Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25181 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8378/2019 proposto da:

S.B., elettivamente domiciliato in Roma, presso Corte

Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato PRATICO’

ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1487/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 02/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 da Dott. GORJAN SERGIO;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.B. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Torino avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè aveva infranto una disposizione emanata dall’allora Presidente – 2014 – che vietava di giuocare a calcio in determinati periodi dell’anno e, denunziato per tale infrazione, alla Polizia, era fuggito in Senegal quindi in Libia ed, infine, era giunto in Italia.

Il Tribunale rigettò il ricorso ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo e comunque, stante la caduta del Presidente-dittatore allora in carica, venuto meno ogni pericolo in relazione alla persecuzione narrata.

Inoltre il Tribunale valutava che la situazione socio-politica del Gambia non palesava i connotati della violenza diffusa e che nemmeno concorreva condizione di vulnerabilità ovvero elementi lumeggianti significativo inserimento sociale in Italia del S. ai fini della protezione umanitaria.

Il S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte subalpina articolato su unico motivo.

Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal S. risulta inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -.

Con l’unico mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla norma D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, poichè i Giudici distrettuali hanno omesso d’esaminare fatto storico decisivo ossia il divieto penale del giuoco del calcio.

Osserva difatti il ricorrente come la Corte subalpina non abbia valutato l’articolo di stampa, da lui dimesso in atti, riguardante proprio il divieto – penalmente sanzionato – del giuoco del calcio in determinati periodi dell’anno, limitandosi a negare l’esistenza di un divieto posto da fonte normativa, così omettendo l’esame di un fatto rilevante ai fini della decisione.

L’articolata censura appare generica poichè non si confronta in concreto con la puntuale argomentazione esposta dal Collegio cisalpino che, oltre a richiamare e far propria l’argomentazione esposta dal Tribunale, ha – con ulteriore ratio decidendi – messo in evidenza come al momento della decisione – ed invero già dal 2016 – non sussisteva più ragione fattuale a supporto del timore paventato dal richiedente asilo in caso di rimpatrio.

Difatti la Corte territoriale ha rilevato come il Presidente-dittatore – al potere nel 2014 ed asserito autore del divieto penalmente sanzionato – era stato estromesso dal governo del Paese a seguito di libere elezioni che hanno portato al governo altro Presidente.

Detta ratio decidendi autonoma e già adeguata ex se a sostenere la decisione presa non risulta specificatamente attinta con censura.

Inoltre deve questa Corte notare come il vizio di legittimità regolato dalla norma ex art. 360 c.p.c., n. 5, afferisce a fatto storico e, non già, alla valutazione delle prove versate in atti.

E nella specie il fatto storico – divieto penalmente sanzionato del giuoco del calcio in determinate stagioni dell’anno – risulta, per lo stesso svolgimento dell’argomento critico di censura, esaminato dalla Corte cisalpina che lo ha ritenuto insussistente – ed in concreto il S. lamenta una – a sua opinione – inadeguata valutazione dell’intero materiale probatorio al riguardo versato in atti,

Questione che attiene squisitamente al prudente apprezzamento discrezionale del Giudice di merito e non può mai configurare il vizio denunziato.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata resistenza dell’Amministrazione evocata. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

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