Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 252 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 252 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 20114/2012 proposto da:
FEDELE MASSIMO (C.F.: FDL MSM 69B12 F537U), nella qualità di erede universale di
Gioffrè Annunziata, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avv. Luigi Cardone ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Manuela
Zoccali, in Roma, via G.P. da Palestrina, n. 48;

– ricorrente —

contro
GATTO CAMILLA; GATTO CONCETTINA e PUGLIESE SALVATORE;
– intimati per la cassazione della sentenza n. 358 del 2012 della Corte di appello di Reggio Calabria,
depositata 11 19 luglio 2012 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 novembre
2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria difensiva ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., depositata nell’interesse
del ricorrente;
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Data pubblicazione: 09/01/2014

sentito l’Avv. Francesco Cardone (per delega) nell’interesse del ricorrente;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Lucio Capasso, che nulla ha osservato in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p. c. in atti.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 22 aprile 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione

giudizio, dinanzi al Tribunale di Palmi, i sigg. Fondacaro Domenico, Gioffrè Annunziata e
lovane Rosaria rivendicando il rilascio, da parte dei primi due, della superficie (ubicata sul
lato sud) di mq. 513 del fondo Ciambra o Scinà (in agro di Palmi), e, da parte della terza,
della superficie di mq. 3.110 del medesimo fondo (posta sul lato nord), oltre ad instare per
il risarcimento dei danni “per rendiconto”. I convenuti, costituendosi, eccepivano di aver
acquisito per usucapione il diritto di proprietà sulle porzioni di terreno oggetto dell’azione di
rivendicazione. Esperita l’istruzione probatoria e dichiarata l’interruzione del giudizio per il
sopravvenuto decesso di Fondacaro Domenico (ritualmente dichiarato dal suo difensore),
una volta riassuntolo nei confronti dei suoi eredi, il Tribunale adito, con sentenza
depositata il 27 marzo 1997, dichiarava la contumacia di Gioffrè Annunziata nonché
l’estinzione del giudizio relativamente alle domande proposte nei riguardi di lo vane
Rosaria, statuendo, altresì, in ordine alla identificazione dei confini dell’immobile di
proprietà dei germani Gatto, rigettando ogni altra domanda e regolando le spese giudiziali.
Interposto appello da parte di Gatto Camilla e Gatto Concettina (riferito a due motivi), si
costituivano in secondo grado la Gioffrè Annunziata (che formulava, a sua volta, appello
incidentale) e la lovane Rosaria (che avanzava gravame incidentale basato sulla ritenuta
omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, in ordine alla domanda di
accertamento dell’intervenuta usucapione in suo favore). Il giudizio di appello veniva,
quindi, interrotto prima per la dichiarata morte della lo vane Rosaria (con conseguente
riassunzione nei confronti degli eredi di lovane Elisa, premorta, quale erede a sua volta
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notificato il 23 settembre 1974 le sigg.re Gatto Camilla e Gatto Concettina convenivano in

della suddetta parte) e, poi, per l’intervenuto decesso della Gioffrè Annunziata, cui seguiva
la riassunzione nei riguardi del suo erede universale Fedele Massimo, che si costituiva
ritualmente nel giudizio, nel quale si era costituito anche Pugliese Salvatore, quale erede
di lovane Elisa. Con sentenza n. 258 del 2012 (depositata 11 16 luglio 2012), la Corte di
appello di Reggio Calabria, così provvedeva: – dichiarava la nullità della sentenza

e Gatto Concettina contro lovane Rosaria; – rigettava l’eccezione di usucapione opposta
dalla stessa convenuta lovane Rosaria (riproposta in appello); – individuava i confini
dell’immobile di proprietà dei germani Gatto fu Luigi, condannando il Pugliese Salvatore ed
il Fedele Massimo (nelle loro rispettive qualità) al rilascio — in favore degli appellanti
principali – delle porzioni di terreno abusivamente possedute, oltre che alle spese del
doppio grado.
Avverso la menzionata sentenza della Corte reggina (non notificata) ha proposto ricorso
per cassazione (notificato il 7 settembre 2012 e depositato il 21 settembre successivo) il
Fedele Massimo, basato su due motivi.
Con il primo motivo ha dedotto il vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.,
con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. .
Con il secondo motivo ha denunciato il vizio di omesso esame circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, avuto riguardo alla supposta mancata pronuncia sulla eccezione di
usucapione spiegata dalla sua dante causa Gioffrè Annunziata (considerata erroneamente
qualificata dalla Corte territoriale come domanda riconvenzionale di usucapione).
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.
Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nella fattispecie, le condizioni, in relazione
all’art. 380 bis c.p.c., per pervenire al possibile rigetto del ricorso per sua manifesta
infondatezza.

