Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25183 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29732-2017 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

NICOLA PORRAZZO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587,

in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. 05870001004, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO;MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 171/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ALFONSINA DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della pronuncia del Tribunale di Larino, ha rigettato l’opposizione proposta da C.V., ingegnere, avverso l’avviso di addebito con cui l’INPS gli aveva richiesto il pagamento di contributi dovuti alla Gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, in relazione all’attività libero-professionale dallo stesso svolta in concomitanza con l’attività di lavoro dipendente per la quale risultava iscritto presso altra gestione assicurativa obbligatoria;

avverso tale pronuncia C.V. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi;

l’Inps ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo di censura, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, il ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, la motivazione della sentenza gravata risolvendosi nella mera elencazione di articoli di legge, impedirebbe al ricorrente di comprendere l’iter logico – argomentativo seguito dalla Corte territoriale; la lacunosità e superficialità in merito alle questioni di diritto poste dal ricorrente costituirebbero causa di nullità della sentenza;

con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta ” Violazione ed errata applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, così come autenticamente interpretato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con L. n. 111 del 2011, in ordine all’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS dei soggetti esercenti per professione abituale, ancorchè esclusiva, attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1, del T.U. delle imposte sui redditi” per avere la Corte di merito statuito l’esistenza dell’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS da parte del ricorrente per l’attività di lavoro autonomo svolta, quale ingegnere, sebbene lo stesso fosse iscritto all’INARCASSA e, con riguardo al versante previdenziale, alla gestione previdenziale obbligatoria dipendenti privati;

il primo motivo è infondato;

la sentenza gravata ricava la ratio dell’estensione ai lavoratori autonomi dell’obbligo dei versamenti contributivi dall’espresso riferimento ad una lettura sistematica delle norme in materia, che elenca;

nella motivazione afferma poi sinteticamente che ” In altri termini la normativa de qua è finalizzata ad estendere ai lavoratori autonomi l’assicurazione obbligatoria IVS, viceversa tali soggetti sarebbero sottratti alla contribuzione previdenziale” (p. 4 sent.);

l’orientamento consolidato di questa Corte, rispetto alle contestazioni di lacunosità e/o di apparenza della motivazione esclude – a determinate condizioni – il vizio di nullità della sentenza; le Sezioni Unite hanno ritenuto in proposito che la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto debba ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame; “…In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perchè erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto.” (Sez.Un. 2731 del 2017);

ancora, va richiamata la recente sentenza della Sezione lavoro, la quale ha ribadito il potere della Corte di Cassazione di integrare e/o correggere una motivazione del giudice di merito omessa o lacunosa, qualora il difetto rilevi in relazione a questioni di diritto e non di fatto: “Il ricorso per cassazione che denunci il vizio di motivazione della sentenza, perchè meramente apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., non può essere accolto qualora la questione giuridica sottesa sia comunque da disattendere, non essendovi motivo per cui, un tale principio, formulato rispetto al caso di omesso esame di un motivo di appello, e fondato sui principi di economia e ragionevole durata del processo, non debba trovare applicazione anche rispetto al caso, del tutto assimilabile, in cui la motivazione resa dal giudice dell’appello sia, rispetto ad un dato motivo, sostanzialmente apparente, ma suscettibile di essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c.” (Cass. n. 6145 del 2019);

la sentenza gravata, con motivazione sintetica, ha dato corretta attuazione al principio di diritto secondo cui, in base alle norme vigenti, l’obbligo dell’iscrizione alla gestione separata Inps deve intendersi riferito al libero professionista che percepisca un reddito derivante non solo dall’esercizio abituale (ancorchè non esclusivo), ma anche occasionale (entro il limite monetario indicato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con L. n. 326 del 2003) di un’attività professionale;

dal mancato accoglimento del primo motivo consegue l’infondatezza del secondo motivo;

la soluzione offerta dal giudice dell’appello è conforme al recente orientamento di questa Corte, a termini del quale gli ingegneri e gli architetti che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirata la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo d’iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (conv. con L. n. 111 del 2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, cui ha dato seguito, a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Sesta sezione n. 19124 del 2018, Cass. n. 32166 del 2018);

in definitiva, il ricorso va rigettato, e le spese del giudizio di legittimità sono compensate in considerazione del consolidarsi dell’orientamento di legittimità, solo in tempo assai recente;

in virtù dell’esito del giudizio, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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