Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25174 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. I, 28/11/2011, (ud. 28/10/2011, dep. 28/11/2011), n.25174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1703/2009 proposto da:

L.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso l’avvocato GOBBI Goffredo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SICARI GIACOMO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.M.A.;

– intimata –

Nonchè da:

Z.M.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 27, presso l’avvocato

UBALDI PATRIZIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DALMONTE MASSIMO, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

L.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GOFFREDO GOBBI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale; il rigetto dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale; assorbimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 3.4.1997, L.L., premesso che con sentenza del 15.1.1991, il Tribunale di Treviso aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lei contratto, in data (OMISSIS), con D.B.B., ponendo a carico di quest’ultimo l’obbligo di corrisponderle un assegno mensile di L. 400.000; premesso altresì che lo stesso D.B. aveva successivamente (in data (OMISSIS)) contratto nuovo matrimonio con Z.M.A., dal quale era nata la figlia Ba.;

premesso, infine, che il D.B. era venuto a mancare il (OMISSIS), chiedeva al Tribunale di Ravenna che le fosse attribuita una quota della pensione di reversibilità erogata dall’INPS a vantaggio del coniuge superstite.

Con sentenza del 6.2-4.3.1998, la Corte di Appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado del 6-26.06.1997, che aveva respinto il ricorso della L., attribuiva a costei il 93% della pensione di reversibilità del defunto ex coniuge, ritenendo, diversamente dal primo giudice, che in forza della sentenza resa il 15.1.1991, dal Tribunale di Treviso, ella era titolare di assegno divorzile, ed inoltre, che la quota a lei spettante della pensione di reversibilità dell’ex marito, dovesse stabilirsi unicamente in base al criterio della durata legale di rapporti matrimoniali (27 anni per la L., 2 anni per la Z.).

Con sentenza n. 12389 del 2000, questa Suprema Corte cassava con rinvio la sentenza della Corte d’appello, in punto di criteri di ripartizione della pensione di reversibilità, affermando il seguente principio di diritto “Ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite ed il coniuge divorziato, il giudice deve necessariamente tener conto del preponderante e, secondo le circostanze, finanche decisivo elemento temporale costituito dalla durata legale dei rispettivi rapporti matrimoniali dei medesimi coniugi con il coniuge deceduto, ossia del semplice dato numerico rappresentato dalla rigida proporzione fra i relativi periodi di tali rapporti, senza che, tuttavia, l’applicazione di siffatto criterio si ponga come unico ed esclusivo parametro cui conformarsi automaticamente sulla base di un mero calcolo matematico, ovvero implichi la mancata considerazione, eventualmente in funzione di correttivi del risultato così conseguito, di ulteriori elementi di giudizio e, segnatamente, vuoi degli altri criteri di riferimento utilizzabili nella liquidazione dell’assegno di divorzio, afferenti alle condizioni delle parti interessate ed alle finalità assistenziali del predetto assegno, vuoi dello stesso ammontare di quest’ultimo quale goduto dall’ex coniuge al momento della morte del titolare diretto della pensione”.

Con sentenza del 13.03.2002, pronunciando in sede di rinvio, la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, attribuiva alla L. la quota percentuale del 55% della pensione di reversibilità del defunto D.B. ed alla Z., in proprio e quale genitore esercente la potestà sulla figlia minore De.Bo.

B., la quota percentuale pari al 45% di detta pensione”.

Con sentenza n. 17248 del 2006 questa Corte nuovamente cassava con rinvio la sentenza della Corte d’appello, impugnata dalla Z., ritenendo: a) quanto al primo dei due motivi di ricorso:

che il già enunciato principio di diritto cui il giudice del rinvio era tenuto ad uniformarsi, rendeva vincolante la considerazione dell’ammontare dell’assegno di divorzio, in uno con i criteri che sovrintendevano alla sua liquidazione e con la durata del matrimonio, mentre invece, la valutazione di tale dato obiettivo, quale criterio concorrente ai fini della determinazione della ripartizione della pensione di reversibilità, era stata pretermessa;

che il motivo era fondato anche nella parte in cui si contestava il rilievo attribuito ad un fatto sopravvenuto rispetto al decesso del D.B., costituito dall’inabilità permanente contratta della L.;

che fosse fondato anche il secondo motivo di ricorso, dal momento che la Corte territoriale aveva pronunziato al di là della domanda, sulla quota di pensione che spettava alla figlia minore del D. B. e che era determinata direttamente dalla legge.

