Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25173 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 08/10/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 08/10/2019), n.25173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27154/2015 proposto da:

C&G COORDINAMENTO E GESTIONE FACILITY MANAGEMENT S.R.L., in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI PALMERI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALBERTO FRASCA’;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 480/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 31/08/2015 R.G.N. 1132/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

e assorbimento del secondo motivo del ricorso;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 31 agosto 2015, ha rigettato il gravame principale svolto dalla s.r.l. C&G Coordinamento e Gestioni Facility Management s.r.l. (di seguito C&G), e ha confermato la decisione di primo grado che aveva accertato la fondatezza dell’obbligazione contributiva nei confronti della C&G, obbligato solidale con la s.r.l. Fidelity Service s.r.l. (di seguito FS), per il pagamento dei contributi (Euro 275.735,00) pretesi con verbale ispettivo, notificato il 7 febbraio 2012, con il quale si era affermata la responsabilità solidale della C&G, D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, per il debito della società FS, per lavoro dipendente, nel periodo tra dicembre 2009 e settembre 2010.

2. Per la Corte di merito, e per quanto in questa sede rileva, l’eccezione di decadenza per decorso del termine di due anni dalla cessazione dell’appalto, previsto per l’operatività della solidarietà di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, a prescindere dalla sua fondatezza o meno, non era stata proposta alla prima udienza e, trattandosi di decadenza non di ordine pubblico, perchè non diretta a tutelare un interesse pubblico, ma l’interesse privato all’esclusione dopo un certo tempo della solidarietà, non era rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado.

3. Inoltre, in accoglimento del gravame incidentale svolto dall’INPS, la Corte di merito ha riformato la decisione di primo grado e condannato la C&G al pagamento delle sanzioni civili (Euro 31.334,00), pretese con il medesimo verbale ispettivo, sulla scorta del principio per cui l’obbligazione solidale del committente, prevista dal D.Lgs. n. 267, citato art. 29, comma 2, nel testo originario applicabile ratione temporis, comprendeva tanto i contributi previdenziali quanto le sanzioni civili, senza necessità di una disposizione espressa al riguardo o di interpretazione estensiva, e indipendentemente dal fatto che il mancato pagamento non fosse imputabile alla società committente.

4. La Corte di merito, infine, ha rilevato che la C&G non aveva contestato il titolo per cui era tenuta a versare all’INPS la somma richiesta, ha escluso il concorso di colpa da parte dell’ente previdenziale per avere emesso DURC non corrispondenti alla realtà dei fatti, sul presupposto dell’accertata inerzia della società a fronte di un primo DURC attestante irregolarità contributive – emesso molto tempo prima del periodo relativo al contestato omesso versamento contributivo – a fronte del quale, alla stregua delle clausole contrattuali stipulate nel contratto di subappalto, C&G ben avrebbe potuto tutelarsi sospendendo i pagamenti alla FS o avvalendosi della clausola risolutiva espressa.

5. Avverso tale sentenza ricorre C&G Coordinamento e Gestioni Facility Management s.r.l., con ricorso affidato a due motivi cui resiste, con controricorso, l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ulteriormente illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, in combinato disposto con gli artt. 2968 e 2969 c.c., laddove si è ritenuta la decadenza, prevista dalla detta disposizione, non sottesa a perseguire un interesse pubblicistico e, conseguentemente, tardiva la relativa eccezione.

7. Il motivo è da rigettare.

8. Il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, oggetto nel tempo di varie modifiche, è stato sin dalla sua entrata in vigore incentrato sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l’adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell’imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di dovere rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore.

9. Questa Corte di cassazione, nell’interpretare i concreti contenuti della fattispecie in ipotesi di domande proposte dai lavoratori, quanto all’oggetto dell’obbligazione ed al meccanismo di operatività, ha avuto modo di precisare che:

– il regime della responsabilità solidale del committente con l’appaltatore di servizi, del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2, ha riguardo agli emolumenti, al cui pagamento il datore di lavoro risulti tenuto in favore dei propri dipendenti, di natura strettamente retributiva e concernenti il periodo del rapporto lavorativo coinvolto dall’appalto (restando esclusa l’applicabilità del predetto regime alle somme liquidate ad esempio a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, Cass. n. 27678 del 2018);

inoltre, il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 5 del 2012, conv. con modif. in L. n. 35 del 2012 e dalla L.n. 92 del 2012, rilevante ratione temporis nell’odierna fattispecie, non prevedeva un regime di sussidiarietà bensì un’obbligazione solidale del committente con l’appaltatore per il pagamento dei trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti al dipendente, come si evince dal tenore letterale della norma nonchè dalla sua ratio, intesa ad incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. n. 31768 del 2018);

– ancora, la logica della solidarietà tra l’appaltatore ed il committente sancita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, che garantisce il lavoratore circa il pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all’appalto cui ha personalmente dedicato le proprie energie lavorative, nonchè il dato testuale della norma, che fa riferimento al periodo di esecuzione del relativo contratto, impongono di ritenere che la solidarietà sussiste solo per i crediti maturati con riguardo al periodo del rapporto stesso, con esclusione di quelli sorti in altri periodi, ed il termine biennale dalla cessazione dell’appalto previsto dalla suddetta disposizione ha natura di termine di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziale per i crediti per i quali vi sia tale possibilità (Cass. n. 17725 del 2017).

