Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25166 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/11/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 18225-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende “ope legis”;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 11,

presso lo studio dell’avvocato AMINA LABBATE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIULIANO FINA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende “ope legis”;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

contro

ASL BRINDISI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 335/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

GIAIME GUIZZI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che il Ministero della Salute, ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 335/19, del 2 aprile 2019, della Corte di Appello di Lecce, che – accogliendo solo parzialmente il gravame esperito da P.L. avverso la sentenza n. 4055/13 del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, e quindi escludendo, in via preliminare e con sentenza non definitiva (non impugnata), la prescrizione del diritto dell’appellante al risarcimento dei danni per aver contratto infezione da HCV in conseguenza di un’emotrasfusione avvenuta nel 1973 – ha ritenuto, tuttavia, che dall’importo del suo credito risarcitorio potessero essere scomputate le sole somme percepite a titolo di indennizzo ai sensi della L. 2 febbraio 1992, n. 210;

– che, in punto di fatto, il ricorrente riferisce che il P. ebbe a convenirlo in giudizio, unitamente all’Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, per conseguire dai convenuti il risarcimento dei danni da emotrasfusione da sangue infetto somministrata tra il 13 e il 19 marzo 1973;

– che il Ministero eccepiva – oltre al difetto di competenza territoriale del giudice adito e all’intervenuta prescrizione del credito risarcitorio – il proprio difetto di legittimazione passiva e l’insussistenza del nesso causale tra il trattamento trasfusionale e l’infezione riportata dall’attore;

– che costituitasi in giudizio anche l’ASL di Brindisi, il Tribunale brindisino – ritenuta la propria competenza – accoglieva la preliminare eccezione di prescrizione del diritto;

– che` proposto gravame dal P., nella resistenza di entrambi i convenuti appellati, il Ministero, oltre a reiterare le eccezioni e difese già rassegnate in primo grado, chiedeva, comunque, lo scomputo dal credito eventualmente spettante al P. delle somme dallo stesso “percepite e percipiende” a titolo di indennizzo “ex lege” n. 210 del 1992, essendo stata la relativa domanda presentata in data 27 dicembre 2003 e il beneficio riconosciuto il 27 marzo 2006;

– che il giudice di appello – dopo aver pronunciato sentenza non definitiva con la quale, come detto, escludeva l’intervenuta prescrizione – riconosceva, con la sentenza definitiva oggi impugnata, il credito dell’appellante principale, parzialmente compensandolo, tuttavia, con le somme già dallo stesso percepite a titolo di indennizzo;

– che avverso la decisione della Corte territoriale ricorre per Cassazione il Ministero, sulla base di due motivi;

– che il primo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – omessa pronuncia sulla richiesta dell’allora appellato Ministero di scomputo anche delle somme “erogande” (o meglio, percipiende) a titolo di indennizzo;

– che il secondo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., per avere il giudice di appello escluso lo scomputo anche dei ratei futuri, rilevando, al riguardo, il ricorrente che con riferimento a tale operazione si applicano – come anche chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze nn. 12564, 12565, 12566, 12567 del 22 maggio 2018 – i principi della cd. “compensatio lucri cum damno”, che costituisce eccezione in senso lato, rilevabile anche d’ufficio dal giudice;

– che ha resistito, con controricorso, il P., proponendo anche ricorso incidentale, articolato su due motivi;

– che, in punto di fatto, il controricorrente evidenzia come all’esito della consulenza tecnica d’ufficio, disposta in sede di appello, l’ausiliario del giudice, quanto al danno biologico lamentato da esso P., “distingueva il pregiudizio stimabile all’epoca della proposizione della domanda (2007), che percentualizzava nella misura del 40%, dal danno ravvisabile alla data del deposito della CTU, quantificato nell’ordine del 65%”;

– che, sempre in punto di fatto, sottolinea come la Corte territoriale, “sopperendo ad un deficit istruttorio della difesa del Ministero”, abbia rimesso la causa sul ruolo, con ordinanza del 19 marzo 2018, invitando l’appellato “a documentare le somme percepite dal Sig. P. a titolo indennizzo”, sollecitandolo, in particolare, “a produrre il relativo prospetto”, tanto che il Ministero faceva seguire “la produzione della tabella importo indennizzi”;

– che, tanto premesso, con il primo motivo di ricorso incidentale, denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1243 c.c., oltre che dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 167 e 183 c.p.c., lamentando anche la violazione di consolidati principi giurisprudenziali e l’illegittimità dell’ordinanza istruttoria suddetta;

– che, pur dichiarando di non ignorare i recenti arresti delle Sezioni Unite sulla “compensatio lucri cum danno”, il ricorrente incidentale evidenzia come la questione del defalco sia stata “filtrata” dalla giurisprudenza di questa Corte attraverso “preclusioni e decadenze istruttorie che il giudice è comunque tenuto a verificare prima di procedere all’effettiva determinazione del quantum concretamente spettante al danneggiato”;

– che, nella specie, la produzione delle tabelle da parte del Ministero risulterebbe “ampiamente tardiva” oltre che non idonea “a dimostrare i versamenti effettuati” in favore di esso P., visto che “l’astratta spettanza di una somma suscettibile di essere compresa tra un minimo ed un massimo, a seconda della patologia riconosciuta, non equivale alla sua corresponsione e non fornisce elementi per individuarne l’esatto ammontare”;

– che il secondo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 153 e 183 c.p.c.;

– che la censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di liquidare il danno alla salute, in applicazione delle cd. “tabelle milanesi”, con riferimento alla percentuale di invalidità permanente esistente al momento della domanda (40%), e non a quella maggiore (63%) riscontrata dal CTU al momento della stesura del proprio elaborato, richiamando, sul punto, il principio enunciato da questa Corte in materia di danni incrementali, che ravvisa un’ipotesi di rimessione in termini;

– che l’ASL Brindisi è rimasta, invece, solo intimata;

– che il Ministero ha resistito, con controricorso, all’impugnazione incidentale del P.;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 16 luglio 2020;

– che il ricorrente incidentale ha depositato memoria, ribadendo le proprie argomentazioni.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il collegio ritiene che le questioni oggetto dei ricorsi, in particolare quella relativa all’operatività della cd. “compensatio lucri cum damno” in relazione alle somme “percipiende” a titolo di indennizzo, ai sensi della L. 2 febbraio 1992, n. 210 (in ordine alla quale non risultano precedenti specifici), meritino un approfondimento in pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa in pubblica udienza.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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