Con sentenza di nuovo pronunciata in sede di rinvio, il 30-10.2007 – 17.01.2008, la Corte di Appello di Bologna, attribuiva a L.L. la quota percentuale del 35% della pensione di reversibilità del defunto D.B., calcolata al netto di quanto spettante ex lege alla figlia De.Bo.Ba. e compensava integralmente le spese di tutti i gradi di giudizio.

La Corte territoriale conclusivamente riteneva che nella riconduzione ad equità del giudizio in argomento, la necessaria valutazione del criterio temporale connesso alla durata dei matrimoni non potesse comunque essere apprezzato nella misura richiesta dalla L. ma unicamente per l’ulteriore parte differenziale rispetto alla percentuale del 35%, che appariva congruo conclusivamente alla stessa attribuire quale quota della pensione di reversibilità a lei spettante ed al coniuge superstite Z.M.A. (75% dell’intera pensione).

Avverso questa sentenza la L. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 14.01.2009, alla Z. che ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale, con atto notificato il 19.02.2009, nonchè depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

A sostegno del ricorso principale la L. denunzia:

1. “Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ossia dell1 art. 102 c.p.c., nella parte in cui dispone che se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste devono agire o essere convenute nello stesso processo”.

Deduce che l’I.N.P.S. di Ravenna, ossia l’ente erogatore del trattamento di reversibilità, aveva preso parte solo al giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale ed a quello successivo d’appello da lei proposti, mentre tutte le successive fasi, compresa l’ultima di rinvio definita con l’impugnata sentenza n. 2/08, si erano svolte in assenza di tale contraddittore necessario, sicchè le relative sentenze – e cioè la sentenza 3.4-10.9.2000 n. 12389 della Corte di Cassazione, la sentenza 26.2-13.3.2002 n. 367 della Corte d’Appello di Bologna e la sentenza 23.3-28.7.2006 n. 17248 della Corte di Cassazione – devono essere considerate inutiliter datae, con la conseguenza che deve essere dichiarato che l’unica sentenza, passata in giudicato, che regola i rapporti tra la signora L.L. e la signora Z.M.A., è la sentenza della Corte d’Appello di Bologna 6.2-4.3.1998 n. 264 che ha attribuito alla sig.ra L.L. il 93% della pensione di reversibilità in questione, ovvero in subordine la sentenza della Corte d’Appello di Bologna 26.213.3.2002 n. 367, che ha attribuito alla medesima L. la quota percentuale del 55% della pensione di reversibilità ed alla sig.ra Z.M.A., in proprio e quale genitore esercente la potestà sulla figlia minore De.Bo.Ba., la quota percentuale pari al residuo 45%.

Formula conclusivamente il seguente quesito di diritto “dica l’Eccellentissima Corte se costituisca violazione dell’art. 102 c.p.c., nella parte in cui la predetta norma statuisce che “se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste devono agire o essere convenute nello stesso processo”, l’avere la signora Z.M.A. omesso di notificare all’I.N.P.S. di Ravenna, quale ente erogatore della pensione di reversibilità per cui è causa, i ricorsi con cui la medesima ha introdotto le diverse fasi del presente giudizio, ivi compresa quella sfociata nella sentenza impugnata n. 2/08 della Corte d’Appello di Bologna”.

Il motivo non ha pregio.

La ricorrente deduce che con la prima sentenza di legittimità n. 12389 del 2000, con cui è stata disposta la cassazione con rinvio della sentenza d’appello resa nel 1998, sarebbe stata violata l’integrità del contraddittorio, data la mancata instaurazione di quel giudizio anche nei confronti dell’INPS, che era stato, invece, parte dei precedenti due gradi di merito; sostiene che, conseguentemente, tale pronuncia e tutti i successivi atti processuali sarebbero nulli.

Il vizio di nullità di detta prima sentenza di legittimità, quale in tesi conseguente alla mancata rilevazione del difetto di integrità del contraddittorio, non è deducibile nella fase di rinvio e, quindi, anche con ricorso avverso la sentenza resa dal giudice del rinvio, essendo inapplicabile alle sentenze di cassazione il rimedio apprestato dall’art. 161 c.p.c., della conversione della nullità in mezzo di impugnazione (in tema cfr. Cass. n. 13512 del 2002; n. 10187 del 1991).

