Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25196 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25196 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 28671-2008 proposto da:
PINTEA COSTANTIN PNT CST 56L16 Z129U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI N. 11 SC. H INT.
3, presso lo studio dell’avvocato DURANTI STEFANO,
rappresentato e difeso dall’avvocato CHIMERA
GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2540

contro

FONDAZIONE TEATRO MASSIMO 00262030828 in persona del
a,

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LARGO ANTONELLI 10, presso lo

Data pubblicazione: 08/11/2013

studio dell’avvocato ANDREA COSTANZO, rappresentata e
difesa dall’avvocato GARILLI ALESSANDRO, giusta
delega in ati;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

309/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

di PALERMO, depositata il 26/05/2008 R.G.N. 286/2005;

Svolgimento del processo

1.- Pintea Constantin, dipendente della Fondazione Teatro
Massimo di Palermo con la qualifica di professore di orchestra, assumendo
di aver svolto attività lavorativa anche nelle giornate di domenica,
godendo del riposo settimanale nella giornata del lunedì, chiedeva al
Giudice del lavoro di Palermo una maggiorazione retributiva pari a
quella prevista per il lavoro straordinario, a compenso della maggiore
penosità del lavoro domenicale.
2.- Costituitosi l’Ente datore di lavoro e rigettata la domanda,e
proposto appello dal dipendente, la Corte d’appello di Palermo con
sentenza del 26.05.08 rigettava l’impugnazione, ritenendo che la
maggiore penosità del lavoro domenicale fosse compensata non solo
dal riposo compensativo, ma anche da una più favorevole disciplina
collettiva rispetto al trattamento economico e normativo riconosciuto
agli altri lavoratiori. In particolare, rilevava la Corte che l’art. 64 del
contratto di categoria prevedeva per gli impiegati un orario di lavoro di
39 ore settimanali e per i professori d’orchestra (anch’essi
contrattualmente titolari di qualifica impiegatizia) il minore orario di 28
ore, con la prestazione di un orario di lavoro di sole tre ore domenicali,
oltre che un trattamento tariffario minimo di gran lunga superiore a
quello impiegatizio.
3.- Propone ricorso per cassazione il prof. Pintea; risponde con
controricorso la Fondazione.
Motivi della decisione
4.- Parte ricorrente deduce violazione degli artt. 15, 63, 64 e 66 e
della parte economica del cali dei dipendenti degli enti autonomi lirici
e delle istituzioni concertistiche del 17.01.89 ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c., nonché carenza di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
per aver ritenuto che la remunerazione del lavoro domenicale fosse
desumibile dalle norme in materia di trattamento economico.
Non sarebbe sufficiente la verifica dell’esistenza di un
trattamento più favorevole, non avendo il datore di lavoro dato la
prova dell’esistenza di eventuali maggiori vantaggi economici o
normativi pattiziamente destinati a compensare proprio il disagio insito
nel lavoro domenicale. Le grandezze considerate dalla Corte sono
disomogenee, in quanto il raffronto non è stato effettuato tra gli
orchestrali che lavorano di domenica e quelli che nello stesso giorno
riposano, ma tra soggetti che svolgono mansioni del tutto diverse, di
modo che la differenza di trattamento dovrebbe essere più

