Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25169 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. I, 28/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 28/11/2011), n.25169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7161/2006 proposto da:

C.E. (c.f. (OMISSIS)), CL.EL.,

P.E., G.I., C.D., P.

G., nella qualità di erede di S.Z., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso l’avvocato CASANOVA

STEFANIA, rappresentati e difesi dall’avvocato BONI Massimo, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.T.E.R. – AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DELLA

PROVINCIA DI VITERBO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21,

presso l’avvocato MATALUNO PAOLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato VALERI Fernando, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1606/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato VALERI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. C.E., Cl.El., C.D., P.E., G.I. e P.G. chiesero il 9 maggio 1992 al Tribunale di Viterbo di accertare la loro qualità di assegnatari – iure proprio o iure ereditario – di alloggi costruiti in Viterbo dall’Istituto Nazionale Autonomo delle Case Popolari per le Vittime Civili di Guerra.

La graduatoria a tal fine approntata dall’istituto in data 25 giugno 1965, e nella quale essi erano compresi, era stata annullata dalla Commissione regionale di vigilanza dell’edilizia economica e popolare del Lazio con decisione 10 dicembre 1969, che aveva ritenuto nulle tutte le assegnazioni perchè esse dovevano essere fatte dall’apposita commissione provinciale prevista dal D.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 e nel rispetto dei criteri di cui all’art. 8 dello stesso decreto, e non sulla base dell’art. 2 del regolamento dell’Istituto. Su ricorso dell’Istituto, la Commissione centrale, decisione 25 febbraio 1971, aveva dichiarato inammissibile il ricorso stante il carattere definitivo delle decisioni della commissione regionale in materia di assegnazioni, ma il ricorso straordinario proposto contro questa decisione era stato accolto dal Presidente della Repubblica. Infine, in data 15 marzo 1977 il Consiglio di Stato aveva dichiarato inammissibile il ricorso a esso direttamente proposto dagli odierni ricorrenti P.G., P.E. e G., dovendosi esperire altro genere d’impugnazione prima di adire il consiglio medesimo.

Nel giudizio promosso davanti al Tribunale di Viterbo, gli odierni ricorrenti sostennero l’illegittimità del provvedimento della commissione di vigilanza regionale. Su tale premessa gli attori invocarono la disapplicazione del provvedimento della commissione regionale a norma della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, sul contenzioso amministrativo (All. E).

Il tribunale di Viterbo, con sentenza n. 1529/2001, accolse la domanda attrice.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza 11 aprile 2005, in riforma della sentenza di primo grado, respinse la domanda degli attori.

2. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorrono i soccombenti, con atto notificato il 28 febbraio 2006, per due motivi.

Resiste l’ATER – Agenzia territoriale per l’edilizia residenziale pubblica della Provincia di Viterbo (già IACP Viterbo), con controricorso notificato il 6 aprile 2006.

3. Pregiudiziale all’esame del merito è la considerazione che il ricorso non contiene una propria adeguata esposizione del fatto, ma è costituito dalla riproduzione grafica della citazione introduttiva del giudizio e degli atti successivi.

4. Le sezioni unite di questa corte hanno affermato il principio, condiviso dal collegio, che la prescrizione contenuta nell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3 secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d1inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, alla quale deve considerarsi equivalente qualsiasi mezzo di riproduzione informatica, l’intero atto introduttivo di primo grado e il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Sez. un. 17 luglio 2009 n. 16628).

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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