Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25148 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25148 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 10084-2007 proposto da:
DE

CRISTOFARO

ROSINA,

AVITABILE

VINCENZO,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA SARDEGNA

38,

presso lo studio dell’avvocato DI GIOVANNI FRANCESCO,
che li rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrenti contro

2013
2623

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E
FINANZE;
– intimati

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.

di FOGGIA,

162/2005

della

depositata il

Data pubblicazione: 08/11/2013

07/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

il rigetto del ricorso.

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In seguito ad avviso con il quale l’Ufficio Distrettuale delle II.DD. di Lucera aveva accertato nei
confronti della “NUOVA CI.MO.SA . DAUNA srl un reddito per l’anno 1989 di lire 128.644.000, lo stesso
Ufficio procedeva al conseguente accertamento nei confronti dei coniugi De Cristofaro Rosina ed
Avitabile Vincenzo, soci ciascuno al 50%, nella misura di lire 64.322.000.
Con ricorso alla CTP di Lucera i contribuenti impugnavano detto avviso, deducendo in particolare che
stata fornita della divisione del reddito della società tra essi soci.
L’adita CTP accoglieva il ricorso, rilevando che con contestuale sentenza n. 67 del 1995, avente ad
oggetto l’accertamento concernente il reddito della società, essa stessa Commissione aveva annullato
l’avviso.
Con sentenza n. 164/27/05, depositata il 7-2-2006, la CTR di Bari, sez. distaccata di Foggia, in
accoglimento dell’appello dell’Ufficio, dichiarava la legittimità dell’atto impugnato; in particolare, la
CTR rilevava: che con altra sentenza emessa in pari data la stessa CTR aveva accolto l’appello
dell’Ufficio avverso la su menzionata sentenza della CTP n. 67/95, confermando in lire 128.644.000
l’utile accertato nei confronti della società; che, attesa la ristretta base azionaria e la mancanza di altra
destinazione della somma rilevabile dalla documentazione contabile, doveva ritenersi che il reddito
accertato nei confronti della società fosse stato diviso tra i due soci; che nessuna memoria o atto di
appello incidentale della parte privata era stato prodotto in giudizio nel fascicolo di causa.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione i contribuenti, affidato a due motivi;
l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze non svolgevano attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i contribuenti, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione
degli artt. 23, 53 e 54 d.lgs 546/1992 nonché degli artt. 159, 342 e 342 cpc, deduceva che la CTR aveva
omesso ogni esame dell’appello incidentale proposto da essi contribuenti, rilevando che il detto
gravame non era stato ritualmente proposto, in quanto contenuto in un unico atto, relativo a più
decisioni, separatamente gravate con appello da parte dell’Ufficio; al riguardo evidenziava che le
questioni controverse erano in parte identiche ed in parte dipendenti l’una dalle altre, sicchè doveva
ritenersi ammissibile l’impugnazione di più sentenze con il medesimo atto.
Il motivo è inammissibile.
La censura, invero, non appare in linea con il contenuto della gravata sentenza, che ha omesso ogni
esame dell’appello incidentale non perché, come affermato dalla società ricorrente, il predetto aRpello

anche l’avviso di accertamento nei confronti della società era stato impugnato e che nessuna prova era

era “contenuto in un unico atto, relativo a più decisioni, separatamente gravate con appello da parte
dell’Ufficio”, ma perché nel fascicolo del giudizio in questione non vi era proprio nessun appello
incidentale e la CTR non poteva prendere in considerazione “appelli incidentali riguardanti altri
fascicoli per altri anni d’imposta”; la doglianza, comunque, non riportando nemmeno il contenuto del
dedotto appello incidentale, è anche priva del necessario requisito dell’autosufficienza, non
consentendo a questa Corte di valutare l’identità e/o la connessione delle questioni controverse nelle
varie decisioni impugnate.

applicazione degli artt. 2727 e 2729 cc nonché insufficiente e contradditoria motivazione su un punto
decisivo della controversia, rilevava che, non avendo preso in considerazione l’appello incidentale, la
CTR, riproponendo l’errore già contenuto nella sentenza di primo grado, aveva erroneamente fondato
la presunzione di riparto dei maggiori utili tra i soci solo sulla base della ristretta base azionaria e sulla
circostanza che non risultava una diversa destinazione degli utili stessi, senza tenere in conto che il
maggior utile imponibile alla società non necessariamente coincide con il maggior utile distribuibile.
Soggiungevano i ricorrenti che, non essendosi la CTR posto la questione se al maggior reddito
imponibile in capo alla società corrispondesse un effettivo maggior utile distribuibile, la motivazione
era comunque incompleta e quindi insufficiente.
Siffatto motivo è infondato.
Per costante e condiviso principio giurisprudenziale, invero, in tema di accertamento delle imposte sui
redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa (quale quella in questione, costituita
da due soci), “è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili
accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi
non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti” (Cass. 5607/2011; v,
tra le tante, anche Cass. 18640/2008 e 17358/2009); siffatta presunzione non viola il divieto di
presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori
redditi accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di
solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione
sociale (Cassazione civile sez. trib., 22 aprile 2009, n. 951; v. anche Cass. 5607/2011).
Correttamente, pertanto, la CTR, proprio in applicazione del predetto principio, ha affermato la
legittimità dell’impugnato accertamento sulla base della ristretta base azionaria (solo due soci: De
Cristofaro Rosina ed Avitabile Vincenzo) e della assenza di prova contraria da parte dei contribuenti
(mancanza di altra destinazione della somma rilevabile dalla documentazione contabile); prova
contraria, peraltro, che non viene specificata neanche nel presente ricorso per Cassazione, ove i
ricorrenti hanno solo dedotto in astratto la distinzione tra “maggior utile distribuibile” e “maggior

Con il secondo motivo i contribuenti, denunziando -ex artt. 360 nn. 3 e 5 cpc- violazione e falsa

:AMAR
ESENTE
Al SENSI DEL D.?.R.
N. 131 TA3. ALI-. 14. – N. 5
MArERIA TRIBUTARIA

imponibile”, senza alcun concreto riferimento alla fattispecie in esame; siffatti rilievi assorbono il
prospettato difetto di motivazione.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, atteso che l’Agenzia ed il Ministero non hanno svolto attività difensiva.
P. Q. M.

Così deciso in data 26-9-2013 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

La Corte rigetta il ricorso.

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