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impugnata nella parte in cui aveva pronunciato sulle domande proposte da Gatto Camilla

In primo luogo, deve sottolinearsi che — secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte (cfr., ad es., tra le tante, Cass. n. 26598 del 2009; Cass. n. 7268 del 2012) —
l’omessa pronuncia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve
essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo
“error in procedendo” e della violazione dell’art. 112 c.p.c. (con riferimento all’art. 360, n. 4,

vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (come, invece, prospettato dal
ricorrente che ha richiamato l’art. 360 n. 3 c.p.c., in ordine al primo motivo, e l’art. 360 n. 5
c.p.c., in relazione al secondo motivo, malgrado entrambi attenessero alla denuncia di una
omessa pronuncia sulla eccezione di usucapione).
Ad ogni modo i motivi — esaminabili congiuntamente siccome strettamente connessi —
sono palesemente destituiti di pregio giuridico.
Infatti, per quanto emergente dagli atti (valutabili anche nella presente sede di legittimità
sulla scorta della natura processuale del vizio denunciato), si evince che la dante causa
dell’odierno ricorrente (Gioffrè Anunziata), ritualmente costituitasi, inizialmente, nel giudizio
di appello non aveva proposto rituale e tempestivo appello incidentale avverso la ritenuta
omessa pronuncia sulla eccezione di usucapione (in virtù delle risultanze desumibili dalla
comparsa di costituzione del 29/11/1997, laddove il gravame incidentale era stato limitato
al solo rilievo del supposto vizio di ultra petizione relativamente ad una delle domande di
rivendicazione attoree, instando per la nullità della sentenza di primo grado), con
conseguente preclusione della sua proposizione successiva da parte dell’avente causa
Fedele Massimo, successivamente costituitosi in appello, quale erede universale della
Gioffrè, donde la inammissibilità del relativo motivo formulato tardivamente dall’attuale
ricorrente nella sua comparsa costitutiva in appello.
A tal proposito la Corte reggina (che ha, peraltro, correttamente inquadrato la richiesta di
accertamento di usucapione come eccezione riconvenzionale e non come domanda
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c.p.c.), e non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del

riconvenzionale) ha, sul presupposto – accertato documentalmente – che la Gioffrè
Annunziata non avesse proposto uno specifico motivo di appello incidentale in ordine
all’omessa pronuncia sull’eccezione di usucapione, legittimamente ritenuto — sulla scorta
dell’esatta interpretazione dell’art. 343 c.p.c. — che il successore universale doveva
considerarsi decaduto dal diritto di riproporre tale eccezione all’atto della sua costituzione,

Alla stregua di questo corretto inquadramento giuridico delle preclusioni operanti in
appello, la Corte territoriale ha giustamente rilevato l’inammissibilità dell’eccezione di
usucapione opposta per la prima volta in secondo grado dal Fedele Massimo, nella qualità
di erede subentrante alla dante causa originariamente costituita (e che non aveva
proposto uno specifico motivo di appello incidentale sul punto).
In conclusione, si ribadisce che, nel caso in esame, sembrano emergere le condizioni per
pervenire al rigetto del formulato ricorso siccome manifestamente infondato».
Considerato che — anche sulla scorta delle puntualizzazioni dedotte dal
difensore del ricorrente nella memoria difensiva ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., nonché
degli esiti della discussione camerale — si deve ritenere che, diversamente da quanto
prospettato nella richiamata relazione, dovendosi applicare, nella fattispecie, il disposto
dell’art. 345 c.p.c. nella sua versione antecedente alla sua sostituzione intervenuta per
effetto dell’art. 52 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (sul presupposto che la
controversia in esame era stata introdotta nel 1974), l’eccezione di usucapione riproposta
in appello dall’attuale ricorrente (nella dedotta qualità) avrebbe dovuto ritenersi
ammissibile;
rilevato, invero, che — una volta qualificata dalla stessa Corte territoriale
la richiesta attinente all’invocata usucapione come eccezione (e non come domanda)
riconvenzionale ed applicandosi il pregresso regime processuale dell’art. 345 c.p.c.
(risultando pendente “ad origine” il giudizio alla data del 30 aprile 1995) — detta eccezione
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non potendo a lui attribuirsi poteri e facoltà processuali non spettanti alla sua dante causa.

avrebbe (in virtù della consolidata giurisprudenza di questa Corte: cfr., ad es., Cass. n.
8400 del 2000 e, da ultimo, Cass. n. 14852 del 2013) potuto trovare legittimamente
ingresso (anche per la prima volta) in appello (senza che fosse necessario proporre, al
riguardo, appello incidentale) fino all’udienza di precisazione delle conclusioni (come, in
effetti, era avvenuto nella specie);

grado) avrebbe potuto essere ammissibilmente riformulata nel giudizio di secondo grado
fino alla suddetta udienza e che tale onere era stato assolto dall’appellato Fedele Massimo
(costituitosi quale erede universale di Gioffrè Annunziata), che aveva, appunto, avanzato
nuovamente, entro l’indicato termine finale, tale eccezione nella comparsa depositata il 25
settembre 2006;

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente
cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa alla Corte di appello di Reggio
Calabria, in diversa composizione, che, oltre ad attenersi al riportato principio di diritto
(sull’ammissibilità in appello dell’eccezione riconvenzionale in relazione all’applicabilità
della previgente disciplina dell’art. 345 c.p.c.), provvederà anche sulle spese della presente
fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del
presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa
composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

opinato, dunque, che l’eccezione di usucapione (già proposta in primo

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