Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25163 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 26/09/2017, dep.24/10/2017),  n. 25163

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23370/2016 R.G. proposto da:

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore p.t. Dott.

D.R., rappresentato e difeso dagli Avv. Pietro Bianchi

e Michele Ranchino, con domicilio eletto in Roma, via C. Colombo, n.

177;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE ASTRO S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.

T.R., rappresentata e difesa dagli Avv. Paolo Agazzi e

Laura Bianco, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima

in Roma, via Oslavia, n. 39/f;

– resistente –

Per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di

Bergamo n. 2657/16 depositata il 7 settembre 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre

2017 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso, con la dichiarazione di competenza del

Tribunale di Bergamo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il curatore del fallimento della (OMISSIS) S.r.l. convenne in giudizio l’Immobiliare Astro S.r.l., chiedendo a) in via principale, la condanna della stessa, in qualità di socio della società fallita, alla restituzione della somma di Euro 776.404,98, a titolo di rimborso dei finanziamenti effettuati in favore della (OMISSIS) nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, b) in subordine, la dichiarazione d’inefficacia degli atti estintivi dei debiti derivanti dai predetti finanziamenti, ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 67, comma 1, con la condanna della convenuta alla restituzione della medesima somma, c) in via ulteriormente gradata, la dichiarazione d’inefficacia dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati dalla (OMISSIS) nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento, ai sensi dell’art. 67 L. Fall., comma 2, con la condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 687.692,75.

Si costituì la convenuta, ed eccepì l’incompetenza del Giudice adito e la decadenza dell’attore dalle domande proposte, chiedendone il rigetto anche nel merito.

1.1. Con sentenza del 7 settembre 2016, il Tribunale di Bergamo ha declinato la propria competenza, dichiarando competente il Tribunale di Brescia, Sezione specializzata in materia d’impresa.

A fondamento della decisione, il Tribunale ha rilevato che la domanda principale era riconducibile al D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3, come modificato dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, in quanto il nucleo essenziale della materia del contendere atteneva a rapporti societari, trattandosi di controversia riguardante due società partecipate dai medesimi soci ed una delle quali era socia dell’altra, nonchè avente ad oggetto l’accertamento dei presupposti dell’azione prevista dall’art. 2467 cod. civ. Ha escluso che l’azione fosse riconducibile alla revocatoria fallimentare, affermandone la spettanza anche alla società in bonis, e ritenendo ininfluente sia la questione concernente la legittimazione dell’attore, sia la congiunta prospettazione dei presupposti della revocatoria fallimentare, in considerazione dell’avvenuta proposizione di tale azione in via subordinata, nonchè dell’attrazione delle cause connesse nella competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa. Ha precisato infine che l’azione di cui all’art. 2467 cod. civ. non è annoverabile tra quelle derivanti dal fallimento, nel cui esercizio il curatore agisce in qualità di terzo a tutela della massa dei creditori, trattandosi invece di un’azione rinvenuta nel patrimonio della società fallita, nel cui esercizio il curatore rivestiva la medesima posizione sostanziale e processuale della (OMISSIS).

2. Avverso la predetta sentenza il curatore ha proposto istanza di regolamento di competenza, per un solo motivo. L’Immobiliare Astro ha resistito con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2467 cod. civ., dell’art. 24L. Fall. e del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, come modificato dal D.L. n. 1 del 2012, osservando che, nell’escludere la competenza funzionale del tribunale fallimentare, la sentenza impugnata non ha considerato che l’azione restitutoria prevista dall’art. 2467 cod. civ. nasce dal fallimento e spetta in via esclusiva al curatore, unico legittimato a proporla. Premesso infatti che la ratio della norma in esame consiste nell’impedire che i soci trasferiscano a carico dei creditori estranei alla compagine sociale il rischio derivante dalla conservazione in vita di una società nominalmente sottocapitalizzata, sostiene che, a differenza della postergazione prevista dalla prima parte del primo comma, applicabile anche quando la società sia ancora in bonis, la restituzione del rimborso prevista dalla seconda parte del medesimo comma ha come presupposto il fallimento della società, e può essere richiesta soltanto in sede fallimentare; essa non può quindi essere proposta nè dai creditori, i quali possono agire per inadempimento nei confronti della società o per il risarcimento dei danni nei confronti degli amministratori o dei soci rimborsati, nè dalla società, anch’essa eventualmente legittimata all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Il pagamento effettuato dalla società in favore del socio finanziatore non costituisce d’altronde neppure un indebito, ed è pertanto valido ed efficace finchè la società resta operativa, dovendo essere restituito soltanto nel caso in cui intervenga la dichiarazione di fallimento; la relativa azione, prevista a tutela dei terzi creditori, è riconducibile a tutti gli effetti agli artt. 64 e 65 L. Fall., pur presentando caratteristiche specifiche, ed ha per effetto l’inefficacia dei pagamenti compiuti nei confronti dei creditori concorsuali.

