Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25175 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11389/2019 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in Roma Via Emilio Faà Di

Bruno n. 15, presso lo studio dell’Avvocato Marta Di Tullio, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7406/2018 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

8/9/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c., del 4 maggio 2017, rigettava il ricorso proposto da O.G., cittadino nigeriano proveniente dall’Edo State, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego del riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il 22 novembre 2018, respingeva l’appello proposto da O. rilevando, per quanto in questa sede ancora interessa, che l’inverosimiglianza delle dichiarazioni del richiedente asilo (il quale aveva raccontato di essere fuggito dalla Nigeria dopo essersi rifiutato di prendere il posto del padre deceduto all’interno della setta degli (OMISSIS)) impediva di accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e del diritto alla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

non era neppure riconoscibile, a giudizio della Corte di merito, la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), poichè la situazione generale dell’Edo State non configurava una condizione di violenza indiscriminata tale da poter arrecare danno e pericolo ai civili;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso O.G. prospettando tre motivi di doglianza;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto difese;

il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 3, comma 3, lett. a) e b), in quanto la Corte distrettuale, nell’analizzare la domanda di protezione del ricorrente, non avrebbe preso in esame informazioni precise e aggiornate sulla situazione esistente nel paese di origine nè avrebbe proceduto alla valutazione di tutti i fatti allo stesso pertinenti al momento dell’adozione della decisione;

4.2 il motivo è infondato;

ciascuna domanda di protezione è esaminata – a mente del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine del richiedente asilo elaborate dalla commissione internazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale;

il contenuto della norma deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. 13449/2019);

a fronte del dovere del richiedente asilo di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche della regione di provenienza del medesimo doveva quindi avvenire, anche mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si disponeva pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; la Corte di merito non poteva invece limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui venivano tratte le conclusioni assunte (Cass. 13897/2019);

la Corte distrettuale si è ispirata a simili criteri laddove ha rappresentato di aver consultato le informazioni offerte – sui rispettivi siti internet al momento della decisione – dal Centro ricerche protezione internazionale e dall’EASO in merito alla setta degli (OMISSIS) nonchè da Amnesty International e dall’UNHCR rispetto alla situazione esistente nel paese di origine ed in particolare nell’Edo State;

ne discende l’infondatezza della doglianza, stante il puntuale adempimento da parte della Corte di merito degli obblighi di collaborazione istruttoria previsti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, al fine di esaminare la domanda alla luce di tutti i fatti pertinenti riguardanti il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione;

5.1 il secondo motivo di ricorso assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, perchè la Corte distrettuale, nel ritenere che il racconto del ricorrente fosse generico e attinente a una vicenda personale, avrebbe espresso un giudizio di non verosimiglianza senza rispettare i criteri per la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del migrante previsti dalla norma denunciata come violata, dato che questi aveva dato ampio conto del proprio vissuto rendendo dichiarazioni assolutamente compatibili con la condizione del paese;

5.2 il motivo è inammissibile;

in materia di protezione internazionale il richiedente asilo è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare nel caso in cui questi, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 15794/2019);

questa valutazione di affidabilità del dichiarante è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del citato art. 3, oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019); la norma in parola obbliga in particolare il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto a un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche a una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. 21142/2019);

il giudice di merito si è ispirato a questi criteri laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante nelle varie sedi, ha rilevato – come previsto dall’art. 3, comma 5, lett. a, c ed e, appena citato – che il racconto offerto dal richiedente asilo non era stato adeguatamente circostanziato, non risultava plausibile sotto il profilo della credibilità razionale della concreta vicenda narrata e non era neppure coerente con le informazioni generali pertinenti al caso;

una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;

si deve invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente asilo, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito;

censure di questo tipo si riducono infatti all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019);

6.1 il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4 e art. 14, lett. c), in quanto la Corte di merito, per effetto dell’omessa e insufficiente analisi dei fatti e dei documenti allegati dall’appellante, avrebbe negato la sussistenza dei rischi oggettivi che correrebbe il ricorrente in caso di rimpatrio senza indagare adeguatamente le condizioni effettive del suo paese di origine;

6.2 il motivo è inammissibile;

si è appena detto del dovere del giudice di verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio e del fatto che la Corte di merito si sia ispirata a simili criteri, prendendo in esame informazioni aggiornate sulla situazione esistente nell’Edo State; la critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dalla Corte di merito, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

7. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto rigettato;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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