Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25179 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 25179 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA
sul ricorso 20966-2011 proposto da:
BOLLA MARIA PIA BLLNIRP38T64F839M, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CARLO PONIA 2, presso lo studio
dell’avvocato TROILO GREGORIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PIERRO ROBERTO giusta procura in calce
al titoiso;

– ricorrente –

con tro
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
97099470581, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 08/11/2013

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;

– controricorrente avverso la sentenza n. 3662/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito l’Avvocato Triolo Gregorio difensore della ricorrente che si
riporta al ricorso;
udito l’Avvocato Giacobbe Daniela (Avvocatura) difensore del
controricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha
concluso per rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Maria Pia Bolla ha ottenuto dal Tribunale di Roma decreto ingiuntivo
recante condanna del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali a
pagare la somma di € 36.237,43, quale compenso ad essa spettante per
avere svolto attività di CTU nella causa promossa dal Ministero contro
Averardo Torrini e la s.r.l. Molitoria Toscana.
A fondamento della domanda ha posto, quale prova del credito,
decreto 9 luglio 2001 con cui il G.I. le ha liquidato il suddetto
compenso, ponendone il pagamento provvisoriamente a carico dei
soli Torrini e Molitoria Toscana, rimasti inadempienti, e la sentenza n.
342/2002 del Tribunale di Montepulciano che, a conclusione del
giudizio di primo grado, ha posto le spese processuali a carico del
Ministero.

Ric. 2011 n. 20966 sez. M3 – ud. 10-10-2013
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ROMA del 29/07/2010, depositata il 20/09/2010;

L’ingiunto ha proposto opposizione, assumendo che a fondamento del
suo credito la Bolla poteva avvalersi del solo provvedimento del G.I. di
liquidazione del compenso; non invece della sentenza del Tribunale di
Montepulciano perché – non essendo essa CTU parte della causa — non
poteva invocarne in suo favore gli effetti.

appello ha confermato, facendo proprie le ragioni dell’opponente.
La Bolla ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione, a cui ha
resistito il Ministero con controricorso.
E’ stata depositata in Cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380bis cod.
proc. civ., con cui il cons. relatore ha proposto raccoglimento del
ricorso con ordinanza in Camera di consiglio.
La relazione è stata comunicata alle parti ed al pubblico ministero.
Il resistente ha depositato memoria
La Corte di cassazione, riunita in Camera di consiglio, ha disposto il
rinvio della causa alla pubblica udienza.
Il Ministero ha depositato altra memoria.
Motivi della decisione
1.- La sentenza impugnata ha ritenuto che la Bolla, per ottenere il
pagamento delle sue spettanze, avrebbe dovuto azionare non la
sentenza emessa fra le arti, ma il decreto di liquidazione dei compensi,
poiché la regolazione giudiziale delle spese, ivi incluse quelle di CTU, si
concreta in una statuizione che ha come destinatarie solo le parti del
processo e non può esplicare alcun effetto nei confronti di un soggetto
estraneo al giudizio qual è il CTU, nella sua veste di ausiliario del
giudice.
La Bolla, pertanto, non aveva alcun titolo per fondare sulla sentenza la
domanda di pagamento proposta contro il Ministero.

Ric. 2011 n. 20966 sez. M3 – ud. 10-10-2013
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Il Tribunale ha accolto l’opposizione, con sentenza che la Corte di

2.-Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 91 cod.
proc. civ., 168 e 171 d.p.r. 50 maggio 2002 n. 115, nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente assume per
contro che i due documenti (decreto e sentenza), congiuntamente
considerati, valgono a giustificare la sua domanda, in quanto il primo

provvisoriamente a carico delle parti convenute; il secondo, cioè la
sentenza, ponendo tutte le spese processuali a carico del Ministero, le
ha conferito il diritto di agire con ordinaria azione di cognizione anche
contro quest’ultimo.
Richiama i principi per cui il provvedimento di liquidazione delle spese
al CTU, “oltre a produrre i propri effetti nei confronti delle patii opponenti e del

