Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25158 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. I, 28/11/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 28/11/2011), n.25158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. Dogliotti Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma Via Linda Malnati 46, presso Rosaria Vaccaro,

rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

UNICREDITO ITALIANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 36/2007 della Corte di appello di Palermo,

Sezione Seconda Civile, emessa l’8 gennaio 2007, depositata il 23

gennaio 2007, nella procedura 2011 iscritta al n. 530/99 R.G.;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 20 settembre

2011 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.G. citava in giudizio il Credito Italiano esponendo i seguenti fatti. Dopo, aver contratto, nell’aprile 1980 e nel novembre 1982, due mutui ipotecari con la Cassa Rurale ed Artigiana Popolare di Palma di Montechiaro, rispettivamente di L. 80.000.000 e di L. 500.000.000, aveva instaurato, nel 1991, un giudizio nei confronti della Cassa per ottenere la cancellazione delle ipoteche dovute a seguito dell’estinzione dei due mutui. Nel giudizio era intervenuto il Credito Italiano a seguito di incorporazione per fusione della Cassa.

Nelle more del giudizio il L. aveva promesso in vendita un appartamento gravato da ipoteca e, al fine di ottenerne la cancellazione, si era indotto a corrispondere al Credito Italiano la somma di L. 405.000.000. L’istituto si era però appropriato illegittimamente del denaro imputando il versamento genericamente alla corresponsione di interessi pregressi senza specificare a quali capitali tali interessi si riferissero e quale tasso fosse stato praticato.

Di qui la citazione in giudizio del Credito Italiano per ottenere la sua condanna alla restituzione della somma di L. 405.000.000.

Il Tribunale di Agrigento rigettava la domanda del L. e la Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione L.G. affidandosi a cinque motivi di impugnazione.

Non svolge difese Unicredito Italiano s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la errata applicazione di norme di diritto (art. 2033 c.c., art. 183 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 2823-2543 c.c., art. 2826 c.c., art. 2978 c.c., n. 3 e art. 1200 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 errata applicazione di norme di diritto.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 2878 c.c., n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce la insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia.

Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente ha formulato in modo del tutto apparente i quesiti di diritto prescritti, per ogni motivo di ricorso, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla controversia. Il ricorrente ha affidato infatti i quesiti a formule vuote con contenuto totalmente demandato alla Corte come la seguente: “dica la Corte se nel motivo sopra spiegato ricorrono le violazioni sopra enunciate ed enunci il principio di diritto nell’interesse della legge”. Si tratta evidentemente di una formula equiparabile alla mancata formulazione del quesito.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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