Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25143 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. trib., 07/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep. 07/12/2016), n.25143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27717-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SUPER LILLO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PONTEFICI 3, presso lo

studio dell’avvocato GIANFILIPPO ELTI DI RODEANO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO FANTOZZI giusta delega

in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 18/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACOSI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ELTI DI RODEANO che deposita

una cartolina verde di avvenuta notifica all’Avvocatura del

controricorso, nel merito chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione con cui L’Agenzia delle Entrate rivedeva il valore dell’avviamento commerciale dichiarato al momento della cessione dell’azienda ed oggetto dell’atto impositivo. La società acquirente eccepiva che l’avviamento oggetto della compravendita del ramo d’azienda, non dovesse intendersi come attività commerciale ma come disponibilità dei locali, riferendosi alla successiva trasformazione dell’azienda da negozio di abbigliamento in ristorante pizzeria; inoltre, l’ufficio non aveva tenuto conto che il reddito dell’azienda ceduta rappresentava lo 0,12% dell’intero reddito della ditta cedente.

La CTP respingeva il ricorso, mentre la CTR, aderendo alle ragioni della contribuente, accoglieva l’appello.

Avverso quest’ultima sentenza, l’ufficio ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico motivo, mentre la società ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della sentenza in forma semplificata.

Con l’unico motivo di ricorso, l’ufficio ha denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in particolare del D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, degli artt. 2728 e 2697 c.c., in quanto, violando le norme denunciate in rubrica, i giudici d’appello avrebbero posto a carico dell’ufficio l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’avviamento e del calcolo dell’entità dello stesso.

Il motivo è fondato.

Secondo questa Corte, infatti, “(…) con i criteri per la determinazione del valore di avviamento di un’azienda, fissati dal regolamento, reso con il D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2 per l’attuazione dell’accertamento con adesione di cui al D.L. n. 564 del 1994, convertito in L. n. 656 del 1994, il legislatore ha inteso fornire i valori minimi cui l’Amministrazione finanziaria deve attenersi nella procedura transattiva che conduce ad un accertamento con adesione, ciò nella consapevolezza del fatto che solo la proposta di valori inferiori a quelli effettivi e riscontrabili in esito ad un ordinario contenzioso può realisticamente indurre il contribuente ad una soluzione adesiva. Nè ha desunto che, utilizzati al di fuori della procedura adesiva, a tali valori va riconosciuto carattere presuntivo nel senso che l’effettivo valore di accertamento non sia inferiore a quello cui si perviene mediante la loro applicazione” (v. Cass. 16705/07, 3505/06, 613/06)” (Cass. n. 20280/08). Nel caso di specie, i giudici d’appello, in violazione delle norme denunciate in rubrica, hanno invertito l’onere della prova a danno dell’ufficio, laddove era a carico della società contribuente fornire la prova contraria rispetto ai valori determinati dall’ufficio sulla base dell’accertamento presuntivo, di cui alla norma indicata, in ragione dei criteri alternativi ivi indicati; inoltre, la CTR non ha saputo fornire alcuna prospettazione del perchè, in concreto, il valore dell’avviamento dell’azienda ceduta avrebbe dovuto essere addirittura inferiore ai minimi fissati per l’accertamento induttivo.

In accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per gli ulteriori accertamenti e le ulteriori questioni, sulla base delle considerazioni sopra esposte, al fine della determinazione del valore dell’azienda, che è l’oggetto della presente controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per il Lazio.

Così deciso il Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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