Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25165 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 08/10/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 08/10/2019), n.25165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8786/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE

DE ROSE;

– ricorrenti –

contro

I.C., I.A., IS.AL., domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato STEFANO TADDIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1084/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 01/10/2013 R.G.N. 916/2012.

Fatto

RILEVATO CHE:

1. con sentenza n. 1084 del 2013, la Corte d’Appello di Firenze respingeva il gravame proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Firenze (n. 271 del 2012) che aveva dichiarato non sussistente l’obbligo di iscrizione nella gestione commercianti dell’INPS di I.C., Is.Al. e I.A. nella qualità di soci delle sas Kyara e Marea, dedite alla sola gestione di immobili di proprietà, locati a terzi;

1.1. per quanto qui rileva, la Corte territoriale, richiamato il precedente di questa Corte n. 3145 del 2013, ha osservato come non sussistesse l’obbligo di iscrizione dei predetti alla gestione commercianti per esercitare le società Kyara e Marea sas mera attività di riscossione dei canoni di locazione di alcuni immobili e di una azienda, senza alcun coinvolgimento nella gestione della stessa; al riguardo, la Corte di merito ha anche osservato come le risultanze testimoniali escludessero qualsiasi partecipazione alla gestione del villaggio turistico (OMISSIS), vale a dire la circostanza valorizzata dall’INPS a fondamento delle proprie argomentazioni ed inoltre come non fosse sufficiente il richiamo all’oggetto sociale, se non accompagnato dall’effettivo svolgimento di un attività “commerciale”;

2. avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso in cassazione l’INPS, affidandolo ad un unico ed articolato motivo, cui hanno opposto difese, con unico controricorso, I.C., Is.Al. e I.A..

Diritto

CONSIDERATO CHE:

1. con un unico motivo, l’INPS denuncia – i sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1; L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e segg., L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2291 e 2298,2313,2318 e 2697 c.c., per aver la Corte territoriale ritenuto che I.C., Is.Al. e I.A. non dovessero essere iscritti alla Gestione Commercianti INPS, in difetto della prova di svolgimento di attività commerciale, essendo le società costituite al solo fine di godimento di beni immobili e non esercitando attività ulteriori rispetto alla riscossione di canoni relativi agli stessi ed ad una azienda; secondo l’INPS la Corte di merito non avrebbe valutato la qualità di soci accomandatari degli I., la sospensione dell’attività della Marea Snc a decorrere dal 31.12.2003 e la cessazione dell’attività, da parte della Kyara sas, ad agosto 2004, l’iscrizione, per alcuni periodi, degli I. alla gestione commercianti, gli oggetti sociali delle due società, che tutta l’attività della gestione della società non era delegata agli altri soci accomandanti, difettando la prova di procure speciali e/o atti di gestione; per l’INPS, inoltre, la Corte di appello avrebbe errato nell’applicazione della regola di giudizio ex art. 2697 c.c., sussistendo una presunzione normativa circa lo svolgimento di un’attività imprenditoriale da parte delle società, non costituite nella forma di quella semplice;

1.1 il motivo è, nel suo complesso, infondato;

1.2. i giudici di merito hanno escluso lo svolgimento di un’attività commerciale e dunque il presupposto per l’iscrizione nella gestione commerciante, per svolgere gli odierni controricorrenti solo attività di gestione della redditività degli immobili;

1.3. al riguardo, questa Corte, con orientamento costante (Cass., sez. 6, n. 3145 del 2013; Cass. n. 17643 del 2016; Cass., sez. 6, n. 27376 del 2016; Cass., sez. 6, n. 3883 del 2018; Cass., sez. 6, n. 20236 del 2017; Cass., sez. 6, n. 12981 del 2018) ritiene che l’attività di riscossione di canoni di locazione, non finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi nè ad atti di compravendita o di costruzione, non esorbita dalla semplice gestione degli immobili concessi in locazione e, pertanto, non configura esercizio di attività commerciale ai fini dell’iscrizione nella gestione commercianti. Presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è, infatti, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 (che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1) lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rilevando, di per sè, il contenuto dell’oggetto sociale (Cass. ord. n. 25017 del 2016);

1.4. il giudizio reso, nella fattispecie di causa, in ordine allo svolgimento di mera attività di gestione della “redditività” di immobili, è un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, che la Corte di appello ha condotto in corretta applicazione delle regole processuali di distribuzione del carico allegatorio e probatorio, non avendo fondamento legale la presunzione legale dedotta dall’INPS;

1.5. la contestazione dello stesso (id est: del giudizio di svolgimento di mera attività di gestione della redditività di immobili), articolata in termini di violazione di legge, non coglie nel segno; nella sostanza, le censure schermano deduzione di vizi della motivazione, attenendo alla esatta ricostruzione della vicenda di causa; tuttavia – seppure riqualificate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – le censure non superano il rilievo di inammissibilità giacchè non indicano, nel modo rigoroso richiesto dal vigente testo del predetto art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile ratione temporis), il fatto “storico” decisivo ed oggetto di discussione tra le parti non esaminato nella sentenza impugnata (Cass., sez.un., n. 8053 del 2014); la pluralità di fatti che l’INPS assume non validamente apprezzati dalla Corte territoriale esula, all’evidenza, dal modello legale dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (ex multis, in motivaz., Cass. n. 13384 del 2017, p. 8.1., sulla base di Cass. n. 21439 del 2015): nessuno di essi, infatti, è ex se risolutivo, nel senso dell’idoneità a determinare il segno della decisione;

1.6. il ricorso va dunque rigettato, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza;

2. occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 3.000,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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