Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25147 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18444-2011 proposto da:

C.R., rappresentato e difeso da se medesimo,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ORVIETO 1, presso lo studio

dell’avvocato C.R. in proprio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 133/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 09/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato C. che ha chiesto la cessata

materia del contendere e insiste sulle spese;

udito per il resistente l’Avvocato ROCCHITTA che ha chiesto

l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per la cessata materia del

contendere.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 133/6/2011, pronunciata il 21/4/2011 e depositata il 9/6/2011, dichiarava estinto il giudizio vertente sul ricorso per l’ottemperanza della ordinanza n. 8/26/2009 con la quale la medesima CTR aveva respinto l’istanza di correzione della sentenza n. 56/26/05 proposta dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c., per mancanza dei relativi presupposti, e disposto la condanna della parte istante al pagamento delle spese processuali in favore dell’avv. C., procuratore dichiaratosi antistatario.

Osservava la CTR che il legale, aveva dapprima chiesto, con atto di messa in mora notificato all’Agenzia delle Entrate, il pagamento della somma di Euro 940,00, determinata dagli onorari, diritti ed accessori liquidati nella predetta ordinanza, atteso che la sentenza n. 56/26/05 era divenuta definitiva in mancanza d’impugnazione, oltre ulteriori oneri e spese sostenuti per il mancato adempimento, e successivamente proposto ricorso per l’ottemperanza della pronuncia di condanna, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70. Rilevava altresì che il rappresentante della Direzione Provinciale di Roma (OMISSIS) aveva prodotto in udienza copia della comunicazione inviata alla Direzione Regionale del Lazio con la quale l’Agenzia aveva disposto il pagamento dell’importo dovuto a seguito dell’ordinanza n. 8/26/2009, da accreditare su conto corrente bancario, del contendere, circostanza che si imponeva la declaratoria d’intervenuta cessazione della materia stante.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’avv. C., affidandosi a tre motivi, illustrati con memoria difensiva.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 6, per essere stato il procedimento per l’ottemperanza assegnato dal Presidente della Commissione tributaria regionale del Lazio alla Sezione n. 6, anzichè alla Sez. n. 26, che aveva emesso l’ordinanza n. 8/26/2009.

La censura va disattesa in quanto alcuna sanzione è comminata per la dedotta violazione al disposto della norma che resta finalizzato all’ordinato svolgimento e trattazione dei procedimenti, senza potere incidere in senso negativo sulla sua validità del provvedimento pronunciato, afferendo soltanto alla interna ripartizione degli affari tra organi dello stesso ufficio giudiziario.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, commi 7 e 8, per avere l’adita CTR omesso di adottare i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza della ordinanza e dichiarato erroneamente estinto il relativo procedimento.

Sulla questione dedotta con la suesposta censura, concernente la declaratoria di estinzione del procedimento di ottemperanza, va preso atto che il ricorrente, con dichiarazione resa nella pubblica udienza, ha confermato l’intervenuto effettivo pagamento della somma dovuta a seguito dell’ordinanza n. 8/26/2009, fatto sopravvenuto che elide l’interesse a proseguire il giudizio per ottenere la pronuncia ed idoneo a determinare la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 per avere l’adita CTR omesso la pronuncia sulle spese processuali in favore della parte vittoriosa applicando, se del caso, il principio della soccombenza virtuale, alla luce della sentenza n. 274/2005 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3, nella parte in cui preclude ai giudici tributari, nella declaratoria di estinzione della controversia per cessazione della materia del contendere, di condannare l’Amministrazione virtualmente soccombente al pagamento delle spese.

Il motivo è fondato e merita accoglimento.

La CTR, pronunciando sul ricorso per ottemperanza, ha rilevato che l’Amministrazione aveva disposto il pagamento dell’importo dovuto in base al giudicato all’avv. C. ed ha dichiarato – con sentenza – cessata la materia del contendere, così operando una valutazione in ordine al provvedimento utile per dare attuazione al giudicato e, opinando che l’intervenuta comunicazione sottesa al rimborso, fosse in tal senso satisfattiva – ancorchè mero adempimento prodromico al pagamento – e che nessun interesse giustificasse la prosecuzione del giudizio di ottemperanza.

Al di là, quindi, dell’improprio uso della formula della “presa d’atto”, vertendosi in tema di errore di giudizio sulla corretta esecuzione del giudicato, ne consegue che la relativa decisione correttamente è stata impugnata con ricorso in Cassazione, giusto il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 10, “per inosservanza delle norme sul procedimento” (Cass. n. 4796/2011; n. 7312/2003; S.U. n. 9340/2002).

La limitazione dell’impugnativa alle sole norme sul procedimento, peraltro, perde rilievo sol che si consideri che, a prescindere da quanto previsto dall’art. 70 citato, il ricorso per cassazione contro le sentenze di ottemperanza del giudice tributario è ammissibile, ai sensi dell’art. 111 Cost., e questa Corte in tal senso si è espressa anche con riferimento al ricorso avverso l’ordinanza, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 8, con la quale la commissione tributaria adita dichiara chiuso il procedimento, qualora tale provvedimento abbia un contenuto decisorio (Cass. n. 11352/2012; n. 3435/2005).

E’ da condividere, pertanto, la censura con la quale il ricorrente si duole della mancata pronuncia della CTR sulle spese processuali del giudizio di ottemperanza richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 274/2005 – che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3, nella parte in cui precludeva ai giudici tributari, nella declaratoria di estinzione della controversia per cessazione della materia del contendere, di condannare l’Amministrazione, virtualmente soccombente al pagamento delle spese – atteso che, muovendo dalla premessa che non opera più la deroga al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, non v’è alcuna ragione per sottrarre il giudizio di ottemperanza al principio della soccombenza.

Se, infatti, l’incardinamento del giudizio di ottemperanza non priva l’Amministrazione del potere di procedere all’adempimento fintanto che il provvedimento attuativo non sia stato emesso, l’adempimento intervenuto tardivamente può incidere sulle spese del processo, potendone l’adito giudice tributario tenere conto, per la valutazione della soccombenza virtuale, al fine di dichiarare, ricorrendone i presupposti, la compensazione delle stesse.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, che provvederà anche alla liquidazione della spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla declaratoria di estinzione del giudizio di ottemperanza; rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo e cassa ia impugnata sentenza, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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