Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25190 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2019, (ud. 08/05/2019, dep. 08/10/2019), n.25190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23503-2016 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANO PILO;

– ricorrente –

contro

AIMERI AMBIENTE s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 265/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

Sezione di SASSARI, depositata il 28/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO

Che:

M.M., con ricorso proposto ai sensi della L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 48, ha impugnato il licenziamento intimatogli per giusta causa in data 20/5/2013 dalla Aimeri ambiente S.r.l.;

il Tribunale di Sassari ha rigettato l’impugnazione e la successiva fase di opposizione si è conclusa con sentenza dichiarativa della estinzione del procedimento;

proposto reclamo dinanzi alla Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, la Corte, con sentenza pubblicata il 28/7/2016, ha riformato la sentenza, ritenendo che il procedimento di opposizione fosse stato regolarmente e tempestivamente instaurato, sì da escludere l’estinzione; e ha deciso nel merito, confermando il rigetto dell’impugnativa del licenziamento;

la Corte ha ritenuto provato il fatto contestato, posto a fondamento del licenziamento, e in particolare l’aggressione fisica commessa dal lavoratore in danno di un superiore gerarchico, accompagnata da ripetuti colpi inferti all’autovettura da questo condotta e da minacce gravi;

contro la sentenza, il lavoratore propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, mentre la società intimata non svolge attività difensiva;

la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso il M. denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ed il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

assume che fin dal primo grado aveva negato di aver aggredito il capo servizio, procurandogli lesioni; in realtà, era accaduto che, a seguito di una discussione sorta con il suo superiore – che, ricevuta per strada la comunicazione della sua assenza dal servizio, gli aveva rivolto delle ingiurie -, si era solo avvicinato al veicolo da questi condotto, senza tuttavia aggredirlo fisicamente;

tali circostanze di fatto erano emerse dalle prove testimoniali assunte dalla Corte d’appello di Sassari e del tutto trascurate;

il motivo è inammissibile;

sulla denunciata violazione di legge, è sufficiente ricordare che la violazione dell’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. 23/10/2018, n. 26769);

tali condizioni non sussistono nel caso di specie;

il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass.12/10/2017, n. 23940);

quanto al vizio motivazionale, premesso che la Corte ha compiutamente espresso le ragioni per le quali ha ritenuto provata la condotta del lavoratore, indicando gli elementi di prova a sostegno dell’operata ricostruzione fattuale, ivi comprese le ammissioni dello stesso ricorrente e la certificazione medica rilasciata al superiore gerarchico dal pronto soccorso di Alghero nell’immediatezza dei fatti, sicchè la sentenza è certamente rispondente al minimo costituzionale previsto dall’art. 132 c.p.c., va ricordato che anche prima della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, era costante l’affermazione che tale norma non conferisse alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento;

il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

il “fatto storico” censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 5, non può identificarsi genericamente con l’errata o contraddittoria valutazione degli elementi di prova raccolti in giudizio: un migliore, più appagante, coordinamento degli stessi non denuncia un vizio logico, se la motivazione, adottata in concreto, rientra nell’ambito della discrezionalità valutativa del giudice di merito, senza violare le regole logiche o le leggi della razionalità (Cass., 26 febbraio 2003, n. 2869; Cass., 13 dicembre 2013, n. 27944);

tantomeno sussiste vizio di motivazione sol perchè “vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati”, altrimenti “il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito, che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione”(Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24148; Cass. Sez.Un. 8053/2014);

in definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, mentre nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato, in mancanza di svolgimento di attività difensiva da parte della società intimata; l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio esclude la sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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