8. Pintea Constantin c. Fondazione Teatro Massimo (r.g. 28671-08)

1

gÌ-é

8. Pintea Constantin c. Fondazione Teatro Massimo (r.g. 28671-08)

2

propriamente attribuita la diverso contenuto professionale della
prestazione e non al lavoro domenicale.
Mancherebbe, inoltre, il requisito della sinallagmaticità del
maggiore trattamento economico, non essendo provato che esso fosse
direttamente collegato alla prestazione domenicale.
5.- E’ incontestato che il prof. Pintea svolgesse la sua
prestazione sulla base di sei giornate lavorative ricomprendenti la
domenica con esclusione del lunedì, destinato al godimento del riposo
settimanale.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che per i lavoratori
per i quali il riposo settimanale viene spostato a giornata diversa dalla
domenica, il diritto al compenso per la particolare penosità del lavoro
domenicale (ancorché con differimento del riposo settimanale in un
giorno diverso) può essere soddisfatto, oltre che con supplementi di
paga o con specifiche indennità, con l’attribuzione di vantaggi e
benefici economici contrattuali di diversa natura, atteso che la penosità
del lavoro domenicale può anche essere eliminata o comunque ridotta
mediante un sistema di riposi settimanali che, permettendone il
recupero in forma continua e concentrata nel tempo, risulti suscettibile
di reintegrare compiutamente le energie psicofisiche del lavoratore. E’
la contrattazione collettiva che, in questi casi, deve prevedere un giusto
equilibrio tra le esigenze di flessibilità della prestazione e il rispetto del
diritto del lavoratore (Cass. 29.07.10 n. 17725 e 28.11.01 n. 15044).
Tale impostazione riprende ed aggiorna un risalente orientamento
giurisprudenziale che, comunque, rimetteva la valutazione dei vantaggi
e benefici compensativi al giudice del merito, la cui indagine avrebbe
dovuto compiersi “in base a criteri di normalità causale e di
ragionevolezza, in rapporto causale e sinallagmatico con la prestazione
medesima” (Cass. 1.07.94 n. 6239 e, prima ancora, S.u. 18.10.91 n.
10513).
6.- Il giudice di merito si è attenuto a questi precetti accertando,
con motivazione di fatto congruamente articolata e incensurabile in
sede di legittimità, che la maggiore penosità del lavoro domenicale nel
caso di specie è compensata — in osservanza della normativa delineata
dal contratto collettivo applicato — non solo dal riposo compensativo,
ma da una riduzione dell’orario di lavoro d’obbligo e da un più alto
trattamento economico rispetto a quello del personale avente lo stesso
livello contrattuale (quello impiegatizio) e tenuto alla normale
turnazione settimanale della prestazione con riposo domenicale.
7.- Sono destituite di fondamento le due obiezioni mosse dal
ricorrente a proposito dell’incongruità del raffronto tra la sua posizione
e quella del personale impiegatizio e della mancata motivazione in

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in € 100 (cento) per esborsi ed in €
2.500 (duemilacinquecento) per compensi, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Roma in data 17 settembre 2013
Il President

punto di sinallag-maticità tra la prestazione ed il trattamento economico
e giuridico riconosciuto.
Quanto al raffronto, deve rilevarsi che il giudice di merito ha
avvicinato le due posizioni contrattuali sul piano non della natura della
prestazione, ma del trattamento riconosciuto nell’ambito del comune
livello di inquadramento, allo scopo di identificare quali fossero i tratti
distintivi dei benefici (non solo economici) riconosciuti ai professori di
orchestra. Tale raffronto è stato, dunque, effettuato nella piena
consapevolezza del diverso ruolo aziendale ricoperto dal ricorrente,
allo scopo di effettuare quella valutazione di “normalità causale e
ragionevolezza” richiesta dalla giurisprudenza.
Quanto alla pretesa mancanza di indagine sulla sinallagmaticità
del trattamento riservato, è vero che il giudice di appello non svolge
testuali affermazioni al riguardo, tuttavia, da tutto il complesso della
motivazione emerge con assoluta chiarezza che l’indagine compiuta dal
giudice ha l’obiettivo specifico di acclarare la effettiva rispondenza del
trattamento economico e giuridico riconosciuto alla prestazione del
prof. Pintea, nel rispetto del generale canone della corrispettività.
8.- Il ricorso è, pertanto, infondato e deve essere rigettato,
ponendo le spese del giudizio di legittimità a carico del soccombente.
9.- I compensi professionali vanno liquidati in € 2.500 sulla base
del d.m. 20.07.12 n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento a due delle
fasi previste per il giudizio di cassazione (studio ed introduzione) ed
allo scaglione del valore indeterminabile.

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