Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25180 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23924-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2192/4/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Campania – SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO, emessa il

12/01/9015 e depositata il 04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA Giulia.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di C.A. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania Sezione staccata di Salerno n. 2192/04/2015, depositata in data 4/03/2015, con la quale – in controversia concernerne l’impugnazione di avviso di accertamento, emesso, per IRPEF dovuta in relazione all’anno d’imposta 2006, a seguito di rideterminazione del reddito d’impresa della Centro Servizi Ambientali sas di Barbero Andrea & C., atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione, e di conseguente rideterminazione del reddito da partecipazione dei soci, ex art. 5 del TUIR, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente (in punto di non debenza delle sanzioni, non essendo il socio receduto responsabile di comportamenti tenuti dalla società) accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente (assorbiti gli altri motivi e l’appello incidentale promosso dall’Agenzia delle Entrate, in ordine al capo della decisione impugnata riguardante le sanzioni), hanno sostenuto che l’avviso di accertamento doveva essere annullato perchè privo dell'”allegazione dell’atto presupposto” (non essendo stato notificato al socio accomandante l’atto impositivo riguardante la società) e “mancante della riproduzione del contenuto essenziale di quest’ultimo”, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e L. n. 212 del 2000, art. 7.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 112 c.p.c., avendo i giudici d’appello pronunciato su questione, non rilevabile d’ufficio, mai sollevata dal contribuente, vale a dire l’omessa comunicazione dell’avviso di accertamento diretto alla società; 2) con il secondo motivo, la violazione, sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3, del cit. D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, art. 5 del TUIR, art. 2261 c.c. e art. 2320 c.c. comma 3, dovendo ritenersi assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento rivolto al socio anche con il richiamo ad elementi di farro inerenti l’atto impositivo rivolto alla società; 3) con il terzo motivo la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 101 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, avendo la C.T.R. applicato erroneamente i principi del litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, in fattispecie nella quale esso non operava, essendosi la parte limitata a sollevare questioni di carattere personale relative alla propria posizione di socio ossia al preteso recesso dalla compagine sociale.

2. Preliminarmente, la questione del litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, in materia tributaria, in forza dell’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, qui non rileva, atteso che il socio accomandante, nel presente giudizi o, prospettava questioni personali (la propria estraneità dalla compagine sociale per recesso, comunicato alla società sin dall’anno della sua costituzione, cfr. Cass. S.U. 14815/2008).

3. Le prime due censure, da esaminare congiuntamente in quanto connesse, sono fondate.

La C.T.R. ha annullato l’atto impositivo per un vizio di motivazione, in quanto non accompagnato dalla notifica dell’accertamento societario da cui era derivato il maggior reddito da partecipazione, ritenuto insufficiente il richiamo ivi operato (essendo stato riprodotto, nel presente ricorso per cassazione, per estratto il contenuto dell’avviso di accertamento qui impugnato), pur non essendosi la parte contribuente doluta, in primo grado, di tale carenza dell’ano impositivo.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato, con indirizzo cui va data continuità, che la nullità dell’avviso di accertamento – anche sotto il profilo del difetto di motivazione – non e rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, e inammissibile qualora venga proposta per la prima volta nei gradi successivi (Cass. 13126/2016; Cass. n. 10802 del 2010; Cass. 5 giugno 2002, n. 8114; Cass. n. 13087 del 2003).

Non risulta, dal contenuto del ricorso introduttivo riprodotto in sede di ricorso per cassazione e dall’esame degli atti, che il ricorrente avesse lamentato il suddetto vizio di motivazione dell’avviso di accertamento.

3. La terza censura è inammissibile, in quanto inconferente rispetto al decisum.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame del menu).

Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese dei presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. della Campania.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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