Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25173 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18926-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CIPI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 29, presso

lo studio dell’avvocato MARIO CHIBBARO, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati DANIELE CHIBBARO, MARIANNA FOGGETTI, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 19/11/2014, depositata il 22/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di CIPI srl, la quale resiste con controricorso illustrato da successive memorie, avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 242/22/15, depositata il 22 gennaio 2015, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, è stato accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento derivante dalla mancata giustificazione di prelevamenti ed accreditamenti bancari D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, con conseguente rettifica della dichiarazione dei redditi della società ai fini Ires, Iva ed Irap per l’anno 2004.

La CTR, in particolare, affermava che dall’esame puntuale e dettagliato della predetta documentazione emergevano con chiarezza gli elementi soggettivi ed oggettivi che avevano generato i suddetti movimenti bancari, ossia fatture, buste paga dipendenti, canoni di locazione ecc., onde doveva ritenersi assolo l’onere probatorio posto dalla legge a carico del contribuente.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunzia la violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo il giudicato esterno formatosi in altra controversia tra le medesime parti avente ad oggetto il medesimo rapporto sostanziale in relazione al medesimo anno d’imposta.

Il motivo appare fondato.

L’Agenzia delle Entrate ha infatti prodotto la sentenza n. 3855/14/14 della CTR del Lazio, tra le medesime parti, passata in giudicato il 26 gennaio 2015, come risulta dall’attestazione di mancata impugnazione da parte della segreteria della Commissione tributaria, con la quale, respingendo l’appello della CIPI srl, è stata irrogata alla contribuente la sanzione amministrativa per mancata contabilizzazione di parte dei movimenti bancari non giustificati per un ammontare di 222.616,03 Euro relativi alla medesima annualità (2004).

Nella menzionata sentenza la CTR ha confermato l’assunto dell’Ufficio secondo cui i movimenti bancari non contabilizzati, ed in particolare i prelevamenti non giustificati per 222.616,03 Euro, fossero riconducibili all’attività della contribuente, condividendo l’assunto del giudice di prime cure, secondo cui la documentazione esibita non consentiva di individuare la causa delle transazioni, la data di effettuazione, l’importo ed il beneficiario, ritenendo dunque l’inidoneità della documentazione prodotta dalla contribuente.

Orbene avuto riguardo all’efficacia della menzionata pronunzia, deve rilevarsi che le medesime questioni, concernenti movimenti bancari della contribuente non giustificati per 222.616,03 Euro risultano definite, in relazione alla medesima annualità d’imposta, dalla sentenza della CTR passata in giudicato.

Ed invero come questa Corte ha già affermato, quando due giudizi tra le medesime parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (Cass. Ss.Uu. 13916/2006).

Con riferimento alla materia tributaria, in particolare, tale efficacia espansiva del giudicato esterno appare coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario quale norma agendi. Orbene, nel caso di specie la menzionata sentenza n. 3855/14/14 della CTR del Lazio ha accertato, ai fini dell’applicabilità della sanzione in materia di Iva, che i prelevamenti bancari contestati dall’Ufficio per un ammontare di 222.616,03 Euro risultavano effettivamente non giustificati dalla contribuente e dovevano dunque ritenersi riconducibili all’attività imprenditoriale della società.

Tale statuizione, concernendo in via diretta il presupposto dell’accertamento ed il contenuto del maggior reddito accertato per la parte relativa ai prelevamenti della contribuente dai c/c ad essa intestati, ha efficacia di “giudicato esterno” precludendo ogni ulteriore accertamento al riguardo.

L’accoglimento di tale motivo assorbe l’esame degli altri.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della medesima CTR, che applicherà alla fattispecie in esame l’accertamento della sentenza della CTR del Lazio n. 3855/14/14, che ha affermato l’esistenza di prelevamenti non giustificati riconducibili all’attività d’impresa della contribuente per 222.616,03 Euro.

Il giudice di rinvio provvederà altresì alla definizione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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