Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2520 del 02/02/2011
Cassazione civile sez. I, 02/02/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2520
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 25412-2009 proposto da:
ABBATE FERDINANDO EMILIO in qualità di rappresentante e difensore di
Z.F. ((OMISSIS)) Z.M.
((OMISSIS)) S.R. ((OMISSIS)) vedova
Z., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANDREA DORIA 48,
presso il proprio studio;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6036/2 009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
del 7.11.08, depositata il 12/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;
udito il ricorrente nella persona dell’Avvocato Mario Di Biagio (per
delega avv. Ferdinando E. Abbate) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO
FUCCI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che l’Avv. Ferdinando Emilio Abbate, quale difensore di Z.F., S.R. vedova Z., e Z.M., con ricorso dell’11 novembre 2009, illustrato con memoria, ha chiesto – nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri – la correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza della Corte di cassazione n. 6036/09 del 12 marzo 2009, laddove la Corte, condannando “l’Amministrazione al pagamento dell’importo di Euro 9.580,00 oltre interessi legali dalla domanda”, non ha statuito, nè nel dispositivo nè nella motivazione, “per ciascuno dei ricorrenti”;
che, benchè ritualmente intimato, il Presidente del Consiglio dei ministri non si è costituito nè ha svolto attività difensiva.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che infatti – posto che nè dal ricorso nè dalla motivazione della sentenza, di cui si chiede la correzione, emerge a sufficienza la fattispecie processuale del processo presupposto: se, cioè, i ricorrenti per equa riparazione avessero autonomamente promosso essi stessi tale processo, ovvero vi avessero formalmente partecipato quali eredi e parti formalmente costituite in prosecuzione del loro dante causa – la richiesta correzione, presupponendo necessariamente detti accertamenti – in ordine sia alla eventuale qualità di “eredi” degli stessi ricorrenti per equa riparazione, sia al titolo in forza del quale i ricorrenti medesimi hanno agito, cioè se jure hereditatis ovvero jure proprio, è preclusa in questa sede;
che, in ipotesi, soltanto in forza del secondo titolo – jure proprio – a ciascuno dei ricorrenti sarebbe spettato il liquidato indennizzo di Euro 9.580,00;
che, dunque, appare evidente che il denunciato errore – ove per mera ipotesi sussistente – sarebbe qualificabile non come “materiale” bensì come “di giudizio”;
che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 9438 del 2002, pronunciata a sezioni unite, e 10203 del 2009).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 10 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011