Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25141 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/10/2017, (ud. 24/05/2017, dep.24/10/2017),  n. 25141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14543-2011 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 2 presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.G., CF. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VICOLO DE’ BURRO’ 165, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

PELAGGI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 335/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/05/2010 R.G. N. 953/2008.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza 24 maggio 2010 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro temporaneo stipulato ai sensi della L. n. 196 del 1997, con instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra C.G. e l’impresa utilizzatrice Autostrade per l’Italia Spa, a decorrere dal 1 luglio 2003, con condanna della società alla riammissione in servizio del lavoratore ed alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla messa in mora, detratto l’aliunde perceptum;

che avverso tale sentenza Autostrade per l’Italia Spa ha proposto ricorso affidato a plurimi motivi, cui ha opposto difese l’intimato con controricorso;

che la società ha comunicato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che preliminarmente va disattesa l’eccezione formulata da parte controricorrente di inammissibilità del ricorso per mancata formulazione del quesito di diritto, in quanto l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica “ratione temporis” ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 42 mentre nel caso di specie la sentenza è stata pubblicata successivamente a detta data;

che i primi tre motivi, congiuntamente esaminabili perchè censurano sotto vari profili la sentenza impugnata nella parte in cui ha disconosciuto lo scioglimento del contratto per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 c.c., non possono trovare accoglimento in quanto la Corte territoriale si è uniformata al principio dell’inidoneità del solo decorso del tempo, in assenza di circostanze ritenute significative di una chiara e comune volontà delle parti contraenti, a porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (tra le altre: Cass. n. 1780 del 2014; Cass. n. 13535 del 2015; Cass. n. 25844 del 2015), trattandosi comunque di valutazione del significato e della portata del complesso di elementi di fatto di competenza del giudice di merito (Cass. SS.UU. n. 21691 del 2016, in motivazione, punto 57; Cass. n. 2906 del 2015) le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono – come nella specie – vizi logici o errori di diritto (Cass. n. 16932 del 2011);

che il quarto motivo denuncia omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia per avere la Corte milanese erroneamente accolto la domanda del lavoratore su di un preteso difetto di prova dell’effettivo impiego del ricorrente da parte dell’impresa utilizzatrice; il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice del merito esteso il campo di indagine a questioni non rilevanti ai fini della decisione, pretendendo l’assolvimento di un onere della prova non richiedibile; il sesto motivo lamenta insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio non avendo la sentenza gravata ritenuto assolto l’onere della prova con l’allegazione che il numero dei turni svolti dai lavoratori stagionali è sempre stato inferiore a quello dei lavoratori a tempo indeterminato assunti per ferie;

che tali motivi possono essere scrutinati per reciproca connessione in quanto attingono la fondamentale ratio decidendi posta alla base della sentenza impugnata, secondo cui la società non ha fornito in giudizio adeguata prova della ricorrenza delle condizioni che giustificavano l’apposizione della causale al contratto per il ricorso al lavoro interinale in ragione dell’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie;

che essi non possono trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte in controversie analoghe (Cass. n. 17836 del 2015; conf. Cass. n. 15447 del 2016) e che vanno qui ribadite;

che infatti la prova della effettività della causale posta a base dell’impiego del lavoratore temporaneo non poteva che ricadere sull’utilizzatrice che aveva inteso avvalersene, trattandosi di un elemento imprescindibile ai fini della verifica della legittimità del contratto interinale;

che l’accertamento in fatto della ricorrenza delle condizioni che giustificavano il ricorso al lavoro temporaneo, attraverso la valutazione e l’apprezzamento del complessivo materiale probatorio acquisito al giudizio, appartiene alla competenza esclusiva del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità laddove non emerga – come nella specie non emerge – un vizio motivazionale concernente un fatto decisivo che se fosse stato diversamente valutato avrebbe condotto, con grado di certezza e non di mera probabilità, ad un opposto esito della lite;

che invece deve essere accolto l’ultimo motivo di ricorso con cui si invoca la L. n. 183 del 2010, art. 32 quale ius superveniens applicabile a tutti i giudizi pendenti all’entrata in vigore della legge (v. fra le altre Cass. n. 16763 del 2015 ed i precedenti ivi richiamati) anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l’accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo con conversione in rapporto a tempo indeterminato tra lavoratore ed utilizzatore della prestazione (per tutte v. Cass. n. 1148 del 2013 e Cass. n. 8286 del 2015);

che le Sezioni unite di questa Corte, con la sent. n. 21691 del 2016, hanno statuito che “in tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico”;

che, pertanto, respinto ogni altro motivo di ricorso, va accolto l’ultimo nei sensi e nei limiti del detto ius superveniens, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e con rinvio per il riesame, sul punto, alla Corte di Appello indicata in dispositivo, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461 del 2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine (cfr. per tutte Cass. n. 3062 del 2016), provvedendo altresì alle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie l’ultimo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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