Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25198 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26372-2017 proposto da:

S.B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI VITELLESCHI 26, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO

PASSALACQUA, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PIZZUTO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA

VALENTE, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1203/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 24/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA

FRANCESCA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 20- 24 ottobre 2016 numero 1203 la Corte d’Appello di Messina accoglieva parzialmente l’appello proposto da S.B.C. e, per l’effetto, riconosceva il diritto dell’appellante all’assegno di invalidità civile, già accertato in primo grado dall’1 gennaio 2013, dalla data dell’1 gennaio 2012;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che il ctu nominato nel grado di appello aveva riconosciuto la parte invalida nella misura del 76% sicchè non era integrato il diritto a percepire la pensione di inabilità civile; quanto al motivo subordinato dell’appello, diretto alla retrodatazione del diritto all’assegno, la decorrenza fissata dal Tribunale non era conforme agli esiti della ctu disposta in quel grado, che accertava il diritto all’assegno dal gennaio 2012;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso S.B.C., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto:

– violazione e/o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – degli artt. 112 e 324 c.p.c.;

– nullità della sentenza o del procedimento – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Ha esposto che l’atto di appello era diretto al riconoscimento della pensione di inabilità civile ed, in via gradata, alla retrodatazione della decorrenza dell’assegno di invalidità. Il c.t.u. del secondo grado, in assenza di appello incidentale dell’INPS, avrebbe dovuto limitarsi a rivedere le conclusioni della consulenza disposta nel primo grado, che aveva riconosciuto la parte invalida nella misura del 90%, soltanto in ordine alla sussistenza della totale inabilità ovvero, in relazione alla domanda subordinata, quanto alla data di insorgenza del requisito sanitario dell’assegno mensile di invalidità.

Sulla percentuale di invalidità del 90%, attribuita dalla sentenza di primo grado, si era formato il giudicato interno sicchè il ctu non avrebbe potuto ridurre l’invalidità accertata alla misura del 76%.

La corte territoriale, nel far proprie dette conclusioni incorreva nel denunciato vizio di ultra petizione nonchè nella violazione del giudicato interno formatosi su un capo della sentenza di primo grado dotato di una propria autonomia, indipendente dai capi oggetto di appello;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;

che appare preliminare ad ogni considerazione in ordine alla consistenza della cd. “unità minima suscettibile di passaggio in giudicato” – (che è composta dalla intera sequenza fatto-norma-diritto) – il rilievo del difetto di interesse della parte ricorrente alla censura.

Oggetto dell’accertamento compiuto nella sentenza impugnata è il diritto all’assegno di invalidità civile; il fatto del requisito sanitario di invalidità è rilevante in causa nei limiti in cui è funzionale, in relazione alla norma della L. n. 118 del 1971, art. 13, alla attribuzione del suddetto diritto.

Con il ricorso si assume il vizio di ultrapetizione e la violazione del giudicato interno per avere la sentenza accertato, in assenza di appello dell’INPS, una invalidità del 76% piuttosto che del 90%, come dichiarata nella sentenza di primo grado.

E’ evidente che le censure, pure a volerne ipotizzare la fondatezza, non potrebbero condurre alla cassazione della sentenza impugnata, poichè dalla riduzione della percentuale di invalidità accertata, di cui si assume la contrarietà alle norme, non sarebbe comunque derivata conseguenza alcuna sul diritto all’assegno (e sulla sua decorrenza) che costituisce oggetto del giudizio: la percentuale di invalidità del 90%, rispetto alla quale la parte assume il giudicato interno, dava accesso alla medesima prestazione riconosciuta dal giudice dell’appello;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.;

Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza poichè dal ricorso in cassazione non emerge essere stata resa la dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c.;

che trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA