Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25185 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11511/2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso Corte

Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato CRUPI FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 413/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 da Dott. GORJAN SERGIO;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.A. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Torino avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Novara, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè accusato, benchè innocente, di esser dedito al traffico di droga in quanto autotrasportatore e, dopo un primo arresto, d’esser stato nuovamente arrestato; fuggito dal carcere, era espatriato, sicchè non intendeva far ritorno in Ghana poichè ricercato per l’evasione.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso dell’ A. rilevando come il racconto reso dal richiedente asilo non era credibile; non concorreva nel Ghana situazione sociopolitica caratterizzata da violenza diffusa o guerra civile ed, inoltre, non sussistevano le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale, l’ A. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Torino che, resistendo il Ministero degli Interni, rigettò l’impugnazione condividendo la conclusione che il racconto del richiedente protezione non era affidabile e, comunque, non concorrenti i requisiti di legge per riconoscere lo status di rifugiato ovvero la protezione sussidiaria.

In ordine alla protezione umanitaria, la Corte distrettuale osservava come non risultava addotta alcuna condizione di vulnerabilità, mentre i dati afferenti il percorso d’integrazione erano inadeguati allo scopo.

L’ A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte cisalpina articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da A.A. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con la prima ragione di doglianza il ricorrente lamenta violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3, 5 e 7 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver il Collegio subalpino attivato i suoi poteri officiosi istruttori, specie al fine di assumere adeguate ed attuali informazioni circa la situazione socio-politica del Ghana.

In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte cisalpina non abbia rispettato i dettami legislativi in materia di valutazione delle sue dichiarazioni, enfatizzando non decisive discrasie tra le sue varie narrazioni, rese nel corso del procedimento, nonchè imprecisioni su particolari marginali, in contrasto con l’insegnamento del Supremo Collegio sul punto.

Inoltre i Giudici piemontesi non hanno ritenuto, pur concorrendone le condizioni, di attivare la loro facoltà di integrazione istruttoria ed – anche ciò in contrasto con l’insegnamento di questo Supremo Collegio al riguardo.

La censura s’appalesa inammissibile, posto che l’argomentazione critica si riduce a mera contestazione del decisum, reso dalla Corte territoriale, sulla scorta di una svalutazione della valenza – ai fini della credibilità – delle discrasie presenti nei vari narrati resi dall’ A., indicate dai Giudici di merito a sostegno della decisione; contestazione supportata, anche, da ritrascrizione di arresti di legittimità, ma senza un effettivo confronto con la motivazione illustrata dalla Corte torinese a supporto della sua statuizione.

Difatti il Collegio cisalpino ha puntualmente messo in evidenza – siccome già il primo Giudice – le discrasie su particolari di assoluto rilievo ai fini della credibilità del narrato reso dal ricorrente in ordine alla persecuzione giudiziaria alla base della sua decisione di espatriare e parte ricorrente si limita a qualificare come di minimo rilievo dette discrasie, così palesando come la sua censura si riduca a mera contestazione del decisum in forza di valutazione alternativa del significato delle sue dichiarazioni.

La non credibilità incide anche sull’onere di attivare istruzione officiosa, posto che in difetto di racconto credibile non sussiste materia d’indagine – Cass. sez. 1 n. 10286/20 -.

Con la seconda doglianza l’ A. lamenta violazione delle disposizioni D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3 e 14 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in tema di protezione sussidiaria ed umanitaria, poichè il Collegio cisalpino ebbe ad escludere la concorrenza dei requisiti fattuali richiesti per dette protezioni.

In particolare l’ A. rileva come il Collegio subalpino non ebbe a valutare la situazione delle carceri ghanesi, nelle quali non vengono rispettati i minimi diritti umani – acome risulta da informazioni rese da organismi internazionali ed arresti di merito in relazione ad altri cittadini ghanesi e della Corte Europea -, sicchè l’argomento fondato sulla liceità per ogni Stato di punire i colpevoli di gravi reati non supera detto dato,che consente il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b).

Inoltre la Corte cisalpina non ha considerato la grave violazione dei suoi diritti durante il processo, che si concluse con la sua condanna ad dieci anni di reclusione, poichè svoltosi senza difensore e senza sua possibilità di fornire la sua versione dei fatti.

Infine la Corte territoriale non aveva considerato l’assenza di suoi legami personali in Ghana e le traversie patite in Libia, sicchè sussistevano sue condizioni di vulnerabilità ed elementi lumeggianti il suo avvenuto inserimento sociale in Italia.

L’argomento critico svolto dalla ricorrente si compendia in apodittiche affermazioni e nella riproposizione del suo narrato a supporto dell’indicazione di concorrenza di sua condizione di vulnerabilità.

Ma una volta che la Corte di merito ha ritenuto non credibile il narrato del richiedente protezione, la questione della situazione delle carceri ghanesi e della modalità di svolgimento del processo non assumevano rilievo, poichè situazioni non ritenute esistenti; inoltre i Giudici subalpini hanno precisato che l’ A. alcuna altra sua specifica condizione di vulnerabilità aveva messa in rilievo.

In questa sede il ricorrente cenna al fatto di non avere famiglia in Ghana e d’esser ivi privo di fonti di sostentamento ed enfatizza le traversie subite in Libia. Tuttavia di tali fatti non risulta menzione nella sentenza impugnata ed il ricorrente non indica se e come ebbe a sottoporre al Collegio cisalpino dette questioni, posto che la Corte piemontese ha puntualmente osservato come alcuna altra – rispetto alla condanna penale – condizione di vulnerabilità risulta proposta in sede d’appello, sicchè comunque il rilievo in questione pecca di non autosufficienza.

La Corte cisalpina poi ha partitamente esaminato il dato fattuale correlato all’attività svolta in Italia dal richiedente asilo ai fini dell’integrazione sociale e ritenuto che, ex se, detto solo dato non consentiva l’accoglimento della domanda afferente la protezione umanitaria in difetto di condizione di vulnerabilità, stante – Cass. sez. 1 n. 4455/18, Cass. SU n. 29459/19 – la necessità di una valutazione globale di tutti di dati all’uopo necessari.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata resistenza dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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