Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25142 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. III, 10/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 31801/2019 proposto da:

A.A.H., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avv.to Ilaria Di Punzio, (avv.ilariadipunzio.pec.it) con studio

in Roma via Vigliena 9, giusta procura speciale allegata al ricorso,

ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 17709/2019 del Tribunale di Roma depositato il

17.9.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15.7.2010 dal Cons. Dott. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.A.R.H., proveniente dall'(OMISSIS), ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione del decreto del Tribunale di Roma con il quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento dello stato di rifugiato e della protezione sussidiaria nonchè, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente, proveniente dall’Egitto, aveva narrato, in sede amministrativa, di essere fuggito temendo di essere ucciso da “bande specializzate” che volevano vendicarsi del fatto che il nonno, più di vent’anni prima, aveva assassinato un uomo; che, in ragione di ciò, era scappato in Libia dove era stato rintracciato ma era riuscito a trovare tutela attraverso le forze di polizia.

1.2. In sede di audizione dinanzi al Tribunale, tuttavia, aveva reso una diversa versione dei fatti, raccontando per la prima volta di essere omosessuale, e narrando che la polizia lo aveva rimandato nel sud del paese (luogo di sua provenienza) dopo averlo arrestato ad (OMISSIS) in ragione della sua inclinazione: il Tribunale, in ragione della versione dei fatti resa per la prima volta in sede giudiziaria dove erano state introdotte circostanze differenti da quelle rappresentate dinanzi alla C.T., ha ritenuto non credibile il racconto ed assenti i presupposti di tutte le forme di protezione invocata.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato tardivamente “atto di costituzione” chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione, ex art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, consistente nella condizione di pericolosità e nella situazione di violenza generalizzata esistente in Egitto.

2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce l’omesso esame delle dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione Territoriale e delle allegazioni introdotte in giudizio per la complessiva valutazione della sua condizione personale: lamenta, anche in relazione al racconto reso dinanzi alla Commissione territoriale, che il Tribunale aveva del tutto omesso di approfondire la situazione sociopolitica generale dell’Egitto al fine di verificare se esisteva un sistema di violenza generalizzato che rendeva comunque rischioso il suo rientro in patria e di assumere informazioni aggiornate sul livello di persecuzione, in progressivo aumento, riservato alle persone con inclinazioni omosessuali.

3. Con il terzo motivo, lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria cui, in tesi, aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni sociopolitiche del paese di origine. Deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

4. Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce infine la mancata concessione della protezione umanitaria, e la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa correre nel proprio paese gravi rischi per la propria incolumità o possa essere perseguitato.

5. Il primo motivo è inammissibile.

5.1. Il ricorrente, infatti, pur richiamando in rubrica il vizio di violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti e cioè “la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Egitto”.

5.2. L’argomentazione sottesa al ricorso impone che la censura venga ricondotta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: ma tanto premesso, si osserva che il ricorrente non indica il fatto storico che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare e che, soltanto, consentirebbe di configurare la censura invocata, tenuto conto che “le condizioni generali del paese e la violenza generalizzata lamentata” non rappresentano “fatti storici” nell’accezione richiesta.

5.3. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo.” (cfr. Cass. 22397/2019; Cass. 26305/2018).

5.4. Nel caso in esame, la censura si limita a prospettare la violazione del dovere di cooperazione istruttorio sul trattamento riservato in Egitto alla omosessualità, sovrapponendosi, nella sostanza, al secondo motivo proposto e risultando privo di autonomia e di un contenuto che consenta a questa Corte di apprezzare l’errore denunciato.

6. Il secondo motivo è infondato.

Il ricorrente, infatti, lamenta che il Tribunale aveva apoditticamente ritenuto non credibile il suo racconto in ragione del fatto che, in sede di audizione, aveva giustificato la sua fuga anche per sue inclinazioni omosessuali di cui non aveva parlato dinanzi alla Commissione Territoriale alla quale aveva raccontato la vicenda che aveva determinato l’allontanamento dal paese di origine, riferendola soltanto alle minacce subite da parte di bande armate che volevano vendicare un risalente assassinio commesso dal nonno.

