Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25197 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25197 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 7215-2010 proposto da:
METALSIFA S.P.A. 00132820713, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio
dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentata e
difesa dall’avvocato FARES MICHELE, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

2541
contro

AMODEO

TOMMASO

MDATMS56T11E716S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA 251, presso lo

Data pubblicazione: 08/11/2013

studio

dell’avvocato

SARACINO

MARIA,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRASSO
DONATO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 907/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito l’Avvocato SARACINO MARIA per delega GRASSO
DONATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO l che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di BARI, depositata il 12/03/2009 R.G.N. 2250/2005;

Motivi della decisione
5.- La ricorrente società con due motivi di ricorso deduce:
5.1.- Carenza di motivazione e violazione dell’art. 414 c.p.c.,
avendo il giudice erroneamente ritenuto che il lavoratore fosse addetto
con continuità anche ad altri compiti, oltre quelli di addetto alla pulizia
dei locali, avendo l’istruttoria dimostrato che le altre mansioni era
solamente occasionali e temporalmente limitate. Lo stesso lavoratore,
inoltre, aveva violato l’onere di allegazione, non avendo indicato nel
ricorso le mansioni alternative, compatibili con le sue capacità
professionali, idonee a consentire un diverso impiego; pertanto, a
carico del datore non era scattato l’onere di provare che non esisteva
nell’azienda la possibilità di una diversa utilizzazione del dipendente.
5.2.- Carenza di motivazione, in quanto il giudice nel valutare le
dichiarazioni dei testimoni non avrebbe tenuto conto di due ulteriori
circostanze e cioè: a) l’Amodeo era persona appartenente a categoria
protetta avviata obbligatoriamente al lavoro, priva di competenza
specifica in relazione al tipo di produzione effettuato nell’azienda, di
modo che — estemalizzato il servizio di pulizia — era impossibile una
9. Metalsifa spa c. Amodeo Tommaso (r.g. 7215-10)

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Svolgimento del processo
1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Lucera, Amodeo
Tommaso impugnava il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo irrogatogli in data 29.06.01 da Metalsifa s.p.a., chiedendo la
reintegrazione e il risarcimento del danno.
2.- Costituitosi il datore di lavoro, il Tribunale rigettava la
domanda rilevando che il g.m.o. andava ricercato nella insindacabile
decisione imprenditoriale di sopprimere le mansioni assegnate al
lavoratore (pulizia dei locali aziendali) e di esternalizzare il servizio
dallo stesso prestato.
3.- Proposto appello dal lavoratore, la Corte d’appello di Bari
con sentenza del 12.03.09 accoglieva l’impugnazione e dichiarava
illegittimo il licenziamento, concedendo inoltre il risarcimento del
danno. Rilevava la Corte che il lavoratore aveva provato che, oltre le
mansioni di addetto alle pulizie, egli svolgeva altri compiti rispondenti
all’inquadramento ricevuto, mentre il datore non aveva provato di non
poter utilizzare il predetto in altre mansioni compatibili con il suo
livello professionale. Risultava, inoltre, dal libro matricola che Metalsifa
aveva assunto dopo il licenziamento un altro lavoratore, che era stato
inquadrato nello stesso livello contrattuale di Amodeo ed aveva il suo
stesso livello professionale (operaio di secondo livello del cali degli
addetti all’industria metalmeccanica). Ritenendo violato l’obbligo di
repechage, la Corte riteneva illegittimo il licenziamento
4.- Propone ricorso per cassazione Metalsifa s.p.a. Si difende
con controricorso Amodeo.

