Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2518 del 04/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 2518 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 6431-2007 proposto da:
D’ARMENTO SEBASTIANO, già elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE PARIOLI 50, presso lo studio dell’avvocato
PICONE GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato
CANDIANO ORLANDO MARIO, giusta delega in atti e da
ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
2012

SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

4235
contro

RETE RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE
DELLO STATO SOCIETA’ DI TRASPORTI E SERVIZI PER

Data pubblicazione: 04/02/2013

AZIONI), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato OZZOLA
MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta delega
in atti;

avverso la sentenza n. 2195/2006 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 27/12/2006 r.g.n. 2236/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato BIANCO MARIA GRAZIA per delega OZZOLA
MASSIMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

controricorrente –

Udienza dell’Il dicembre 2012 — Aula A
n. 15 del ruolo — RG n. 6431107
Presidente:Miani Canevari – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata, in accoglimento dell’appello di Rete Ferroviaria
Italiana (d’ora in poi: RFI) s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Bari del 18 febbraio 2003,
riforma tale sentenza, che aveva accolto la domanda di Sebastiano D’Armento, dichiarando il
carattere professionale della malattia denunciata dal lavoratore il 7 novembre 1989, con
conseguente condanna della datric-e di lavoro RH a corrispondere una rendita pari al 15%.
La Corte d’appello di Bari, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il CTU nominato in primo grado ha accertato che il D’Armento è affetto da “spondilartrosi
cervicale e lombare con ernia discale L3-L4 a discreta incidenza funzionale” ed ha quantificato
l’inabilità permanente, in via equitativa al 15%, ma ha omesso di svolgere un’analisi convincente
sul rapporto tra la suddetta patologia e l’attività lavorativa svolta;
b) pertanto, in appello, è stato nominato un nuovo CTU docente di medicina legale e del
lavoro, che ha confermato la sussistenza della spondilartrosi cervicale e lombare ma ha escluso che
essa rientri nelle tabelle allegate al t.u. sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
c) il secondo CTU ha anche nettamente escluso che la malattia sia stata contratta
nell’esercizio e a causa delle mansioni di capostazione svolte dal lavoratore;
d) in particolare il consulente ha negato la sussistenza di un qualsiasi rapporto causale o
concausale tra il lavoro svolto e la malattia;
e) la relazione del CTU di appello risulta ben motivata e quindi l’appello va accolto e la
domanda respinta.
2.— Il ricorso di Sebastiano D’Armento, illustrato da memoria, domanda la cassazione della
sentenza per quattro motivi; resiste, con controricorso, RFI s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

Con il primo, il terzo e il quarto motivo si denunciano, in relazione all’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ., omissioni di motivazione, rilevandosi rispettivamente, che:
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

b) la Corte territoriale ha aderito incondizionatamente alle conclusioni del CTU d’appello,
benché le stesse siano state redatte — diversamente da quelle del primo CTU — senza alcun
riferimento alle nozioni della scienza medica in ordine alla malattia artrosica e senza riferimenti alle
concrete disagevoli condizioni in cui il ricorrente ha svolto il proprio lavoro di capostazione (terzo
motivo);
e) la Corte d’appello non ha fornito alcuna giustificazione della preferenza accordata alla
seconda delle due relazioni dei CTU, onde spiegare adeguatamente le ragioni della ritenuta
esclusione di una probabilità qualificata di incidenza causale e concausale dell’attività lavorativa
rispetto alla malattia (quarto motivo).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
dell’art. 41 cod. pen., sostenendosi che proprio perché la malattia in oggetto è multifattoriale
nessuna probabile causa può essere esclusa, tanto più sulla base delle risultanze della prova
testimoniale.
Il

Esame delle censure

2.— I quattro motivi del ricorso — da esaminare congiuntamente data la loro intima
connessione — sono inammissibili per molteplici ragioni.
2.1.— In primo luogo, va considerato che si tratta di un ricorso che — avendo ad oggetto una
sentenza pubblicata mediante deposito in data successiva al 2 marzo 2006 e antecedente il 4 luglio
2009 — è soggetto alle regole di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ. (abrogato da parte dell’art. 47
della legge 18 giugno 2009, n. 69, con la suddetta decorrenza).
Va pertanto ricordato che, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte,
l’indicato art. 366-bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del
ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo,
una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., ovvero del motivo
previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito
della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva)
va fimzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di
diritto ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove
venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (il cui oggetto riguarda il solo
iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da
rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso — in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria — ovvero delle ragioni per le
2

a) la Corte barese avrebbe fatto proprie acriticamente le conclusioni del CTU di appello senza
spiegare le ragioni della preferenza accordata a tali conclusioni rispetto a quelle del CTU di primo
grado, senza dare conto delta dettagliata motivazione detta sentenza di ptimo grado -, senza
considerare le risultanze della prova testimoniale, che aveva evidenziato l’esposizione al freddo e
all’umidità del ricorrente, capostazione di una piccola stazione sita vicino al mare (primo motivo);

quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (vedi, per
tutte: Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556).
Nella specie la suddetta normativa non è stata rispettata in quanto il secondo motivo (in cui si
prospetta una violazione di legge) non risulta illustrato da alcun quesito di diritto e gli altri tre (in
cui si prospettano vizi di motivazione) sono del tutto privi del prescritto momento di sintesi.

a) il ricorso non risulta neppure conforme al principio di specificità dei motivi del ricorso per
cassazione — da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali”
— in base al quale il ricorrente che denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di
un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha
l’onere di indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del
documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il
contenuto essenziale), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne
l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice
onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di
inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del
ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione
di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e
soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile
2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726);
b) nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto
nell’intestazione del terzo motivo, tutte e quattro le censure si risolvono nella denuncia di vizi di
motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai
fini della ricostruzione dei fatti, mentre è jus receptum che. la deduzione con il ricorso per
cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di
legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di
controllo della correttezza giuridica e- della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice
del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma
valutazione delle risultanze probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non
possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta
dal Giudice de merito (vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2(111, n.
9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731;
Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Invero, le doglianze mosse dall’attuale ricorrente non risultano attenere all’iter logicoargornentativo che sorregge la decisione — che, peraltro, risulta congruo e chiaramente individuabile
— ma si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse
prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice del merito in senso contrario alle
aspettative del medesimo ricorrente e si traducono, quindi, nella richiesta di una nuova valutazione
del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
3

2.2.— Ai suddetti rilievi, di per sé sufficienti per la dichiarazione di inammissibilità, può
soggiungersi che:

III — Conclusioni

3.— Alle esposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la
condanna del ricorrente a1 pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nella misura
indicata in dispositivo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il giorno 11 dicembre
2012.

P.Q.M.
ìittiikAM MA: S,S. (49 CALa Corte dichiara il ricorso lutweibilintintr, e condanna
ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 40,00 (quaranta/00) per esborsi, euro
2500,00 (duemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

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