Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25147 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. II, 08/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 08/10/2019), n.25147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15825/2015 proposto da:

EDIFICARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELENA TARICCO;

– ricorrente –

contro

EDILMETALLI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO FOTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2109/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Edificare S.R.L. ha citato in giudizio Edilmetalli S.R.L. davanti Tribunale di Torino per sentirne dichiarare l’inadempimento ad un contratto di fornitura di lamiere stipulato fra le parti, nonchè condannarla al risarcimento del danno conseguitone.

Edilmetalli, costituitasi, ha eccepito che il contratto relativo a quel particolare tipo di lamiere, oggetto dell’ordine di Edificare, non si fosse in realtà concluso.

Il Tribunale di Torino con sentenza n. 1003 del 2013, riteneva che il contratto fosse concluso, sulla scorta delle deposizioni assunte, ed ha accolto in parte la domanda, liquidando il danno in misura inferiore al richiesto.

Avverso questa sentenza interponeva appello la società Edilmetalli. L’appellante sosteneva che il primo giudice avrebbe qualificato come somministrazione il contratto, non richiedente forma scritta, mentre si trattava di vendita, che tale forma richiederebbe ad substantiam, con la conseguenza, evidentemente, che non era rilevante la prova orale; comunque, che il primo giudice avrebbe erroneamente valutato le prove orali; contestava anche la risoluzione e la liquidazione del danno. Si costituiva in giudizio parte appellata, contestando il fondamento del gravame chiedendone la reiezione.

La Corte di Appello di Torino con sentenza n. 2109 del 2014 accoglieva l’appello e per l’effetto rigettava la domanda avanzata dalla società Edificare srl. Secondo la Corte di Appello di Torino nel caso ine same mancava la prova dell’avvenuta conclusione del contratto tra le parti. Nessun elemento acquisito in giudizio consentiva, anche se interpretati nel loro insieme, di evincere l’avvenuta accettazione dell’ordine da parte della Edilmetalli e dunque l’avvenuta conclusione del contratto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società Edificare srl con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. La società Edilmetalli ha resisto con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La società Edificare srl lamenta:

a) Con il primo motivo la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2729, in relazione alla statuizione con cui la Corte distrettuale avrebbe affermato che difetta la prova dell’avvenuta conclusione del contratto fra le parti. La Corte distrettuale, secondo la ricorrente, nel ritenere non provata l’accettazione l’avvenuta conclusione del contratto oggetto del giudizio non avrebbe tenuto conto del fatto che alcuni documenti prodotti dimostravano se non un’accettazione espressamente dichiarata, l’esistenza di fatti idonei a suffragare la tesi di un’accettazione dell’ordine contrattuale attraverso comportamenti concludenti. In particolare la Corte disttettuale non avrebbe valutato l’ordine integrativa del 21 maggio 2010 in cui risultavano annotate per mano del sig. M. funzionario della vendita di Edilmetalli tutte le specifiche misure dei tagli lamiere di cui l’acquirente Edificare necessitava.

b) con il secondo motivo, la violazione e falsa apllicazione degli artt. 1175, 1325, 1326, 1327, 375 e 2897, in relazione all’omessa considerazione dei comportamenti concludenti posti in essere da Edilmetalli valutabili alla stregua di conclusione del contratto alternativa all’accettazione espressa.

Secondo la ricorrente la Corte disttettuale non avrebbe valutato i comportamenti concludenti posti in essere da Edilmetalli: Edilmetalli tramite il suo funzionario di vendita sig. M. avrebbe raccolto l’ordine contrattuale del 26 aprile 2010 proveniente da Edificare; b) la richiesta di indicazione delle coordinate bancarie formulata da Edilmetalli nei confronti di Edificare e risultante dal documento n. 4 del fascicolo Edificare;

c) la richiesta di modifica delle modalità di pagamento comunicata da Edilmetalli a Edificare; d) la raccolta dell’ordine integrativo.

1.1.- Entrambi i motivi che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Come più volte ha affermato questa Corte in altre occasioni, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 13910/2001; 27464/2006).

Sicchè la ricorrente non potrà dolersi del fatto che la Corte disttettuale abbia escluso che sia stata data la prova dell’avvenuta accettazione dell’ordine contrattuale avendo chiarito che i dati processuali acquisiti (documenti e prove testimoniale), sia pure interpretati complessivamentei non consentivano di evincere l’avvenuta accettazione dell’ordine da parte della Edilmetalli e, dunque, l’avvenuta conclusione del contratto, neppure sotto il profilo di un inizio di esecuzione del contratto stesso.

