Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25146 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2960-2012 proposto da:

ANTICHE FORNACI D’AGOSTINO SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ILDEBRANDO GOIRAN

23, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA MARIA INES GEROMEL,

rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA DE PRISCO, FILIPPO

CASTALDI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DEL TERRITORIO UFFICIO PROVINCIALE DI SALERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 375/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 21/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2016 dal Presidente e Relatore Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

La Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, rigettava l’appello proposto dalla società Antiche Fornaci d’Agostino s.p.a. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno che ha confermato la rendita catastale di Euro 194.144,00 attribuita dall’Ufficio al compendio immobiliare di proprietà della società.

La società impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo 4 motivi.

L’Agenzia del Territorio si è costituita con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata 1. Col primo ho motivo di ricorso la società eccepisce il formarsi del giudicato esterno sulla rendita catastale oggetto del presente giudizio, rettificativo della denuncia docfa del 2005, determinata dalla in Euro 119.863,11 a seguito della sentenza della CTR Campania, sezione staccata di Salerno, n. 258/04/10, divenuta definitiva in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, afferente i medesimi presupposti fattuali (valutazione catastale del medesimo compendio immobiliare) e temporali (valutazione dell’immobile riferibile al medesimo biennio censuario – anni 1988-1989).

Il motivo è infondato, sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: “La preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici – per identità di soggetti, causa petendi e petitum, per la cui valutazione occorre tenere conto dell’effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione – ma nei soli limiti dell’accertamento della questione di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche” (Cass. n 12763 del 2014).

Nella sentenza n. 258/04/2010 la CTR ha rilevato un mero vizio procedimentale e cioè la non regolare notifica dell’accertamento catastale.

Nel caso in esame non viene in rilievo l’accertamento catastale, trattandosi di sentenza su una questione di rito e su tale interpretazione non può mai formarsi il giudicato esterno.

Inoltre, nella fattispecie in esame, l’accertamento nasce da una denuncia di variazione per fusione con altre unità immobiliari con conseguente necessità di nuova accertamento in virtù dello stato di fatto dato e delle nuove potenzialità del bene, con diversi presupposti fattuali dell’oggetto dei due giudizi.

2. Con il terzo e quarto si denuncia, sotto diversi profili, la violazione dei principi afferenti al classamento o degli immobili urbani a destinazione speciale e difetto di motivazione della sentenza.

I predetti motivi, stante la loro connessione logica possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

la ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla CTR, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva.

La CTR ha valutato, anche con l’ausilio della produzione fotografica allegata all’elaborato Docfa il complesso immobiliare in tutte le sue articolazioni, valutando lo stato di manutenzione e fini della determinazione del valore dell’immobile, ritenuto correttamente valutato dall’agenzia sulla base della “ordinatorietà”, cioè della destinazione ordinaria e in forza delle caratteristiche desumibili dall’atto di classamento, rilevando corretta la incidenza del 10% sul valore complessivo degli impianti stabilmente infissi al suolo, rigettando l’eccezione di carenza di motivazione dell’atto impositivo.

E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 codice di rito non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto, nella specie del tutto predicabili – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile e/o tributario). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, violazione di legge e una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze procedimentali, in punto di fatto e di diritto (nonostante quelle stesse risultanze appaiano ormai cristallizzate quoad effectum) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione circostanziale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

3. Con il quarto motivo viene eccepita la violazione dell’art. 116 c.p.c. e vizio di motivazione, avendo la CTR obliterato il valore attribuito in catasto agli immobili antecedentemente al nuovo accatastamento, come risultante dalla sentenza n. 258/04/2010, anche quale precedente logico.

Anche tale motivo è infondato.

Non è configurabile invero il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva), quando debba ritenersi che tale questione sia stata esaminata e decisa – sia pure con una pronuncia implicita della sua irrilevanza o di infondatezza – in quanto superata e travolta, anche se non espressamente trattata, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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