2. “Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto in relazione all’art. 384 c.p.c., nella parte in cui dispone che il giudice di rinvio deve uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione (ed in particolare al principio di diritto enunciato nella sentenza n. 12389/2000)”.

Sostiene che il Giudice di rinvio, assegnandole la percentuale del 35% della pensione di reversibilità in questione, calcolata al netto di quanto spettante ex lege alla figlia De.Bo.Ba., ridimensiona il criterio preponderante e decisivo della durata legale dei due matrimoni, fino a fare di esso un criterio minoritario, soccombente rispetto alla funzione meramente correttiva degli altri criteri.

Formula conclusivamente il seguente quesito di diritto “dica l’Eccellentissima Corte se costituisca violazione dell’art. 384 c.p.c., nella parte in cui la predetta norma statuisce che il giudice di rinvio deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, l’avere il giudice di rinvio, nella ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e il coniuge divorziato, dato quantitativamente maggior importanza ai criteri definiti correttivi dal principio di diritto medesimo rispetto a quello definito preponderante e financo decisivo”.

Il motivo non merita favorevole apprezzamento.

I giudici del rinvio hanno chiarito le ragioni, rimaste incensurate, per le quali il principio di diritto cui dovevano uniformarsi, considerati pure i relativi dati terminologici, non era suscettibile di essere interpretato nel senso di fare assurgere la maggiore durata legale del matrimonio della L. con il D.B., a criterio impediente l’attribuzione alla stessa di una quota di pensione inferiore a quella attribuita alla Z., il cui matrimonio con il medesimo D.B. era stato di significativa, minore durata. La pronuncia della Corte distrettuale si rivela anche aderente al condiviso principio di diritto già affermato da questa Corte (cfr.

Cass. n. 2092 del 31.01.1997), secondo cui “La ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, deve essere effettuato, oltre che sulla base del criterio della durata del rapporto matrimoniale, anche ponderando ulteriori elementi – da utilizzare eventualmente quali correttivi del criterio temporale e da individuare nell’ambito della L. n. 898 del 1970, art. 5, funzionali allo scopo di evitare che il primo coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per il mantenimento del tenore di vita che gli avrebbe dovuto assicurare nel tempo l’assegno di divorzio ed il secondo sia privato di quanto necessario per la conservazione del tenore di vita che il “de cuius” gli aveva assicurato in vita. In quest’ambito, deve escludersi che l’applicazione del criterio temporale si risolva nell’impossibilità di attribuire una maggiore quota di pensione al coniuge il cui matrimonio sia stato di minore durata, fermo restando il divieto di giungere, attraverso la correzione del medesimo criterio temporale, sino al punto di abbandonare totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali”.

Deve, infine, ritenersi assorbito il ricorso incidentale, con cui la Z. chiede che, “nella la non creduta ipotesi in cui l’accoglimento del 1^ motivo di ricorso (nonostante le preclusioni derivanti dal giudicato interno formatosi) producesse l’annullamento di tutte le fasi di giudizio non contraddistinte dall’allargamento del contraddittorio anche all’INPS, e che, integrato il contraddittorio ex art. 371 bis. c.p.c., dovesse procedersi al rinnovo del giudizio di cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 264 del 6.2.1998, … per tutte le ragioni più che esaustivamente esposte, nella definizione del criterio di ripartizione del trattamento di reversibilità della pensione del fu D.B.B., il criterio cardine della durata dei rispettivi matrimoni venga contemperato e corretto, al fine di assicurare la funzione solidaristica della pensione, con ulteriori elementi, valutabili secondo il prudente apprezzamento del Giudice del merito, fra i quali assumono specifico rilievo l’ammontare dell’assegno goduto dal coniuge divorziato, le condizioni dei soggetti interessati alla vicenda al momento della scomparsa del de cuius, l’esistenza di un periodo di convivenza prematrimoniale del secondo coniuge”.

Conclusivamente si deve respingere il ricorso principale e dichiarare assorbito l’incidentale. Giusti motivi, essenzialmente desunti dalla natura delle controverse questioni, giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e compensa per intero le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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