1.1. Il ricorso è fondato.

Non può infatti condividersi il ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, nella parte in cui, sulla base della mera distinzione introdotta tra l’azione proposta dal curatore ai sensi dell’art. 2467 cod. civ. e la revocatoria fallimentare, afferma l’assimilabilità della prima all’azione spettante alla società in bonis nei confronti del singolo socio ai sensi della medesima disposizione, ravvisandovi quindi un’azione rinvenuta dal curatore nel patrimonio della società fallita, con la conseguente sottrazione alla competenza esclusiva del tribunale fallimentare, e l’attribuzione a quella delle sezioni specializzate in materia d’impresa.

Nell’ambito della disciplina introdotta dall’art. 2467 cod. civ., comma 1, occorre infatti distinguere tra la regola dettata dalla prima parte, che dispone la postergazione del rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci, come qualificati dal secondo comma, rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, ed il rimedio previsto dalla seconda parte della medesima disposizione, che pone a carico dei soci l’obbligo di restituire i rimborsi ottenuti nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società. Tale rimedio, pur costituendo applicazione della predetta regola, è destinato ad operare esclusivamente in caso di fallimento della società, come reso evidente dal riferimento temporale adottato ai fini dell’individuazione dei rimborsi soggetti a restituzione, che, presupponendo l’intervenuta dichiarazione di fallimento, consente di riconoscere esclusivamente al curatore, in rappresentanza della massa dei creditori, la legittimazione all’esercizio dell’azione restitutoria. Ciò non significa peraltro che la postergazione sia destinata a rimanere priva di effetti fino alla dichiarazione di fallimento, trattandosi di una regola volta a ristabilire l’equilibrio finanziario dell’impresa sociale nello interesse tanto dei creditori quanto della stessa società, e ciò essenzialmente al fine di evitare che il rischio correlato alla gestione di un’impresa sotto-capitalizzata, e quindi priva di mezzi propri, nonchè operante prevalentemente con ingenti finanziamenti a titolo di capitale di prestito da parte dei soci, sia trasferito a carico dei creditori esterni alla società. Non occorre, in questa sede, passare in rassegna l’intero ventaglio degli strumenti idonei a garantire l’attuazione di tale disciplina al di fuori delle procedure concorsuali o della fase di liquidazione, così come individuati dalla dottrina favorevole alla sua applicazione anche nei confronti della società in bonis: è sufficiente al riguardo considerare che, anche nel caso in cui il legittimato passivo viene individuato nei soci che hanno ottenuto il rimborso (configurandosi lo stesso come indebito oggettivo ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. o ritenendosi applicabili in via analogica l’art. 2491 cod. civ. o l’art. 2495 cod. civ., comma 2, ovvero affermandosene la concorrente responsabilità verso i creditori sociali rimasti insoddisfatti), l’azione ha in comune con quella prevista dallo art. 2467 unicamente il presupposto di fatto costituito dall’avvenuta effettuazione del rimborso, differenziandosene da un lato per la necessità che lo stesso sia avvenuto in presenza della situazione di squilibrio finanziario descritta dal comma 2, dall’altro per la mancata fissazione di un limite temporale.

In quest’ottica, non essendo la domanda proposta dal curatore annove-rabile tra le azioni rinvenute nel patrimonio della società fallita, nel cui esercizio egli riveste la medesima posizione sostanziale e processuale, ma trattandosi di un’azione che trae origine dal fallimento, non può trovare applicazione la speciale competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa, prevista dal D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, come modificato dal D.L. n. 1 del 2012, art. 2, comma 1, lett. d), restando la controversia devoluta alla competenza funzionale del tribunale che ha dichiarato il fallimento, ai sensi dell’art. 24 L. Fall..

2. La sentenza impugnata va pertanto annullata, con la dichiarazione di competenza del Tribunale di Bergamo, al quale la causa va rinviata, anche per la liquidazione delle spese relative al regolamento di competenza.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; dichiara la competenza del Tribunale di Bergamo, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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