Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25194 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7690/2019 proposto da:

B.H., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv.to Vincenzina Salvatore;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 11/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 da Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.H., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Napoli, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a), art. 1 della Convenzione di Ginevra, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) e art. 7 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. d) ed art. 8, essendosi il decidente limitato a recepire il giudizio della Commissione territoriale senza approfondire la posizione del ricorrente in relazione segnatamente alla situazione del paese di provenienza; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14, avendo il decidente ricusato l’accesso alla protezione sussidiaria quantunque, in ragione della situazione di instabilità socio politica, la Nigeria non possa considerarsi un paese sicuro; 3) della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2000, art. 32, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, avendo il decidente ricusato l’accesso alla protezione umanitaria senza operare alcuna distinzione tra le diverse forme di protezione I accomunando nell’argomentazione di rigetto le protezioni maggiori e quella umanitaria con la conseguenza che risulta completamente omessa la motivazione del rigetto di quest’ultima.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Memoria della ricorrente ex art. 380-bis1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto condividono la medesima censura, sono affetti da pregiudiziale inammissibilità.

2.2. Il Tribunale, nel motivare l’impugnata pronuncia di rigetto delle protezioni maggiori, ha affermato, quanto agli antefatti di causa, rappresentati dal ricorrente nel riferire di essere rimasto vittima di un maleficio perpetrato in suo danno da uno zio e di voler perciò evitare la sorte dei propri fratelli successivamente deceduti, che “il narrato del richiedente non risulta credibile in quanto sprovvisto di dettagli significativi con riferimento alle motivazioni che lo avrebbero indotto ad espatriare” e che “le dichiarazioni dell’istante risultano peraltro contraddittorie con riferimento ai contatti che l’istante manterrebbe con la propria famiglia”; ciò non senza ancora notare che, laddove le riportate dichiarazioni fossero altrimenti credibili, “non sussisterebbero i presupposti per l’ottenimento di protezione internazionale, trattandosi di semplici credenze popolari che non configurano alcun tipo di pregiudizio rilevante ai fini della normativa succitata”.

2.3. Le riportate motivazioni – alle quali il decidente ha fatto pure seguire la considerazione che “al contrario di quanto sostenuto in ricorso, non si riscontrano dalle fonti di informazione assunte, atti di violenza ed efferatezze varie compiute nella zona di provenienza del ricorrente” -, lungi dal costituire pedissequa riproduzione di affermazioni della Commissione territoriale, da un lato, evidenziano il deficit di credibilità che infirma le dichiarazioni del richiedente, insuscettibili di fornire una rappresentazione minimamente coerente degli antefatti di causa e di prestarsi con ciò ad un’interpretazione univocamente orientata, il che secondo gli enunciati di questa Corte sottrae la determinazione adottata su questo presupposto ad ogni vaglio in questa sede (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340); dall’altro, segnalano l’inosservanza da parte del ricorrente dell’onere di allegazione in ordine ai fatti costitutivi della pretesa che, pur a fronte di un’attenuazione dell’onere probatorio, nella materia di che trattasi comunque compete al richiedente asilo assolvere, inosservanza parimenti ostativa, ancora secondo la giurisprudenza di questa Corte, all’attivazione dei compiti di cooperazione istruttoria, qualunque sia la forma di protezione invocata (Cass., Sez. I, 12/06/2019, n. 15794).

2.4. Ne discende che, non esponendosi a nessuna delle declinate censure di diritto, l’impugnato assunto decisorio si sottrae al preteso scrutinio e ciò di cui il ricorrente si duole è nulla di più che l’espressione di un mero dissenso sul merito della decisione, a cui però non è compito questa Corte dare seguito.

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Il Tribunale nel dare conto delle ragioni del pronunciato rigetto sul punto ha affermato che “dal racconto del ricorrente, non emergono nemmeno le ragioni di carattere umanitario per accordare al richiedente la protezione residuale dal momento che lo stesso non ha dichiarato di essere affetto da una patologia di rilievo, è di età adulta e non appare possedere profili di vulnerabilità tali da far concludere che un rientro nel paese di origine lo esporrebbe a situazioni umanitarie di particolare complessità o gravità”.

A fronte delle riportate considerazioni, che mettono la decisione al riparo dal dedotto vizio di nullità, la critica altrimenti svolta con il motivo si rivela del tutto generica ed è indirizzata unicamente a rinnovare il sottostante giudizio di fatto, rendendosi per questo inammissibile.

4. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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