Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25141 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. II, 08/10/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 08/10/2019), n.25141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17568/2015 proposto da:

C.S., e C.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VIRGILIO n. 18, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

SILVANO MARIA PASCULLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

DOMENICO DELL’AERE;

– ricorrenti –

contro

C.A., P.M.P., CR.AN. e

C.T., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO n. 7,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA MARCONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato LEONARDO BRESCIA;

– controricorrenti –

e contro

C.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 393/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 22.7 – 17.8.2005 C.F., dichiarando di essere figlio naturale di U.R., conveniva innanzi il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, P.M.P., Cr.An., C.T., C.F., C.S. e C.A. invocando l’annullamento il contratto di compravendita intervenuto tra la U. e la nipote P.M.P. in data 3.5.2001, previo l’accertamento e la dichiarazione dell’incapacità naturale della venditrice. In subordine, invocava dichiararsi la natura simulata di detto atto, dissimulante una donazione in quanto il corrispettivo indicato nel rogito, oltre ad essere inadeguato al valore di mercato del cespite compravenduto non era mai stato materialmente pagato dall’acquirente. Chiedeva quindi la ricomprensione del bene oggetto della disposizione di cui sopra nell’asse ereditario della propria defunta genitrice, la riduzione delle attribuzioni in vita e mortis causa lesive dei suoi diritti di legittima e la condanna dei convenuti al pagamento del valore di detta quota, pari ad Euro 58.333,33.

Si costituiva P.M.P. resistendo alla domanda. Si costituivano altresì Cr.An., T., F. e A., aderendo alla posizione della P.. C.S., invece, si costituiva aderendo alla domanda attorea.

Con sentenza n. 17/2009 il Tribunale rigettava la domanda.

Interponevano appello avverso detta decisione C.F., originario attore, e C.S.. Si costituivano in seconde cure, con separate difese, P.M.P., Cr.An., C.T., C.F. e C.A. resistendo al gravame. Nel corso del giudizio di appello tutte le parti appellate, ad esclusione della sola C.F., si costituivano con unica difesa affidata ad un nuovo difensore.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 393/2015, la Corte di Appello di Bari rigettava l’impugnazione condannando gli appellanti alle spese del grado.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione C.A. e C.S. affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso P.M.P., Cr.An., C.T. e C.A.. C.F., intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di Cassazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 428,2697 e 2727 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare le testimonianze rese da tali G.S. e R.L., i due infermieri che avevano assistito la U. nell’ultimo periodo della sua esistenza. Ad avviso dei ricorrenti, le deposizioni rese dai predetti testimoni erano di sicura attendibilità e avrebbero dovuto essere particolarmente valorizzate dalla Corte territoriale, sia per le competenze professionali dei testi, sia perchè questi avevano in concreto assistito la de cuius sino al decesso.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414,2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente posto la prova del mancato pagamento del corrispettivo della compravendita oggetto di causa a carico della parte attrice, laddove -in funzione del principio di cd. prossimità della prova – tale onere avrebbe dovuto invece essere posto a carico dei convenuti. Ad avviso dei ricorrenti, i tre assegni bancari prodotti in atti del giudizio di merito dalla P., con i quali costei aveva asserito di aver saldato il corrispettivo della predetta compravendita, non costituirebbero idonea prova del pagamento, in quanto essi risultano emessi in favore di soggetto diverso dalla debitrice (in particolare, in favore del figlio C.A., che conviveva con la U.). Inoltre i ricorrenti evidenziano che i tre titoli di cui anzidetto recano una numerazione progressiva anteriore a quella dell’assegno – tratto dal medesimo libretto bancario- con il quale la P. saldò gli onorari e le competenze del notaio che aveva rogato l’atto del 2.5.2001 in contestazione: poichè nel rogito era stato espressamente indicato che il prezzo della vendita sarebbe stato saldato in seguito dall’acquirente non appena la stessa avesse ottenuto il necessario finanziamento, secondo i ricorrenti non sarebbe possibile ritenere che i tre assegni di cui sopra costituiscano il saldo del corrispettivo.

Le due censure, che per la loro connessione si prestano ad un esame congiunto, sono inammissibili perchè esse si risolvono in un’istanza di revisione del giudizio di fatto e della valutazione delle risultanze istruttorie condotti dal giudice di merito. Sotto il primo profilo, va ribadito che il motivo di ricorso non può mai risolversi in una mera richiesta di riesame del merito della controversia (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790). Sotto il secondo, invece, va ribadito il principio secondo cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Inoltre va rilevato il difetto di specificità della prima censura, in quanto in essa non vengono riportate, neanche per stralci, le deposizioni dei due testimoni G. e R.. Nè, peraltro, corrisponde al vero che esse – come affermato dai ricorrenti – non siano state considerate dalla Corte pugliese, posto che a pag. 13 della sentenza impugnata le predette deposizioni vengono, al contrario, prese in esame dal giudice di appello, il quale dà atto della circostanza che esse hanno confermato tanto la convivenza del C.A. con la madre, quanto il fatto che il primo curava gli interessi della seconda.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e segg., D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte di Appello avrebbe errato nel riconoscere le spese del secondo grado a ciascuna delle parti appellate, senza considerare che le stesse erano assistite da un unico difensore e che quindi avrebbe dovuto essere liquidato un compenso unico, al massimo aumentabile in ragione del 20% per ciascuna parte oltre la prima sino ad un massimo di dieci, e del 5% per ciascun soggetto oltre i primi dieci, fino ad un massimo di venti.

La censura è fondata nei limiti di quanto infra.

Risulta invero che in seconde cure P.M.P., Cr.An., C.A. e C.T. si sono costituti con unico difensore, in sostituzione di quello inizialmente nominato dai predetti unitamente a C.F.. Al predetto unico difensore, pertanto, avrebbe dovuto essere riconosciuto un compenso unitario, eventualmente maggiorabile del 20% per i soggetti ulteriori al primo (n. 3), trattandosi in totale di quattro persone. Tenuto conto che la Corte territoriale aveva liquidato le spese del grado in ragione di Euro 3.000 per ciascuna parte e dovendosi procedere all’individuazione di un compenso unitario sul quale operare la maggiorazione del 60% di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, il Collegio, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene opportuna la decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con riconoscimento in favore di P.M.P., Cr.An., C.A. e C.T., in solido tra loro, del complessivo importo di Euro 4.800 a titolo di spese legali per il giudizio di secondo grado. Va invece tenuta ferma la liquidazione di Euro 3.000 in favore di C.F., che non si è costituita con il medesimo difensore delle altre parti appellate.

Le spese del presente giudizio di Cassazione, in ragione della marginalità del motivo oggetto dell’accoglimento, vanno invece compensate per intero tra le parti costituite. Nessuna statuizione, invece, per C.F., la quale non ha svolto attività difensiva in questo giudizio.

PQM

La Corte rigetta il primo e secondo motivo ed accoglie il terzo. Cassa la decisione impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito ai sensi di quanto previsto dall’art. 384 c.p.c., comma 2, liquida in favore di P.M.P., Cr.An., C.A. e C.T., in solido tra loro, il complessivo importo di Euro 4.800 a titolo di spese legali per il giudizio di secondo grado. Conferma la liquidazione in Euro 3.000 delle predette spese già operata dalla Corte territoriale in favore di C.F.. Oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva e cassa avvocati come per legge su entrambe le predette somme.

Compensa per intero tra le parti costituite le spese del presente giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile , il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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