Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25176 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 13/09/2017, dep.24/10/2017),  n. 25176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24627-2016 proposto da:

LAIPAN S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, in persona del suo liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA piazza Cavour presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIANLUCA SAVINO;

– ricorrente –

contro

CIRCOLO COOPERATIVO SAN BERNARDINO SCRL (C.F. e P.I. (OMISSIS)), in

persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE BALENIERE 92, presso lo

studio dell’avvocato SIMONETTA DE JULIO, che lo rappresenta e

difende disgiuntamente all’avvocato CLAUDIA COZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 831/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che, con sentenza resa in data 21/3/2016, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta dalla Laipan s.a.s. in liquidazione, nei confronti del Circolo Cooperativo di San Bernardino s.c.a.r.l., per la pronuncia della risoluzione del contratto di affitto di azienda intercorso tra le parti, oltre che della condanna di controparte al risarcimento del danno a seguito della pretesa violazione, da parte del circolo convenuto, del divieto di non concorrenza sullo stesso incombente in qualità di concedente l’azienda;

che, con la stessa decisione, la corte territoriale ha altresì confermato l’accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal circolo cooperativo per la risoluzione del contratto d’affitto per inadempimento della Laipan s.a.s., con la conferma dell’accertamento del diritto del circolo concedente a trattenere l’importo della fideiussione già escussa, oltre al risarcimento del danno;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha ritenuto la correttezza delle valutazioni istruttorie compiute dal primo giudice in ordine all’insussistenza di alcuna prova circa il compimento, da parte del circolo concedente, di attività concorrenziali con la società affittuaria, con la conseguente insussistenza del diritto di quest’ultima di eccepire l’inadempimento avversario quale giustificazione della mancata corresponsione dei canoni di affitto dovuti;

che, avverso la sentenza d’appello, la Laipan s.a.s. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

che il Circolo Cooperativo di San Bernardino s.c.a r.l. resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che, con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere i giudici del merito omesso di tener conto dei contenuti dello statuto del Circolo Cooperativo San Bernardino nella parte in cui prevede la gestione, da parte del circolo, di “pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande (…) condotti in proprio o ceduti a terzi (…) tendenti a favorire l’utilizzo qualitativamente e socialmente efficace del tempo libero da parte di propri soci, delle loro famiglie e della comunità in genere”, nonchè delle istanze istruttorie formulate dalla società odierna ricorrente al fine di comprovare l’attività concorrenziale di controparte, e per aver infine erroneamente valutato il materiale probatorio complessivamente acquisito in relazione all’effettiva natura concorrenziale del comportamento nella specie contestato nei confronti della controparte;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, osserva il collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

che, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

che, ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la società ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

che osserva pertanto il collegio come, attraverso l’odierna censura, la ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2557 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto necessaria l’effettività del danno conseguente al compimento di attività concorrenziali da parte del circolo concedente, dovendo, al contrario, conferirsi rilievo unicamente al danno (benchè solo) potenziale derivabile da dette attività;

che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1455 e 1465 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente escluso, una volta accertata l’illecita concorrenza posta in essere dal circolo avversario, l’inadempimento contrattuale di quest’ultimo con la conseguente risoluzione per sua colpa del contratto di affitto concluso tra le parti;

che il secondo motivo è manifestamente infondato e suscettibile di assorbire la rilevanza del terzo;

che, infatti, la corte territoriale (al di là del punto concernente l’effettività del danno conseguente al compimento di attività concorrenziali) risulta aver compiutamente accertato, sulla base degli elementi di prova analiticamente richiamati in motivazione, come il circolo convenuto non avesse mai svolto alcuna forma di attività concorrenziale nei confronti della società odierna ricorrente, essendosi limitato all’organizzazione di feste private, circoscritte ai soli soci e ai relativi accompagnatori, senza alcuna apertura al pubblico, non avendo neppure mai avviato, nè esercitato alcuna attività commerciale, essendone peraltro impossibilitato dal difetto di alcuna organizzazione ed attrezzatura in tal senso (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);

che, pertanto, nessuna violazione dell’art. 2557 c.c. può ritenersi rimproverabile a carico della sentenza impugnata (e dunque nessun danno conseguente a tale pretesa violazione può ritenersi sussistente, tanto in astratto, quanto in concreto), avendo la corte territoriale espressamente escluso il ricorso di alcuna attività imprenditoriale, o comunque di altro genere per sua natura idoneo (sia pure potenzialmente) a sviare la clientela dell’azienda concessa in affitto;

che, sulla base delle considerazioni sin qui indicate, rilevata la complessiva infondatezza del ricorso, dev’esserne pronunciato il rigetto, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.800,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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