Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25191 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 23/06/2017, dep.24/10/2017),  n. 25191

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14229-2016 proposto da:

UNICREDIT SPA, e per essa DOBANK SPA, in persona del Quadro

Direttivo, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE A. DA

BRESCIA 9-10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA FIORETTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GUIDO UBERTO TEDESCHI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SENECA, 73, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO MORRICONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO CORRA’;

– controricorrente –

avverso il Decreto n. R.G. 2865/2015 del TRIBUNALE di PARMA,

depositato il 02/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/06/2017 dal Consigliere Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto del 2 maggio 2016 il Tribunale di Parma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta da Unicredit Credit Management Bank s.p.a., in nome e per conto di Unicredit s.p.a., con riguardo al credito da quest’ultima vantato nei confronti del Fallimento (OMISSIS) s.r.l.: credito riconosciuto da un decreto ingiuntivo che al momento dell’apertura della procedura concorsuale non era stato munito dell’esecutorietà, a norma dell’art. 647 c.p.c.. Secondo il Tribunale, non potendosi affermare che il decreto ingiuntivo fosse passato in giudicato prima della dichiarazione di fallimento, doveva escludersi che esso fosse opponibile alla procedura.

2. – Il provvedimento è stato impugnato per cassazione da doBank s.p.a. (nuova denominazione sociale di Unicredit Credit Management Bank) con un ricorso, illustrato da memoria, che si basa su due motivi. Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 641,642,645,647 e 656 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., del R.D. n. 267 del 1942, artt. 52ss. 93 ss. (L.Fall.). Le censure possono riassumersi nelle seguenti proposizioni: il decreto ingiuntivo passa in giudicato con lo scadere del termine perentorio stabilito per l’introduzione del giudizio di opposizione, onde la pronuncia di esecutorietà ex art. 647 c.p.c., non rileva ai fini dell’opponibilità del provvedimento monitorio al fallimento; col decreto di esecutorietà si fa luogo all’apposizione della formula esecutiva, la quale in tanto si giustifica, in quanto il decreto non sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo dal giudice che lo ha emesso: in conseguenza, ove il decreto sia già munito dell’esecutorietà (come è nella fattispecie), la prova della mancata impugnazione del decreto può essere data con certificazione rilasciata dal cancelliere attestante la mancata opposizione (art. 124 disp. att. c.p.c.); se è vero, infine, che la dichiarazione di cui all’art. 647 c.p.c. può aver luogo solo dopo la scadenza del termine per l’opposizione, detta dichiarazione ha effetto dal momento del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.

1.1. – Con il secondo mezzo è denunciata “violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi considerati in riferimento al motivo precedente”, nonchè della L.Fall., art. 67. Viene esposto che in ragione della ritenuta inopponibilità del decreto ingiuntivo si era esclusa dal passivo fallimentare il diritto della banca avente ad oggetto l’ipoteca giudiziale iscritta in base al provvedimento monitorio provvisoriamente esecutivo. Oppone la ricorrente che il decreto ingiuntivo era passato in giudicato, e risultava, quindi, opponibile al fallimento: sicchè la garanzia ipotecaria non poteva essere esclusa dal passivo fallimentare.

2. – I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la continuità logica in cui si pongono le questioni da trattarsi, sono manifestamente infondati.

Occorre rilevare, infatti, che, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte – da cui il Collegio non trova ragione di discostarsi – il decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall’art. 124 o dall’art. 153 disp. att. c.p.c. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione e a cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo – non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà – non è passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non è opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 c.p.c., venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi della L.Fall., art. 52 (Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 31 gennaio 2014, n. 2112; cfr. pure: Cass. 11 ottobre 2013, n. 23202; Cass. 23 dicembre 2011, n. 28553; Cass. 13 marzo 2009, n. 6198; Cass. 26 marzo 2004, n. 6085). Nè rileva che il decreto ingiuntivo fosse stato dichiarato provvisoriamente esecutivo dal giudice che lo ha emesso, a norma dell’art. 642 c.p.c., giacchè, per quanto osservato, il passaggio in giudicato del provvedimento non si compie prima della spendita dell’attività giurisdizionale di cui all’art. 647 c.p.c., la quale – come è del tutto evidente risulta necessaria anche nel caso in cui il provvedimento monitorio sia stato reso esecutivo in via provvisoria. E’ del resto incontestabile che il decreto provvisoriamente esecutivo non è equiparabile alla sentenza non ancora passata in giudicato (di cui alla L.Fall., art. 96, comma 2, n. 3), la quale viene pronunciata nel contraddittorio delle parti, ed è, come tale, totalmente privo di efficacia nei confronti del fallimento (Cass. 27 maggio 2014, n. 11811, per il caso di dichiarazione di fallimento soppravvenuta nel corso del giudizio di opposizione).

L’inopponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo importa, come conseguenza, che sia inopponibile al fallimento anche l’ipoteca giudiziale iscritta in forza della provvisoria esecutività del provvedimento monitorio concesso, giusta l’art. 655 c.p.c. (Cass. 27 maggio 2014, n. 11811 cit.).

3. – Il ricorso è dunque rigettato.

4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti perchè la parte principale proceda al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 Sezione Civile, il 23 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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