Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25152 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/10/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 08/10/2019), n.25152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30305-2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONINO NOVELLO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

29/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa VELLA

PAOLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. 11 Tribunale di Caltanissetta ha respinto il ricorso proposto dal cittadino pakistano A.M. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, ritenendo che i fatti narrati fossero generici, privi di riscontri probatori, contraddittori e quindi scarsamente plausibili, che non ricorresse alcuna ipotesi di conflitto armato interno nella regione di provenienza (Punjab) e che non bastasse lo svolgimento di attività lavorativa in Italia a giustificare il riconoscimento del permesso di soggiorni per motivi umanitari.

2. Avverso detta decisione il ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso per cassazione. Il Ministero intimato non ha svolto difese.

3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere il tribunale applicato il principio dell’onere probatorio attenuato, sia con riguardo al profilo della credibilità del ricorrente, sia con riguardo alle condizioni del Pakistan, che avrebbero meritato un approfondimento istruttorio.

5. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere il tribunale affermato che nella regione del Punjab non ricorrerebbe alcuna ipotesi di conflitto armato interno, alla luce del rapporto RASO 2017, che però non sarebbe stato letto approfonditamente, nè integrato con ulteriori fonti, come quelle fornite dal M.A.E. tramite il sito www.viaggiaresicuri.it.

6. Il terzo motivo prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per avere la Corte d’appello ingiustamente omesso di dare adeguato valore, ai fini della protezione umanitaria, allo svolgimento di attività lavorativa in Italia (tirocinio professionale per quattro mesi, raccolta di prodotti agricoli per tre mesi) mentre “più del 73% dei lavoratori in Pakistan fanno parte della c.d. economia informale, setqa cioè alcuna protezione sindacale o sociale”.

7. I motivi sono inammissibili perchè afferenti il merito delle motivate valutazioni del tribunale su non credibilità del narrato, condizioni del Paese d’origine e profili di vulnerabilità del richiedente.

8. Al riguardo deve ricordarsi che: i) la materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 19197/2015, 27336/2018, 3016/2019), anche con riguardo alla protezione umanitaria (Cass. 3681/2019); li) l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata (Cass. 33096/2018, 28862/2018; cfr. Cass. 4892/2019 e 16925/2018), ma quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda (Cass. 3016/2019); iii) la ritenuta non credibilità del racconto del ricorrente integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, chiamato a valutare se le dichiarazioni dello straniero siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ed è perciò censurabile in cassazione solo nei rigorosi limiti attualmente prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (qui non rispettati), ovvero come mancanza assoluta della motivazione perchè inesistente, apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile (qui non dedotta), restando esclusa sia la rilevanza della sua pretesa insufficienza, sia l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura o interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi appunto di censura attinente al merito (Cass. 3340/2019; cfr. Cass. 27502/2018); v) anche l’accertamento della sussistenza di una “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale” ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – da interpretare in conformità alle fonti normative e giurisprudenziali Eurounitaric (direttive 2004/83/CE e 2011/95/1n Corte giust. 17/0/2009, Elgafaji; 30/01/2014, Diakitè) – implica un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, parimenti censurabile nei richiamati limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass. 30105/2018, 32064/2018); vi) ai fini della protezione umanitaria non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass. 3681/2019).

9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 8 ottobre 2019

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