Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25177 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13775-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 88/2/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA DI

SECONDO GRADO DI TRENTO, emessa il 29/09/2014 e depositata

l’1/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito l’Avvocato Federica Manzi (delega verbale Avvocato Federica

Scarfarelli) per il controricorrente, che insiste per il rigetto del

ricorso.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di L.D. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria di IP grado di Trento n. 88/02/2014, depositata in data 1/12/2014, con la quale in controversia concernente l’impugnazione del provvedimento di diniego parziale dell’istanza, presentata il 29/12/2009, di rimborso del 50% della ritenuta applicata sull’indennità di incentivo all’esodo, percepita in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta con decorrenza dal 10/08/2004 (sostenendo il medesimo contribuente che anche agli uomini, di età compresa tra 50 anni ed i 55 anni, e non solo alle donne, secondo il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4 bis TUIR, dovesse essere applicata, sulle somme corrisposte, a titolo di incentivazione all’esodo, un’aliquota ridotta) – stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

I giudici di primo grado avevano ritenuto non fondata l’eccezione di decadenza, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 opposta dall’ufficio, nel diniego parziale del rimborso (riconosciuto dall’Ufficio in relazione a quanto versato dal contribuente, nell’ottobre 2008, in sede di riliquidazione dell’imposta ad opera dall’Agenzia delle Entrate, limitatamente al 50% delle somme trattenute dal sostituto d’imposta, nel 2004, all’atto di erogazione dell’indennità di incentivo all’esodo, dovendo in ogni caso il dies a quo del termine quadriennale di decadenza individuarsi, per tutte le trattenute (anche quelle versate in’ sede di cessazione dal rapporto di lavoro), nella data di versamento del saldo dell’imposta, avvenuto, nel 2008, all’esito della riliquidazione operata.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il controricorrente ha depositato memoria.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, commi 1 e 2 e art. 19, comma 11 TUIR, dovendo ritenersi che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di appello, per i versamenti effettuati nel 2004, il termine decadenziale di cui al citato art. 38 fosse ampiamente decorso al momento della presentazione dell’istanza di rimborso (nel dicembre 2009), a prescindere dalla riliquidazione effettuata nel 2008, che non aveva nè reso definitiva l’imposta nè “fatto slittare” il dies a quo di decorrenza previsto dalla norma. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, commi 1 e 2, laddove, nella sentenza impugnata la c.t. di 2^ grado di Trento ha ritenuto che l’Ufficio, in sede di riliquidazione, avrebbe dovuto tener conto dei “principi di diritto espressi dalla Corte di giustizia con la sentenza del 16 gennaio 2008, malgrado l’inesistenza di “un obbligo di rimborso d’ufficio”.

2. Le due censure, da trattare unitariamente quanto connesse, sono fondate.

La questione di diritto, oggetto della presente controversia, è stata risolta con la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 13676/2014, i cui principi di diritto si intendono qui richiamati.

Ne deriva che, avendo il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 portata generale, e nascendo, nel caso di specie, il diritto al rimborso preteso dal contribuente dalla questione relativa al trattamento fiscale da applicare alle somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo ai lavoratori alla cessazione del rapporto di lavoro, l’istanza risulta tardiva, in quanto proposta Oltre il termine di 48 mesi dai versamenti tramite ritenuta.

La sentenza impugnata non si è conformata a tali principi.

L’ulteriore assunto del contribuente, accolto dai giudici di primo e secondo grado – secondo il quale il dies a quo dovrebbe essere fatto decorrere dall’avviso di liquidazione definitiva dell’IRPEF dovuta, comunicato al medesimo nel 2008, – non è fondato, in quanto, anzitutto, nella specie, si controverte di un’istanza di rimborso e non di impugnazione di un avviso di liquidazione emesso all’Amministrazione finanziaria.

La difesa del controricorrente si incentra sull’argomento che la ritenuta operata dal datore di lavoro ha valore meramente provvisorio, cosicchè solo dalla data in cui è stata (o avrebbe dovuto essere) compiuta la liquidazione definitiva dall’Amministrazione finanziaria può farsi decorre il termine per la ripetizione dell’imposta indebitamente versata. Tuttavia, questa Corte (da ultimo Cass. 11602/216) ha reiteratamente chiarito che il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto, nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti sussistendo, in questa ipotesi, l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sin da tale momento (cfr. Cass. nn. 13478/2008, 5978/2006, 24058/2011, 4166/2014). Nella specie, la contestazione fondante la domanda di rimborso del contribuente – ossia che la ritenuta era stata operata applicando l’aliquota piena e non l’aliquota dimidiata – attingeva la struttura stessa del calcolo della ritenuta e, pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di effettuazione della ritenuta (cfr., al riguardo, Cass. n. 21734/14, Cass. 17132/2015; Cass. 11602/2016).

La sentenza dei giudici di 2^ grado non è pertanto conforme a tali principi di diritto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente. In considerazione del solo recente intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, vanno compensate integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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