Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25166 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4958-2014 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 24,

presso l’avvocato MARIA STEFANIA MASINI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MARCONE, BARBARA MASETTI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FACTORIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso

l’avvocato PAOLO PANARITI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MASSIMO LUPI, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4508/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato A. ARDIZZI che ha chiesto

l’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Milano, con sentenza del 12-3-2013, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. (già Acquistapace s.p.a.), su istanza della Factorit s.p.a. che, avendo acquistato i crediti della Negri s.r.l., aveva ottenuto un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo di oltre 500.000,00 Euro.

La fallita proponeva reclamo ai sensi della L. Fall., art. 18, contestando credito e legittimazione della società istante ed eccependo, in particolare, la nullità della sentenza di fallimento per carenza di motivazione, l’avvenuta pronuncia di tale sentenza prima dell’annunciato deposito di una domanda prenotativa di concordato, il difetto della situazione di insolvenza. La corte d’appello di Milano con sentenza in data 10-122013 rigettava il reclamo e avverso la citata sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione articolando sei motivi.

L’istante Factorit s.p.a. ha replicato con controricorso. Non ha svolto difese la curatela fallimentare.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Coi primi due motivi di ricorso la società denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in quanto la corte territoriale:

(a) non aveva provveduto neppure incidentalmente a verificare l’effettività del credito dell’istante ai fini della declaratoria di fallimento, ma si era limitata ad attestare che il credito risultava da decreto ingiuntivo;

(b) in ogni caso aveva omesso di esaminare la circostanza dell’avvenuto deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo.

I motivi sono infondati.

– In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, la L. Fall., art. 6 stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori senza tuttavia per questo presupporre un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, nè l’esecutività del titolo afferente, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante (v. per tutte Sez. un. n. 1521-13, d’altronde richiamata dalla sentenza impugnata). Tale principio rende palese l’errore concettuale che è alla base della prima doglianza.

Il giudice del reclamo ha del resto preso in considerazione i fatti storici allegati dalla reclamante a corredo delle ragioni di opposizione. Ha tuttavia ritenuto non rilevanti quei fatti in quanto basati su inadempienze dell’originaria creditrice tutte da accertare, a fronte invece di fatture impagate relative a forniture non tempestivamente contestate.

In tal senso il giudice del merito ha esaurito, in rapporto all’iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l’onere motivazionale suscettibile di sindacato in questa sede, dal momento che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di cui all’attuale art. 360 c.p.c., n. 5, quando, appunto, il fatto storico, rilevante in causa, sia stato preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Sez. un. n. 8053-14; cui adde Sez. un. n 8054-14).

3. – Sulla seconda doglianza deve invece puntualizzarsi che la corte d’appello ha esplicitamente affermato che il tribunale aveva tenuto la camera di consiglio il giorno successivo all’udienza prefallimentare, nel corso della quale era stata dalla debitrice esibita la copia del ricorso per concordato preventivo, al momento soltanto approntata; in tal modo era stato consentito il deposito in cancelleria di quel ricorso, il quale invece era stato depositato dopo la declaratoria di fallimento.

La censura di tale specifica affermazione è affidata a un rilievo di vizio motivazionale in quanto sarebbe stato omesso l’esame del fatto storico concernente l’avvenuto deposito del ricorso per concordato preventivo.

Ma va osservato il vizio di motivazione, denunziabile in cassazione, non si estende alle circostanze del processo, e ciò rende inammissibile la doglianza in nuce.

A ogni modo la circostanza dedotta dalla ricorrente è del tutto assertoria, dal momento che la sentenza di fallimento risulta deliberata in data 7-3-2012 e depositata in cancelleria il 12-3-2012; e dunque nella stessa data del deposito del ricorso per concordato, l’anteriorità del quale, rispetto alla pubblicazione della sentenza, in nessun modo si apprezza.

Consegue che entrambi i sopra detti motivi (il primo e il secondo) vanno disattesi.

4. – Col terzo e col quarto motivo la ricorrente denunzia, rispettivamente:

(a) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 15 e 16, artt. 132 e 161 c.p.c. e art. 118 att. c.p.c., nella parte in cui il giudice del reclamo ha escluso il vizio di motivazione della sentenza di fallimento ivi dedotto;

(b) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 5, dell’art. 547 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., oltre che il vizio di motivazione, in ordine alla prova dell’insolvenza.

A suo dire, l’argomentazione sulle ragioni del fallimento era stata insufficiente e contraddittoria, con mero rinvio a quanto ritenuto dal tribunale e con ricerca di motivazioni ipotetiche e presuntive, sorrette dal semplice richiamo dei presupposti di legge.

5. – I motivi, tra loro connessi e suscettibili di unitario esame, sono infondati e in parte inammissibili. La corte d’appello ha escluso ogni carenza motivazionale della sentenza di fallimento perchè tale sentenza consentiva di cogliere le ragioni della decisione rispetto all’esistenza, a livello di fumus, del credito della parte istante, della rilevanza di tale credito e dell’infruttuosità dell’azione esecutiva intrapresa, presso terzi, nei confronti della debitrice.

Ha inoltre confermato, nel merito, il giudizio del tribunale in quanto la reclamante si era limitata a riferire l’infruttuosità del pignoramento alla mutata denominazione conseguente a un’operazione di scissione parziale, con conseguente erroneità dell’esecuzione cui sarebbe stata da ascrivere la dichiarazione negativa dei terzi. Invero ha ritenuto ininfluente una tale difesa perchè nessuna indicazione era stata fornita onde ipotizzare che l’esito dell’esecuzione presso terzi sarebbe stato diverso ove l’esecuzione fosse stata promossa nei riguardi della società correttamente denominata. E ha aggiunto che l’esame dello stato passivo aveva evidenziato una situazione debitoria tale da escludere la condizione di transitoria illiquidità. Nè il dedotto mantenimento del credito presso terzi poteva esser desunto dal rilascio di una garanzia fideiussoria offerta da società appartenente al medesimo gruppo.

6. – Può allora osservarsi che la corte d’appello ha dato conto, con percorso argomentativo plausibile e chiaro, delle ragioni per cui doveva essere apprezzata la condizione di insolvenza effettiva, non meramente potenziale, della società debitrice. E le contrarie affermazioni, su cui soprattutto si incentra il quarto motivo di ricorso, si risolvono in un tentativo di revisione del giudizio di fatto.

7. – Restano assorbiti il quinto e il sesto motivo, coi quali la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater e dell’art. 91 c.p.c. in considerazione dell’asserito buon fondamento del suo reclamo.

Le spese sostenute dal creditore istante seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida, in favore della parte costituita, in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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