9. Metalsifa spa c. Amodeo Tommaso (r.g. 7215-10)

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sua adibizione ad altre mansioni di carattere produttivo; b) il secondo
livello contrattuale, già assegnato all’Amodeo, era stato erroneamente
attribuito al lavoratore assunto dopo il licenziamento (tale Tedeschi
Luigi), tanto è vero che nel libro matricola già pochi mesi dopo lo
stesso allo stesso risultava attribuito il terzo livello.
6.- Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che in tema di
licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni
tecniche, organizzative e produttive, la giurisprudenza di legittimità
ritiene che compete al giudice il controllo in ordine all’effettiva
sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro e non il sindacato
della scelta dei criteri di gestione dell’impresa, che sono espressione
della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. In ordine
al motivo addotto, il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche
mediante elementi presuntivi ed indiziari, l’impossibilità di una
differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle
precedentemente svolte. Tale prova non deve essere intesa in modo
rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il
licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile
repéchage, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei
quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale
allegazione l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità
nei posti predetti (Cass. 8.02.11 n. 3040 e 18.03.10 n. 6559).
7.- Il giudice di merito ha accertato, con giudizio di fatto
congruamente motivato e pertanto incensurabile in sede di legittimità,
che l’Amodeo ha provato di aver svolto con continuità, assieme alle
mansioni principali di addetto alle pulizie, anche compiti ulteriori
all’interno (confezionamento di scatole di cartone, rifornimento di
carburante) e all’esterno dell’azienda (svolgimento di commissioni
varie) di basso livello professionale, ma compatibili con il suo
inidaniento
livello del cuntratto collettivo dei merahneccanki).
Lo stesso giudice ha, inoltre, accertato che meno di tre mesi dopo il
licenziamento il datore procedette all’assunzione di altro dipendente
(tale Tedeschi Luigi), inquadrandolo nella stessa posizione del
lavoratore licenziato (i1II livello).
Sulla base di questi elementi è pervenuto a due conclusioni: a)
che, seppure a livello solo indiziario, esisteva la possibilità di diversa
utilizzazione del lavoratore licenziato, pur dopo l’esternalizzazione del
servizio di pulizia locali; b) che il datore avrebbe dovuto provare che,
nonostante tale possibilità, il lavoratore non avrebbe potuto comunque
essere utilizzato in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte.
8.- Tali conclusioni sono conformi al principio di diritto sopra
enunziato. In particolare, la prova testimoniale espletata, avendo
evidenziato l’esistenza di mansioni assegnate aggiuntive (collaterali, ma

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 100 (cento) per esborsi ed in €
2.500 (duemilacinquecento) per compensi, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Roma in data 17 settembre 2013
Il Presidente

continuative), esclude che nel processo il lavoratore avesse l’onere di
indicare gli altri posti di lavoro nei quali potesse essere utilmente
ricollocato, atteso che l’esistenza degli stessi è stata per altro verso
acclarata. Conseguentemente, l’unico onere era quello della prova di
impossibile ricollocamento nascente a carico del datore, il quale, come
già visto, ad esso risulta aver fallito.
9.- Con il secondo motivo vengono dedotte alcune circostanze
di fatto che si assumono non prese in considerazione dal giudice di
merito, e cioè che Amodeo (assunto per avviamento obbligatorio)
avesse svolto funzioni meramente marginali all’interno dell’azienda e
che l’inquadramento del nuovo assunto nello stesso livello del
lavoratore licenziato fosse conseguenza di un errore di inquadramento
compiuto dalla direzione aziendale.
Mentre la pretesa “marginalità” è stata, come già evidenziato,
esclusa in fatto dal giudice, non risulta, sulla base degli atti che il
Collegio può prendere in esame, che sia stata precedentemente dedotta
nel giudizio di merito la cirenatanza che l’inguRdnmento dcl nuovo
dipendente sia stata frutto di un errore. Quesfultima circostanza è da
tìtcncir dunque inammissibilmente dedotta pet la prima volta nel
giudizio di legittimità.
10.- In conclusione, infondati i due motivi, il ricorso deve essere
rigettato con condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio.
11.- I compensi professionali vanno liquidati in € 2.500 sulla
base del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre
fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione,
decisione) ed allo scaglione del valore indeterminabile.

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