Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25172 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. I, 10/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13867/2019 r.g. proposto da:

M.L., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Vittorio Sannoner, con cui elettivamente domicilia in Foggia, Via A.

da Zara n. 3, presso lo studio del predetto avvocato.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bari, depositato in data

13.3.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/7/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Bari ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da M.L., cittadino (OMISSIS), dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha narrato: i) di essere nato ed aver sempre vissuto a (OMISSIS); ii) di aver lasciato il paese in quanto la propria moglie lo aveva abbandonato, portando con sè i quattro figli, dopo i contrasti insorti fra lui e lo zio che l’aveva cresciuta, che non approvava il matrimonio; iii) di non avere altri problemi al di fuori di quelli familiari.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in primo luogo per la mancata allegazione, da parte del richiedente, di circostanze suscettibili di rientrare nella nozione di atti di persecuzione o di danno grave e, comunque, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del suo racconto, che risultava generico e contraddittorio; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla regione dell'(OMISSIS), collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato di versare in una condizione di vulnerabilità.

2. Il decreto, pubblicato il 13.3.2019, è stato impugnato da M.L. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: lamenta che il tribunale non lo abbia ritenuto credibile nonostante egli avesse formulato tempestivamente la domanda di protezione internazionale ed avesse compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, allegando le risultanze di fonti internazionali (Amnesty International, ACLED) dalle quali emergeva che la Nigeria meridionale versa in una situazione di grave pericolo generalizzato.

2. Il secondo mezzo deduce l’omessa valorizzazione di prove e riscontri in ordine all’accertamento concernente il rischio paese, in relazione al quale il tribunale avrebbe svolto valutazioni generiche, senza tener conto delle fonti di conoscenza internazionale indicate.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c).

4. Il quarto mezzo deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6. Il ricorrente lamenta che il tribunale non abbia considerato che, secondo quanto attestato dai reports internazionali richiamati, i contrasti religiosi sorti all’interno dei gruppi familiari cui è legato costituiscono un serio pericolo per la sua vita.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Già il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

Il ricorrente ha centrato la doglianza sulla questione del mancato approfondimento istruttorio officioso della situazione-paese da parte dei giudici del merito.

La censura non investe, dunque, le rationes decidendi del decreto impugnato, che fonda la statuizione di rigetto delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, innanzi tutto sul rilievo dell’assenza, in base allo stesso racconto del richiedente, dei presupposti applicativi dell’invocata disciplina protettiva, e, comunque, su una valutazione di complessiva inattendibilità della vicenda narrata, della quale evidenzia contraddizioni e lacunosità.

5.2 Il secondo e il terzo motivo, articolati in riferimento al diniego della reclamata protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati anch’essi inammissibili.

Il tribunale, che ha debitamente indicato le fonti internazionali consultate, ha tratto il proprio convincimento in ordine all’insussistenza nell’Ogun State di una situazione di violenza indiscriminata determinata da un conflitto armato generalizzato, tale da integrare una minaccia grave e individuale per i suoi abitanti, dalle risultanze del rapporto EASO 2017, che definisce proprio il predetto Stato come il più sicuro di tutta la Nigeria.

I motivi risultano dunque volti a sollecitare questo giudice di legittimità ad una non consentita valutazione della maggiore attendibilità e rilevanza di altre fonti informative, al fine di trarne un apprezzamento, in ordine alla situazione di pericolosità interna del Paese di provenienza del ricorrente, diverso da quello compiuto dal giudice del merito, cui è riservato in via esclusiva l’accertamento sul punto.

5.4 Il quarto mezzo, declinato in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria, è anch’esso inammissibile.

5.4.1 Sul punto giova ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017).

5.4.2 Ciò posto, va osservato come il ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretenda un nuovo scrutinio da parte di questa Corte di legittimità circa la ricorrenza di una sua situazione di vulnerabilità tale da giustificare il riconoscimento della richiesta protezione umanitaria, veicolando, peraltro, tale pretesa attraverso generiche osservazioni sulla situazione di pericolosità interna, determinata da conflitti religiosi, del Paese di provenienza.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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