consulente tecnico di ufficio, dispiega effetti anche nei confronti di tutte le altre parti
del giudkio nel quale è stato espletato l’incarico peritale in quanto ognuna può
essere potenialmente gravata secondo il regolamento delle .spese da adottare con la
pronuncia conclusiva, ai sensi degli arti. 91 e ss. del codice di rito” (Cass. civ. 28
giugno 2004 n. 22777, in motivazione).
Richiama altresì il principio per cui l’obbligazione avente ad oggetto il
pagamento delle spese di CTU grava solidalmente su tutte le parti del
giudizio, contro le quali il CTU può agire indifferentemente, qualora il
suo diritto sia rimasto insoddisfatto (Cass. civ. 15 settembre 2008 n.
23586).
Con il secondo motivo denuncia violazione degli art. 2697 cod. civ.,
115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizi di motivazione, nel capo in cui la
Corte di appello le ha addebitato di avere fondato la sua pretesa
esclusivamente sulla sentenza, relativa ad un giudizio di cui non era
parte. Fa notare ancora una volta che essa ha chiesto ed ottenuto il
decreto ingiuntivo anche sulla base del decreto provvisorio di
liquidazione del compenso.
Ric. 2011 n. 20966 sez. M3 – ud. 10-10-2013
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ha quantificato l’entità del compenso che le spetta, ponendolo

Con il terzo motivo lamenta violazione delle norme
sull’interpretazione degli atti di parte (art. 1362 ss. cod. civ.) ed ancora
vizi di motivazione, nella parte in cui la Corte di appello le ha
addebitato l’indebita duplicazione dei titoli sulla base dei quali ha
azionato la sua domanda di pagamento.

del ricorso sollevata dal resistente in relazione all’omessa formulazione
dei quesiti sui vizi di motivazione, ai sensi dell’art. 366bis cod. proc. civ.
L’art. 366bis è stato soppresso ad opera della legge 18 giugno 2009 n.
69, con disposizione applicabile ai ricorsi proposti contro
provvedimenti depositati successivamente alla data dell’entrata in
vigore della legge stessa (cioè a decorrere dal 4 luglio 2009: cfr. art. 47
e 58 legge n. 69/2009, cit.).
La sentenza impugnata è stata depositata il 20 settembre 2010, quindi
alcun quesito doveva essere formulato a pena di inammissibilità.
3.- Quanto al merito del ricorso, il resistente incentra le sue difese sulla
circostanza che la sentenza del Tribunale di Montepulciano che lo ha
condannato al pagamento delle spese processuali, è stata annullata dalla
Corte di cassazione e sostituita da altra sentenza in sede di rinvio, che
ha definitivamente accolto le sue ragioni, condannando le controparti
al pagamento delle spese processuali.
Assume che raccoglimento del ricorso della Bolla verrebbe a
confliggere con il giudicato così formatosi e con il principio per cui le
spese processuali gravano sulla parte soccombente, e che sul punto si
sarebbe creato un contrasto di giurisprudenza fra le sentenze di questa
Corte 2 marzo 1994 n. 1022; 4 marzo 2000 n. 2481 ed altre – secondo
cui il CTU al quale siano stati liquidati i compensi non può avvalersi
delle azioni ordinarie per far valere giudizialmente il suo diritto al
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2.- Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità

pagamento se non in via sussidiaria, cioè in mancanza di ogni
provvedimento di liquidazione – e le sentenze 8 luglio 1996 n. 6199,
15 settembre 2008 n. 23586 ed altre, che invece avrebbero deciso il
contrario.

seguono.
Va premesso che nella specie si pongono e si sovrappongono fra loro
due questioni che è opportuno tenere distinte e cioè:
a) il problema di accertare se il CTU possa far valere il suo diritto al
pagamento esclusivamente sulla base del decreto di liquidazione di cui
all’art. 11 legge n. 319/1080 cit., restandogli preclusa ogni altra azione,
ed in particolare ogni azione ordinaria di cognizione fondata su
provvedimenti diversi, quali le sentenze emesse nel giudizio nel quale il
CTU ebbe a prestare la sua opera;
b) il problema di accertare se ed entro che limiti il CTU possa far
valere la responsabilità solidale delle parti nei suoi confronti, quindi
possa agire per il pagamento anche nei confronti della parte vittoriosa,
nonostante ogni diversa disposizione del giudice in ordine alla
ripartizione fra le parti delle spese processuali.
Le sentenze di questa Corte 2 marzo 1994 n. 1022 e 4 marzo 2000 n.
2481 hanno affrontato solo, e parzialmente, il problema

sub a),

risolvendolo nel senso che le azioni ordinarie possono essere proposte
dal CTU solo in via sussidiaria, cioè solo nei casi in cui non sia stato
emesso alcun decreto di liquidazione dei compensi. (Non si precisa
fino a quando perduri l’effetto preclusivo).