Nel caso in esame, la Corte disttettuale ha avuto modo di precisare, dopo una valutazione ponderata dei documenti acquisti al giudizio, che “(….) dal punto di vista della prova scritta esistono in atti solo ordini di Edificare rivolti ad Edilmetalli: non esiste alcun scritto di accettazione, non potendo in alcun modo rivestire tale valenza la mera richiesta, fra l’altro proveniente da una dipendete priva di ogni potere rappresentativo, alla proponente di fornire i propri dati bancari, e neanche l’annotazione manuale sul pagamento modificato sull’ordine di Edificare, ancorchè in ipotesi proveniente da Edilmetalli, comunque, non da soggetto dotato di potere rappresentativo. Per quanto riguarda i testi, poi, nessuno di essi è stato in grado di riferire sull’accettazione dell’ordine (….)”.

2.- Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2094 e 2210 c.c., in relazione alle statuizioni della sentenza impugnata inerente alla carenza di potere rappresentativo in capo alla segreteria amministrativa e al funzionamento di vendita di Edilmetalli. Secondo la ricorrente la Corte disttettuale nel ritenere che il M.P. fosse privo di rappresentanza non avrebbe tenuto conto che i testimoni Ma.Iv. e C.S. lo avevano qualificato quale funzionario di vendita e il funzionario di vendita rientrerebbe nella categoria degli ausiliari dell’imprenditore, i quali, chiamati agenti o rappresentanti di commercio, avevano il potere di rappresentare la società nel compimenti di tutti gli atti inerenti ordinariamente la vendita. Anche Ma.Iv., colei che chiese ad Edificare le coordinate bancarie e comunicò le modifiche della modalità di pagamento dovendo ritenere che agisse nell’ambito delle direttive impartire dal suo datore di lavoro era dotata del generale potere rappresentativo che compete a tutti i collaboratori dell’imprenditore.

2.1.- Il motivo è infondato.

Come è stato già detto da questa Corte (Cass. n. 9079 del 2001) che qui si ribadisce e si condivide: l’incaricato delle vendite cui nell’organizzazione dell’impresa sia attribuita unicamente la mansione di raccogliere le proposte e di trasmetterle all’imprenditore affinchè ne valuti la convenienza ed eventualmente le accetti, non può accettarle in luogo di questi rimanendo l’accettazione estranea alle funzioni affidategli, ma può ben ricevere nell’interesse dell’imprenditore le somme che gli siano affidate contestualmente alla proposta a titolo di anticipo sul prezzo, con l’effetto di obbligare l’imprenditore alla restituzione nel caso in cui per una qualsiasi ragione la proposta non sia accettata ed il contratto non si concluda.

Correttamente, dunque, la Corte disttettuale ha ritenuto che nè il funzionario di vendita (il sig. M.) nè la segretaria amministrativa poteva impegnare la società Edilmetalli essendo privi del potere di rappresentanza. Con l’ulteriore conseguenza che ogni loro comportamento non avrebbe potuto avere valenza di accettazione dell’ordine proveniente dalla società Edificare e/o determinare la conclusione del contratto di cui si dice nè impegnare contrattualmente la società Edilmetalli.

3.- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 116 e 232 c.p.c., in relazione alla statuizione della Corte di appello con cui si è escluso il rilievo, ai fini della prova dell’avvenuta stipulazione del contratto tra le parti, alla (ingiustificata) mancata risposta del legale rappresentante di Edilmetalli all’interrogatorio formale. Secondo la ricorrente nel ritenere che la mancata comparizione del legale rappresentante di Edilmetalli da sola non avrebbe potuto fornire la prova della conclusione del contratto, non avrebbe tenuto conto che l’insieme degli elementi di prova a sostegno della tesi dell’avvenuta conclusione del contratto per fatti concludenti era cospicuo e significativo.

3.1.- Il motivo è inammissibile.

Va qui osservato che al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam della censura sollevata dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti. Sicchè si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare un vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato. Epperò, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Cass. n. 10385 del 18/05/2005; n. 9185 del 21/04/2011), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

3.2.- Sotto il profilo della dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c., è appena il caso di rilevare come, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime) (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640193 – 01) Sicchè il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892 del 10/06/2016). Ora, nella specie, il ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) – si è limitato a denunciare un (pretesa) cattivo esercizio, da parte della Corte di appello, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità.

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza va condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.500,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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