato in proposito al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa motivazione (tra le tante v. Cass. 4-5-2005 n. 9225; Cass. 8-112002 n. 15706; Cass. 2-10-2000 n. 13001).

Nella specie, la Corte di Appello ha dato sufficiente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di attribuire maggiore attendibilità alle deposizioni dei testi V.E. e S.M. rispetto a quelle rese dai testi indotti dall’attore, argomentando, in modo ragionevole e non incongruente, dalla diversa tipologia dei materiali utilizzati nella costruzione del muro, risultante dai rilievi svolti dal C.T.U., che lasciava presumere che la parte superiore del muro fosse stata realizzata in epoca più recente, in sopraelevazione a quella inferiore, costruita in tempi più remoti.

La decisione impugnata, pertanto, essendo sorretta da argomentazioni immuni da vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

3) Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 1362, 1363, 2700 e 2729 c.c. e vizio di motivazione, per non avere la Corte di Appello attribuito la necessaria valenza probatoria alla planimetria catastale allegata all’atto pubblico del (OMISSIS), alla quale le parti avevano fatto riferimento come documento rappresentativo della realtà di fatto.

Il motivo non è meritevole di accoglimento, proponendo censure del tutto generiche e prive di autosufficienza.

Il ricorrente, infatti, si limita a lamentare la mancata valutazione della planimetria allegata al rogito notarile del (OMISSIS), senza nemmeno indicare le parti contraenti, senza riportare il contenuto dell’atto e senza specificare se l’invocata planimetria sia stata sottoscritta dai contraenti e dagli stessi espressamente richiamata nell’atto stesso.

E’ appena il caso di rammentare, al riguardo, che nei contratti in cui è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi riferimento ad elementi estranei ad esso. Ne consegue che ove le parti di una compravendita immobiliare abbiano fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all’atto, è necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma sia anche espressamente indicata nel contratto come facente parte integrante del contenuto dello stesso (Cass. n. 21352/2014; n. 5028/2007).

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

Poichè gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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