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4.- I motivi di ricorso sono parzialmente fondati, nei termini che

A questo principio si sono uniformate le sentenze emesse nei due gradi
di merito del presente giudizio.
La giurisprudenza più recente ha affrontato invece specificamente
solo il secondo problema. Ha cioè stabilito che in ogni caso le parti

ogni diversa disposizione della sentenza — pur se passata in giudicato —
che, risolvendo la controversia, abbia posto le spese processuali, ivi
incluse quelle di CTU, a carico di una sola parte (cfr. Cass. civ. Sez. I, 8
luglio 1996 n. 6199; Cass. civ. Sez. 1, 7 dicembre 2004 n. 22962; Cass.
civ. Sez. 2, 15 settembre 2008 n. 23586):

… la consulen.za tecnica

d’ufficio è strutturata, esseikialmente, quale ausilio fornito al giudice ….., piuttosto
che quale me.z.zo di prova in senso proprio e, così, costituisce un atto necessario del
processo che l’ausiliare compie nell’interesse generale superiore della giusti.zia e,
correlativamente, nell’interesse comune delle parti Da tale intrinseca natura
dell’istituto, ed in particolare, dal dato che la prestazione dell’ausiliare è effettuata
in funzione di un interesse comune delle parti
quello proprio e particolare

.che, cosi, assorbe e trascende

discende… che il regime sull’onere delle spese

sostenute dal consulente tecnico per l’espletamento dell’incarico e sull’obbligo del
relativo pagamento, deve prescindere sia dalla disciplina sul riparto dell’onere delle
.spese tra le parti che dal regolamento finale delle spese tra le stesse, che deve avvenire
sulla base del principio della soccomben:za;
ma, soprattutto, che l’obblig‘kione nei confronti del consulente per il soddisfacimento
del suo credito per il compenso deve gravare su tutte le parti del giudkio, ed in solido
tra loro” (Cass. civ. n. 6199/1996, in motivazione. Conf. Cass. civ. n.
23586/2008 cit.).
Premesso quanto sopra se ne è dedotto che

“la sussisteika della

obbligazione solidale …. prescinde sia dalla penden.za del giudkio nel quale la

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sono solidalmente tenute al pagamento delle spese di CTU, nonostante

presta.zione dell’ausiliare è stata effettuata; sia dal paradigma procediMentale
utilivato dall’ausiliare al fine di ottenere un provvedimento di condanna al
pagamento del compenso spettantegli. Per un verso, perché siffatto regime processuale
è indissolubilmente connesso alla natura di credito vantato dal consulente ed alla
comunanza della posizione debitoria delle parti suoi confronti. Per altro verso,

s’è detto, è ontologicamente connessa alla natura del credito) debba rimanere
travolta e caducata per effetto o della cessckione della penderka del giudkio nel
quale la prestazione è stata effettuata ed è sorto il credito„ ovvero dell’utikza.zione
da parte del consulente – creditore ed ai fini del riconoscimento del suo diritto, di Un
rimedio processuale esterno rispetto al giudkio nel quale la prestazione è avvenuta”.
Ha soggiunto che “al consulente d’ufficio non è opponibile la pronuncia sulle
spese contenuta nella sentena che abbia definito il giudkio nel quale aveva
esercitato la sua funzione, perché il principio della soccomberka attiene soltanto al
rapporto tra le parti e non opera nei confronti dell’ausiliare; le parti di quel
giudkio sono obbligate, in solido, nei confronti dell’ausiliare al pagamento del suo
compenso; e, per ottenere detto pagamento, l’ausiliare può anche far ricorso al
procedimento monitorio ex art. 633 Cod. proc. civ. e, addirittura, può adire il
giudice civile con una domanda autonoma ed indipendente dal processo in cui ha
espletato l’incarico”: così si esprime Cass. n. 6199/1996, citando come
precedenti Cass. 2 febbraio 1994 n. 1022, Cass. 2 marzo 1973 n. 573 e
Cass. 9 febbraio 1963 n. 245).
Ad essa si è uniformata Cass. n. 23586/2008, cit., la quale ha anche
specificato che il CTU può agire per il pagamento in via ordinaria non
solo nei casi in cui sia mancato un provvedimento giudiziale di
liquidazione, ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte
sia rimasto inadempiuto.