10. Il rafforzamento della garanzia dei lavoratori è perseguito dalla legge anche attraverso la specificazione che il committente deve corrispondere non solo i trattamenti retributivi ma anche i contributi previdenziali ai medesimi correlati.

11. Occorre, dunque, approfondire l’interpretazione dell’art. 29, comma 2, con riferimento alla obbligazione contributiva dell’appaltante chiamato in via di solidarietà, che nella stesura in vigore dal 1 gennaio 2007 al 9 febbraio 2012, rilevante nella presente fattispecie e precedente alle modifiche apportate dal D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, prevede(va) “(…) 2. In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. (…)”.

12. La questione controversa può riassumersi nell’alternativa tra due opzioni interpretative. Una prima, secondo la quale si tratterebbe di una peculiare obbligazione contributiva che, pur legittimando il solo Ente previdenziale alla pretesa – posto che il lavoratore non può certo ricevere i contributi – sia del tutto conformata alla speciale azione riconosciuta al lavoratore e, quindi, soggetta al termine di decadenza di due anni. La seconda, ispirata a ragioni di ordine sistematico, che proprio dall’assenza, nel D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, di espresse regole relative alla pretesa contributiva ed in considerazione della diversa natura delle due obbligazioni, induce a ritenere applicabile alla fattispecie la disciplina generale dell’obbligazione contributiva che non prevede alcun termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di accertamento dell’obbligo contributivo, soggetto solo al termine prescrizionale.

13. Questa seconda opzione è preferibile per varie considerazioni.

14. In primo luogo, va considerato che l’obbligazione contributiva non si confonde con l’obbligo retributivo, posto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (v., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del 2003).

15. L’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd.”minimale contributivo”).

16. Dunque, può affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la “retribuzione” dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale.

17. Proprio dalla peculiarità dell’oggetto dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di “minimale contributivo” strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento anche dall’obbligo contributivo solo perchè l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto.

18. Si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit. ha voluto potenziare.

19. In conclusione, come affermato in altre decisioni rese alla medesima udienza, il termine di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione.

20. L’interpretazione secondo cui l’azione degli enti previdenziali è soggetta solo al termine di prescrizione è in linea con l’orientamento di legittimità formatosi nel vigore della L. n. 1369 del 1960, recante la previsione dell’obbligo solidale formulata in modo analogo all’obbligo ora in esame.

21. Nel precedente contesto normativo, infatti, questa Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che la L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 4 (sul divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro), che poneva il termine di decadenza di un anno dalla cessazione dell’appalto per l’esercizio dei diritti dei prestatori di lavoro, dipendenti da imprese appaltatrici di opere e servizi nei confronti degli imprenditori appaltanti – pur facendo riferimento, oltre che ai diritti al trattamento economico e normativo, anche al diritto di pretendere l’adempimento degli obblighi derivanti dalle leggi previdenziali – limitava l’ambito di efficacia del suddetto termine ai diritti suscettibili di essere fatti valere direttamente dal lavoratore, non potendosi estendere invece l’efficacia dell’anzidetta disposizione legislativa ad un soggetto terzo, quale l’ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sottraggono, pertanto, al predetto termine annuale decadenziale (v., ex multis, Cass. n. 18809 del 2018; Cass. n. 6532 del 2014; Cass. n. 996 del 2007).

22. La sentenza impugnata, così corretta ed integrata nella motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non è suscettibile di cassazione perchè, nel suo nucleo essenziale, ha riconosciuto all’ente previdenziale il diritto di esigere da C&G l’obbligazione contributiva, quale responsabile solidale della subappaltatrice FS, sul rilievo assorbente che il titolo per il versamento all’INPS della somma richiesta (depurata del dovuto per i lavoratori A. e P.) non sia stato contestato dalla C&G, come si legge nella sentenza impugnata, e dunque, per quanto fin qui detto, neanche per i profili attinenti all’esercizio della pretesa contributiva oltre il termine prescrizionale.

23. Il secondo motivo, con il quale si deduce violazione dell’art. 91 c.p.c. e dei principi in ordine al riparto delle spese in caso di reciproca soccombenza e di soccombenza virtuale, è da rigettare per avere la Corte territoriale – che ha posto le spese di entrambi i gradi di merito a carico di C&G – correttamente applicato la regola della soccombenza una volta riconosciuta, con ampia motivazione i cui passaggi salienti sono richiamati nei paragrafi che precedono, la fondatezza della pretesa dell’INPS sia quanto all’obbligazione contributiva sia quanto alle sanzioni civili.

24. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

25. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 11.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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