6.1. Deduce che la mera diversità dei fatti raccontati aveva indotto il Tribunale, in thesi erroneamente ed in violazione del dovere di cooperazione istruttoria, ad escludere la sua attendibilità e ad omettere di proseguire l’indagine sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali esistenti nel paese di origine, con particolare riferimento al trattamento riservato alle persone portatrici di tendenze omosessuali o transgender per le quali era previsto l’arresto e la pena della reclusione.

6.2. La censura postula di affrontare la valutazione della “credibilità” del richiedente asilo alla luce della “griglia interpretativa” prescritta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che impone all’interprete di verificare, in premessa, la correttezza del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato.

6.3. Al riguardo, si osserva che il Tribunale:

a. ha dato conto sia della vicenda narrata dal ricorrente dinanzi alla Commissione Territoriale, fondata sul timore di una vendetta nei suoi confronti da parte dei parenti di un uomo ucciso dal nonno più di vent’anni prima, ed ha statuito che doveva escludersi che dal racconto potessero emergere i presupposti della persecuzione riconducibile allo stato di rifugiato;

b. ha successivamente precisato che solo nel corso dell’udienza fissata il richiedente aveva allegato per la prima volta la sua condizione di omosessualità, introducendo dettagli del racconto che si andavano a sovrapporre alla narrazione già prospettata in sede amministrativa, attribuendo ad un fatto del tutto diverso le ragioni della fuga;

c. ha riportato le dichiarazioni rese nel verbale, evidenziandone le intrinseche contraddizioni (cfr. pag. 2 del ricorso) e giungendo alla conclusione che il ricorrente era inattendibile quanto alla condizione di omosessualità poichè “tale circostanza era stata riferita a motivo dell’espatrio e dunque quale elemento essenziale del proprio vissuto, in ragione del dettagliato racconto reso davanti alla Commissione completamente diverso da quello rievocato in sede di audizione dinanzi al giudice” (cfr. pag. 2 u. cpv. del provvedimento impugnato);

d. ha dunque “escluso che potesse essere riconosciuta la protezione internazionale basata su una potenziale persecuzione per orientamento sessuale, inteso come appartenenza ad un particolare gruppo sociale fondato sulla identificazione in una comune espressione della sessualità” (cfr. pag. 3 primo cpv).

6.4. La motivazione, in tal modo resa, risulta da una parte costituzionalmente sufficiente e, dall’altra, pienamente osservante del percorso motivazionale prescritto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto il racconto è stato complessivamente (e non atomisticamente) considerato e le circostanze riferite sono state compiutamente valutate nel loro insieme per giungere ad una decisione di incoerenza (e quindi di inattendibilità) sia rispetto alla discrasia che alla cronologia dei diversi fatti narrati.

6.5. A ciò consegue che, escluso che la norma sia stata violata, la decisione è stata correttamente assunta sulla base di un ” libero convincimento” compatibile con le prescrizioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: e, al riguardo, risulta corretto il percorso motivazionale anche nella parte in cui ha escluso che ricorressero i presupposti per la protezione sussidiaria in quanto non era stata mai dedotta la richiesta di intervento da parte delle autorità statali, nè dalle fonti informative aggiornate alle quali si era fatto riferimento (il sito Viaggiare Sicuri, di per se non idoneo alla dimostrazione dei presupposti in esame, è stato affiancato dal rapporto aggiornato di Amnesty International 2017/2018, fonte certamente attendibile) emergeva che ricorresse il rischio di sottoposizione a pena di morte o a violenza, a tortura o altri trattamenti degradanti nè a minaccia individuale in situazione di conflitto armato.

6.6. Risulta pertanto insussistente la violazione di legge denunciata.

7. Il terzo motivo con il quale si censura il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria rimane assorbito dalle argomentazioni già spese sul secondo.

8. Il quarto motivo, infine, è infondato.

La decisione del Tribunale, infatti, si fonda su una comparazione nella quale viene ritenuta assente qualsiasi allegazione sulla pretesa vulnerabilità: il ricorrente, al riguardo, prospetta elementi del tutto generici in parte riferiti anche alla denunciata omosessualità che, esclusa motivatamente per le ragioni sopra rappresentate, non può essere fatta valere come fattore del paradigma comparativo relativo alla fattispecie in esame.

9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

10. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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