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perché non si individua alcuna ragione per cui siffatta posizione debitoria (che, come

Quest’ultimo principio si riverbera sulla soluzione della prima
questione qui prospettata, poiché afferma la proponibilità dell’azione
ordinaria di cognizione, in aggiunta all’azione esecutiva fondata sul
provvedimento di liquidazione; ma pone al concorso fra le azioni un
limite espresso: cioè che il decreto di liquidazione sia rimasto

pagamento.
2.2.- La considerazione complessiva della citata giurisprudenza non
manifesta quindi un contrasto di principi tale da richiedere la
rimessione della questione alle Sezioni unite.
Ed invero, se il principio fondamentale è quello per cui le parti sono
solidalmente responsabili del pagamento delle competenze del CTU
anche dopo che la controversia in relazione alla quale il consulente ha
prestato la sua opera sia stata decisa con sentenza passata in giudicato,
indipendentemente dalla ripartizione in sentenza dell’onere delle spese
processuali, non v’è alcuna ragione di escludere una tale responsabilità
solidale a fronte di un sentenza non passata in giudicato, ma che
tuttavia contenga un comando diverso da quello di cui al decreto di
liquidazione delle spese.
Il decreto di liquidazione di cui all’art. 11 legge n. 319/1980 ha e
conserva efficacia esecutiva nei confronti della parte ivi indicata come
obbligata e — finché la controversia non sia risolta con sentenza passata
in giudicato, che provveda definitivamente anche in ordine alle spese ha l’effetto di obbligare il CTU a proporre preventivamente la sua
domanda nei confronti della parte ivi indicata come provvisoriamente
obbligata al pagamento e solo nel caso di sua inadampienza può agire
nei confronti dell’altra, in forza della responsabilità solidale che, in
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inadempiuto da parte del soggetto ivi indicato come obbligato al

linea di principio, grava su tutte le parti del processo per il pagamento
delle spese di CTU e che perdura anche dopo il passaggio in giudicato
della sentenza conclusiva del processo, anche indipendentemente dalla
definitiva ripartizione fra le parti dell’onere delle spese (Cass. civ. n.

Va soggiunto che i principi sopra indicati non confliggono con la
regola per cui la parte vittoriosa non può essere condannata al
pagamento delle spese, come assume il resistente.
Resta fermo infatti il diritto della parte vittoriosa che abbia pagato le
spese di CTU di rivalersi nei confronti del soccombente,
conformemente alla pronuncia giudiziale sulle spese.
La responsabilità solidale non influisce, com’è noto, sulla titolarità del
debito e sulla misura in cui ogni singolo debitore è tenuto ad
adempiere, sulla base dei rapporti interni con i condebitori; solo
esclude che l’onere dell’insolvenza di alcuno di essi venga a gravare sul
creditore. (Cfr. infatti Cass. civ. Sez. 1, 16 marzo 2007 n. 6301 e
Sez. 2, 21 giugno 2010 n. 14925, per cui “Viola l’art. 91 cod. proc. civ. la
di.sposkione del giudice che pone parzialmente a carico della parte totalmente
vittoriosa il compenso liquidato a favore del CT. U. perché neppure in parte essa
deve sopportare le spese di causa”, principio che riguarda per l’appunto il
caso in cui la parte vittoriosa venga condannata al pagamento delle
spese di CTU in via diretta e definitiva, senza diritto di regresso nei
confronti del soccombente).
3.- In sintesi, la Corte di appello si è discostata da questi principi,
perché ha ritenuto improponibile l’azione ordinaria di cognizione, in
aggiunta all’azione esecutiva, senza avere previamente accertato

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6199/1996; n. 22962/2004 e n. 23586/2008, cit.).

l’inadempimento della parte obbligata al pagamento sulla base del
decreto di liquidazione, sebbene la ricorrente abbia espressamente
menzionato nel ricorso tale circostanza.
La sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa

la controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati, in forza dei
quali è da ritenere che la ricorrente ben poteva proporre la sua
domanda di pagamento del compenso nei confronti del Ministero
dell’Agricoltura, con ordinaria azione di cognizione, in aggiunta
all’azione esecutiva proponibile contro le altre parti in forza del decreto
del GI di liquidazione dei compensi, sempre che l’appellante abbia
ritualmente dedotto e dimostrato in giudizio l’inadempienza delle parti
obbligate.
4.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata
e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa
composizione, che deciderà anche in ordine alle spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013

p

sidente

alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinché decida

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